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9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

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L'ARGOMENTO DI OGGI

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dai GIORNALI di OGGI

RISULTATI FINALI ELEZIONI EUROPEE

In voti assoluti, rispetto alle politiche del 2008 i partiti perdono:

  • L'intero schieramento di Destra perde 1207814 voti più dell'intero schieramento di Centro Sinistra + Estrema Sinistra

2009-06-09

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Il mio Pensiero:

In voti assoluti, rispetto alle politiche del 2008 i partiti perdono:

In dettaglio:

La Coalizione di governo globalmente raggiunge il 45,58% dei voti, con un incremento del 8,20% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, dello 0,07% rispetto alle ultime politiche.

Il Popolo delle Libertà raggiunge il 35,37% dei voti, con un incremento del 2,95% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, ed una diminuzione dello 2,02% rispetto alle ultime politiche.

Non supera la soglia del 40% come il Presidente Berlusconi aveva più volte ipotizzato, né risulta il famoso consenso di oltre il 70%, di cui il Presidente Berlusconi ha spesso parlato, nonostante si sia impegnato in prima persona nella campagna elettorale, e sia stato capolista in tutte le circoscrizioni.

La Lega Nord raggiunge il 10,20% dei voti, con un incremento del 5,24% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, dello 1,91% rispetto alle ultime politiche.


La Destra globalmente, insieme agli altri partiti, raggiunge il 49,31% dei voti, con un incremento del 8,65% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, dello 0,07% rispetto alle ultime politiche.

Se parliamo di voti in assoluto presi dal centro destra risulta dal confronto con il 2004 e le ultime politiche che :

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

VOTI

DIFFER.

VOTI

DIFFER.

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

FORZA ITALIA + ALLEANZANAZIONALE

10.840.208

35,37

25,47

2,95

-2,02

6806245

4033963

13629069

-2788861

(MOV.per.AUTON. SUD)

410.487

LEGA NORD

LEGA NORD

3.126.914

10,20

7,35

5,24

1,91

1613506

1513408

3024758

102156

TOTALE RAGGRUPP.

BERLUSCONI

13967122

45,58

32,81

8,20

-1,28

12156357

1810765

17064314

-3097192

FORZA NUOVA

146619

0,48

0

FIAMMA TRICOLORE

244981

0,80

0

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO

682043

2,23

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA DESTRA

1073643

3,74

0

0,46

1,31%

1064272

9371

885226

188417

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE

71218

0,23

0

0

71218

0

71218

TOTALE

DESTRA

15111983

49,31

32,81

8,65

0,07

13220629

1891354

17949540

-2837557

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

5,00

La UDC raggiunge il 6,52% dei voti, con un incremento del 0,63% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, e dello 0,89% rispetto alle ultime politiche.

In voti assoluti l' UDC guadagna 82172 voti rispetto al 2004, mentre perde 53411 voti rispetto alle politiche

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

VOTI

DIFFER.

VOTI

DIFFER.

UNIONE DI CENTRO

1996898

6,52

4,69

0,63

0,89

1914726

82172

2050309

-53411

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

0,71

 

Il PD raggiunge il 26,60% dei voti, con un decremento del 6,58% rispetto alle ultime politiche, anche se il dato andrebbe depurato del 2,43% che è andato ai Radicali, che questa volta si sono presentati da soli, mentre alle politiche erano insieme al PD, pertanto il decremento complessivo del PD si riduce al 4,15%.

La IDV raggiunge il 8,09% dei voti, con un incremento del 5,83% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, dello 3,72% rispetto alle ultime politiche.

La Opposizione PD + IDV globalmente raggiunge il 34,69% dei voti, con un incremento del 1,02% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, ed un decremento del 2,86% rispetto alle ultime politiche.

In voti assoluti il PD perde -3942119 voti rispetto alle politiche

In voti assoluti l'IDV guadagna 886094voti rispetto alle politiche

L'insieme dello schieramento di Centro Sinistra perde -316896 voti rispetto al 2004, mentre perde -3056025 voti rispetto alle politiche

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

VOTI

DIFFER.

VOTI

DIFFER.

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

2.479.626

8,09

5,83

3,72

1593532

886094

PARTITO DEMOCRATICO

8.150.850

26,60

19,15

-6,58

12092969

-3942119

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

TOTALE RAGGRUPP.

CENTRO-SINISTRA

10630476

34,69

24,98

1,02

-2,86

10947372

-316896

13686501

-3056025

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

3,80

RAGGR PD+DIPIETRO+BONINO PANN

11373748

37,11

24,98

3,44

-0,43

10947372

426376

13686501

-2312753

 

Globalmente i partiti dell'estrema sinistra, compresi i Radicali sono stati capaci di ottenere una vittoria di Pirro con il 9,48% dei voti (che avrebbe significato il 4° partito), senza però ottenere alcun seggio in quanto si sono presentati divisi. Globalmente hanno avuto un decremento del 5,76% rispetto alle precedenti Elezioni Europee del 2004, ed un incremento del 5% rispetto alle ultime politiche.

L'insieme dello schieramento di Estrema Sinistra e Radicali perde --2050459 voti rispetto al 2004, mentre guadagna 1426282voti rispetto alle politiche, non ottenendo però nessun vantaggio non ottenendo il quorum per singolo partito.

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

VOTI

DIFFER.

VOTI

DIFFER.

SINISTRA E LIBERTA'

958452

3,13

0

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI

1038244

3,39

0

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

166317

0,54

0

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

743272

2,43

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA-SINISTRA

2906285

9,48

0

-5,76

5%

4956744

-2050459

1480003

1426282

L'intero schieramento dei Partiti di Centro Sinistra ed Estrema Sinistra guadagna 426376 voti rispetto al 2004, mentre perde -2312753 voti rispetto alle politiche

La estrema sinistra continua a sbagliare strategie da oltre 40 anni (ne fu il primo artefice il PSIUP che all'epoca non raggiunse il quorum), non comprendendo che il presentarsi divisi non consente di ottenere rappresentanti quando si è in presenza di un quorum da raggiungere, e quindi non si ha alcun peso politico.

Sarebbe più giusto partecipare insieme come coalizione, invitando poi gli elettori a votare ciascuno i propri candidati di partito.

E assurdo poi che non ha insegnato loro nulla neanche la caduta del 1° Governo Prodi, che significò la Rinascita del Governo Berlusconi:

Né è servito la caduta del 2° Governo Prodi, che ha consentito al Presidente Berlusconi di affrontare la crisi mondiale con scelte di destra, di risuscitare il Nucleare sepolto dal Referendum, non curando affatto le energie alternative, di utilizzare il famoso tesoretto che Prodi avrebbe utilizzato diversamente, e non per accollarsi i debiti Alitalia, e così via.

L'estrema sinistra pur facendo delle analisi spesso corrette sui fenomeni economici e sociali, poi sistematicamente sbaglia strategia, non pensando che per governare bisogna allearsi ai cattolici, e che prima vengono le scelte basilari per il lavoro, la sicurezza, la scuola, la sanità, l'ambiente, e poi vengono le scelte di libertà individuali che possono non vedere d’accordo gli altri.

E pensare che se Prodi non fosse caduto per la seconda volta, ora l'Italia potrebbe dare un aiuto validissimo al Presidente Obama, che invece si troverà ad operare con una NUOVA Europa spostasta più a destra.

Più sotto ci sono alcune tabelle che riassumono i dati elettorali relativi alle Elezioni Europee.

Se volete potete scaricarvi anche il file in excel dal quale sono derivate.

Più sotto è riportata anche la rassegna stampa.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

VOTI

DIFFER.

VOTI

DIFFER.

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

FORZA ITALIA

10.840.208

35,37

25,47

2,95

-2,02

6806245

4033963

13629069

-2788861

ALLEANZA NAZIONALE

LEGA NORD

LEGA NORD

3.126.914

10,20

7,35

5,24

1,91

1613506

1513408

3024758

102156

TOTALE RAGGRUPP.

BERLUSCONI

13967122

45,58

32,81

8,20

-1,28

12156357

1810765

17064314

-3097192

FORZA NUOVA

146619

0,48

0

FIAMMA TRICOLORE

244981

0,80

0

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO

682043

2,23

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA DESTRA

1073643

3,74

0

0,46

1,31%

1064272

9371

885226

188417

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE

71218

0,23

0

0

71218

0

71218

TOTALE

DESTRA

15111983

49,31

32,81

8,65

0,07

13220629

1891354

17949540

-2837557

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

5,00

UNIONE DI CENTRO

1996898

6,52

4,69

0,63

0,89

1914726

82172

2050309

-53411

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

0,71

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

2.479.626

8,09

5,83

3,72

1593532

886094

PARTITO DEMOCRATICO

8.150.850

26,60

19,15

-6,58

12092969

-3942119

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

TOTALE RAGGRUPP.

CENTRO-SINISTRA

10630476

34,69

24,98

1,02

-2,86

10947372

-316896

13686501

-3056025

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

3,80

SINISTRA E LIBERTA'

958452

3,13

0

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI

1038244

3,39

0

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

166317

0,54

0

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

743272

2,43

0

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA-SINISTRA

2906285

9,48

0

-5,76

5%

4956744

-2050459

1480003

1426282

TOTALE RAGGRUPP.

ALTRI

TOTALE

GENERALE

30645642

100,00

62,48

32516246

-1870604

36452286

-5806644

RAGGR PD+DIPIETRO+BONINO PANN

11373748

37,11

24,98

3,44

-0,43

10947372

426376

13686501

-2312753

TOTALE RAGGRUPP.

CENTRO-ESTR. SINIS.

13536761

44,17

9,52

-4,74

2,14

15904116

-2367355

15166504

-1629743

 

 

 

 

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

CONFRONTO CON EUROPEE 2004

CONFRONTO CON POLITICHE 2008

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

Elettori

50341695

Voti

%

Seggi

%

%

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

FORZA ITALIA

10.840.208

35,37

25,47

2,95

-2,02

ALLEANZA NAZIONALE

LEGA NORD

LEGA NORD

3.126.914

10,20

7,35

5,24

1,91

TOTALE RAGGRUPP.

BERLUSCONI

13967122

45,58

32,81

8,20

-1,28

FORZA NUOVA

146619

0,48

0

FIAMMA TRICOLORE

244981

0,80

0

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO

682043

2,23

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA DESTRA

1073643

3,74

0

0,46

1,31

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE

71218

0,23

0

TOTALE

DESTRA

15111983

49,31

32,81

8,65

0,07

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

5,00

UNIONE DI CENTRO

1996898

6,52

4,69

0,63

0,89

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

0,71

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

2.479.626

8,09

5,83

3,72

PARTITO DEMOCRATICO

8.150.850

26,60

19,15

-6,58

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

TOTALE RAGGRUPP.

CENTRO-SINISTRA

10630476

34,69

24,98

1,02

-2,86

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

3,80

SINISTRA E LIBERTA'

958452

3,13

0

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI

1038244

3,39

0

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

166317

0,54

0

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

743272

2,43

0

0

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA-SINISTRA

2906285

9,48

0

-5,76

5%

TOTALE

GENERALE

30645642

100,00

62,48

9,52

RAGGR PD+DIPIETRO+BONINO PANN

11373748

37,11

24,98

3,44

-0,43

 

Elezioni Europee del 7 Giugno 2009

ITALIA + ESTERO

Elettori

Voti validi

50341790

30.645.642

Liste

Voti

%

Seggi

LEGA NORD

3.126.914

10,203

8

 

FORZA NUOVA

146.619

0,478

 

FIAMMA TRICOLORE

244.981

0,799

 

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

2.452.540

8,003

7

AUTONOMIE LIBERTE' DEMOCRATIE

27.086

0,088

 

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

166.317

0,543

 

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

10.807.282

35,265

29

VALLEE D'AOSTE

32.926

0,107

 

UNIONE DI CENTRO

1.996.898

6,516

5

 

PARTITO DEMOCRATICO

8.007.823

26,130

22

SVP

143027

0,467

 

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE

71.218

0,232

 

SINISTRA E LIBERTA'

958.452

3,128

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI

1.038.244

3,388

 

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

743.272

2,425

 

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO

682.043

2,226

TOTALE GENERALE

30.645.642

100,00

71

Elez. Eur. 2004

Elez. POLIT 2008

RISULTATI COALIZIONI ITALIA+ ESTERO

Voti

%

Seggi

Voti

%

Seggi

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

FORZA ITALIA

6.806.245

20,93

16

13.629.069

37,39

272

ALLEANZA NAZIONALE

3.736.606

11,49

9

LEGA NORD

LEGA NORD

1.613.506

4,96

4

3.024.758

8,30%

60

TOTALE RAGGRUPP.

BERLUSCONI

12.156.357

37,38

29

17.064.314

46,8%

340

FORZA NUOVA

FIAMMA TRICOLORE

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA DESTRA

1.064.272

3,28

2

885.226

2,43%

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE

TOTALE

DESTRA

13.220.629

40,66

31

17.949.540

49,24

340

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

UNIONE DI CENTRO

1.914.726

5,89

5

2.050.309

5,62%

36

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

1.593.532

4,37%

28

PARTITO DEMOCRATICO

12.092.969

33,17%

211

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

TOTALE RAGGRUPP.

CENTRO-SINISTRA

10.947.372

33,67

27

13.686.501

37,55

239

SEGGI CON I RESTI NON DIVISI

SINISTRA E LIBERTA'

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO

TOTALE RAGGRUPP.

ESTREMA-SINISTRA

4.956.744

15,24

13

1.480.003

4,06%

TOTALE RAGGRUPP.

ALTRI

1.476.775

4,54

2

1.285.933

3,53%

TOTALE

GENERALE

32.516.246

100,00

78

36.452.286

86,92

615

RAGGR PD+DIPIETRO+BONINO PANN

10.947.372

34

27

13.686.501

37,55

239

Elezioni Europee del 12 Giugno 2004

ITALIA + ESTERO

ITALIA

Elettori

Elettori

49.804.087

Voti validi

48.705.645

Voti validi

32.516.246

32.410.575

Votanti

35.717.655

Schede non valide(incl. bianche)

35.598.379

Schede non valide (incl. bianche)

3.201.256

3.187.804

% Votanti

71,72

Schede bianche

73,09

Schede bianche

1.587.544

1.585.624

Lista/Gruppo

Voti

%

Seggi

Voti

%

UNITI NELL'ULIVO

10.105.836

31,08

24

10.077.793

31,09

FORZA ITALIA

6.806.245

20,93

16

6.779.207

20,92

ALLEANZA NAZIONALE

3.736.606

11,49

9

3.730.144

11,51

RIF.COM.

1.969.776

6,06

5

1.964.347

6,06

UDC

1.914.726

5,89

5

1.910.286

5,89

LEGA NORD

1.613.506

4,96

4

1.612.062

4,97

FED.DEI VERDI

803.356

2,47

2

797.319

2,46

COMUNISTI ITALIANI

787.613

2,42

2

784.930

2,42

LISTA EMMA BONINO

731.536

2,25

2

728.873

2,25

DIPIETRO OCCHETTO

695.179

2,14

2

691.551

2,13

SOCIALISTI UNITI

664.463

2,04

2

658.964

2,03

A.P. UDEUR

419.173

1,29

1

418.157

1,29

ALTERNATIVA SOCIALE

400.626

1,23

1

399.073

1,23

PART.PENS.

374.343

1,15

1

372.304

1,15

FIAMMA TRICOLORE

237.058

0,73

1

235.055

0,73

PRI I LIBERAL SGARBI

233.144

0,72

0

232.386

0,72

P.SEGNI SCOGNAMIGLIO

172.556

0,53

0

171.781

0,53

ALL.LOMB.AUT.

160.101

0,49

0

159.829

0,49

LISTA CONSUMATORI

160.066

0,49

0

159.098

0,49

AB.SCORP.VERDI VERDI

158.988

0,49

0

157.493

0,49

SVP

146.357

0,45

1

145.740

0,45

PAESE NUOVO

78.003

0,24

0

77.704

0,24

NO EURO

70.220

0,22

0

70.180

0,22

MOV.IDEA SOC. RAUTI

47.171

0,15

0

46.759

0,14

UV

29.598

0,09

0

29.540

0,09

32.516.246

100

78

 

Dal Sito Internet dell'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it

2009-06-09

 

 

 

Dal Sito Internet di REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.repubblica.it/

2009-06-09

 

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-06-09

Tutti gli eletti al Parlamento europeo

I 72 deputati che hanno guadagnato l'accesso all'assemblea di Strasburgo

ROMA - Il ministero dell'Interno ha pubblicato un primo elenco dei 72 deputati italiani risultati eletti al Parlamento Europeo. Un elenco ancora non definitivo perché alcuni eletti sono risultati primi in diverse circoscrizioni, come Silvio Berlusconi al quale sono accreditati cinque seggi.

GLI ELETTI - Questi i neo eurodeputati italiani, a cui si aggiungeranno coloro che verranno recuperati per la rinuncia dei candidati che non saranno eleggibili in quanto già parlamentari italiani o sulla base delle opzioni che verranno esercitate da quei candidati, tipo Luigi De Magistris dell'Idv, che hanno ottenuto consensi in più di una circoscrizione. Risultano dunque in partenza per Strasburgo: Magdi Cristiano Allam (Udc), Gabriele Albertini (Pdl), Roberta Angelilli (Pdl), Alfredo Antoniozzi (Pdl), Raffaele Baldassare (Pdl), Francesca Balzani (Pd), Sergio Antonio Berlato (Pdl), Luigi Berlinguer (Pd), Silvio Berlusconi (Pdl, eletto in 5 circoscrizioni), Vito Bonsignore (Pdl), Mario Borghezio (Lega Nord), Rita Borsellino (Pd), Umberto Bossi (Lega Nord, eletto in 3 circoscrizioni), Antonio Cancian (Pdl), Salvatore Caron (Pd), Carlo Casini (Udc), Sergio Cofferati (Pd), Lara Comi (Pdl), Silvia Costa (Pd), Andrea Cozzolino (Pd), Rosario Crocetta (Pd), Francesco De Angelis (Pd), Paolo De Castro (Pd), Luigi De Magistris (Idv, eletto in 4 circoscrizioni), Ciriaco De Mita (Udc), Antonio Di Pietro (Idv, eletto in 3 circoscrizioni), Leonardo Domenici (Pd), Herbert Dorfmann (Svp), Carlo Fidenza (Pdl), Lorenzo Fontana (Lega Nord), Elisabetta Gardini (Pdl), Roberto Gualtieri (Pd), Ignazio La Russa (Pdl), Giovanni La Via (Pdl), Clemente Mastella (Pdl), Barbara Matera (Pdl), Walter Mauro (Pdl), Erminia Mazzoni (Pdl), Guido Milana (Pd), Tiziano Motti (Udc), Alfredo Pallone (Pdl), Pierantonio Panzeri (Pd), Aldo Patriciello (Pdl), Mario Pirillo (Pd), Giovanni Saverio Furio Pittella (Pd), Vittorio Prodi (Pd), Fiorello Provera (Lega Nord), Enzo Rivellini (Pdl), Francesco Saverio Romano (Udc), Licia Ronzulli (Pdl), Potito Salatto (Pdl), Matteo Salvini (Lega Nord), Amalia Sartori (Pdl), David Sassoli (Pd), Giancarlo Scottà (Lega Nord), Marco Scurria (Pdl), Debora Serracchiani (Pd), Sergio Silvestris (Pdl), Francesco Speroni (Lega Nord), Gianluca Susta (Pd), Patrizia Toia (Pd).

 

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

"Ballottaggi? Decideremo caso per caso"

Casini dopo l'ufficio politico dell'Udc: "Sosterremo

i candidati più moderati". Colloquio con D'Alema

ROMA - L' Udc deciderà di sostenere ai ballottaggi per le amministrative "i candidati con il più alto tasso di moderazione, mentre non potremo sostenere candidati estremisti". Lo ha spiegato il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, al termine della riunione dell'ufficio politico del suo partito. "La nostra linea non cambia - ha sottolineato l'ex presidente della Camera -: siamo andati da soli e non vogliamo rinunciare ad andare da soli. Ai ballottaggi sceglieremo caso per caso di appoggiare i partiti che presentano un candidato presidente o sindaco centrista".

"SCELTE A LIVELLO LOCALE" - Non ci saranno, dunque, imposizioni dall'alto. Casini ha assicurato che le scelte saranno fatte di volta in volta nelle sedi periferiche, dagli esponenti locali, non sulla base del partito di appartenenza dei singoli candidati al ballottaggio, ma "sulla base del loro tasso di moderazione, serietà ed equilibro". "Noi siamo disponibili - sottolinea il leader Udc - non alla soluzione migliore, che sarebbe stata votare i nostri candidati, ma alla meno peggio, laddove esistano le condizioni". Casini ha rivendicato infine il peso del proprio partito: "Il centrodestra ha vinto al primo turno in dieci province in cui era appoggiato dall'Udc".

CONFRONTO CON D'ALEMA - Da segnalare il lungo colloquio alla Camera tra lo stesso Casini e Massimo D'Alema. Ad avvicinare il leader centrista nel giardino di Montecitorio è stato il presidente della Fondazione Italianieuropei. I due hanno parlato per circa mezz'ora dell'esito delle elezioni, con Casini che ha mostrato a D'Alema lo schema dei risultati elettorali.

 

09 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

Bari, spoglio a rilento: interrogazioni Pdl

Due parlamentari di centrodestra: "È vergognoso che ci siano ancora seggi aperti"

 

ROMA - "Cosa sta accadendo nelle undici sezioni ancora aperte a Bari per lo scrutinio dei voti al Comune?". Lo chiedono i parlamentari baresi del Pdl Luigi d'Ambrosio Lettieri e Antonio Distaso che preannunciano due interrogazioni, una al Senato e una alla Camera, al ministro degli Interni Maroni. "È vergognoso - aggiungono i parlamentari del Pdl - che a 24 ore dall'inizio dello spoglio vi siano ancora seggi aperti nei quali peraltro ci risulta che nella notte sia accaduto di tutto, compresa la sostituzione ad horas di presidenti di seggio".

ALLARME - "È inqualificabile - proseguono i due parlamentari - che i nostri rappresentanti di lista siano stati spesso cacciati da alcuni seggi e quasi convinti del fatto che non era nel loro diritto contestare le schede e far mettere a verbale del seggio i motivi della contestazione. Stiamo lanciando un allarme gravissimo che questa mattina abbiamo già avuto modo di esprimere al Prefetto di Bari. In molti di questi seggi non si sa cosa sia avvenuto nella notte e se i Presidenti siano stati sostituiti immediatamente o addirittura i seggi siano rimasti privi di Presidenti per minuti o ore. Chiediamo al Prefetto e al Ministro Maroni - concludono D'Ambrosio Lettieri e Distaso - di vigilare attentamente su quanto sta accadendo nella città di Bari per garantire legittimità al voto per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale".

 

09 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

Amministrative, vince il centrodestra

Firenze e Bologna vanno al ballottaggio

Pdl e Lega strappano 15 province al centrosinistra. Il Pd tiene in Emilia e Toscana, arretra in Umbria e Marche

(Emmevi)

MILANO - Il centrodestra vince le elezioni amministrative. Pdl e Lega avanzano da Nord a Sud, conquistando anche alcuni feudi del centrosinistra. Il voto per il rinnovo di 4.281 comuni e 62 province cambia insomma il panorama italiano. Quindici province passano dal centrosinistra al centrodestra, mentre non si registrano "ribaltoni" in senso contrario. Il Pd tiene abbastanza nelle tradizionali roccaforti, pur senza brillare, ma subisce l'onta di vedersi scavalcare come primo partito in Umbria e nelle Marche. Netto successo del centrodestra anche alle comunali: Pdl e Lega conquistano nove amministrazioni di comuni capoluogo, strappandone al primo turno tre al centrosinistra, che ne conquista cinque. Tredici i ballottaggi, tutti in comuni in cui il centrosinistra si era imposto nelle precedenti consultazioni. Ancora non definitivo l'esito del voto a Bari, Foggia e Potenza. Prima dell'ultima tornata elettorale, 26 dei 30 capoluoghi erano in mano al centrosinistra e 4 al centrodestra. Le sfide più importanti: Firenze e Bologna, dove si votava per eleggere il sindaco, vanno al ballottaggio. Nel capoluogo toscano Matteo Renzi (centrosinistra) non riesce a vincere al primo turno contro Giovanni Galli, anche per il buon risultato dell'altra lista di sinistra con Valdo Spini candidato (guarda la scheda). Nella città emiliana, per un soffio Flavio Delbono (centrosinistra) non supera la soglia del 50% (guarda la scheda dei risultati): la sfida contro Alfredo Cazzola si rinnoverà il 21 giugno. Ballottaggio anche a Milano, dove si votava per la provincia: Guido Podestà (centrodestra) si ferma al 48,8%, mentre il presidente uscente, Filippo Penati, ottiene il 38,8% (guarda i risultati). Il Pdl strappa invece Napoli, dove Luigi Cesaro raggiunge il 53% contro il 35% di Luigi Nicolais (guarda la scheda). Ballottaggi anche a Bari e Padova per le comunali e a Venezia e Torino per le provinciali. Nel capoluogo piemontese il candidato del centrosinistra Antonino Saitta ha ottenuto il 44,33% contro il 41,5% della sfidante di centrodestra Claudia Porchietto (i dati). Colpo di scena per la Provincia di Venezia che vedrà il presidente uscente del centrosinistra Davide Zoggia in ballottaggio con la leghista Francesca Zaccariotto (guarda la scheda).

LOMBARDIA - La marea del centrodestra sembra subire un momentaneo stop con il ballottaggio nella provincia di Milano. Cambio della guardia alla Provincia di Lecco, a Lodi, a Sondrio. Per la neonata Provincia di Monza e della Brianza vittoria del candidato del Pdl Dario Allevi su quello del centrosinistra, Pietro Luigi Ponti (guarda la scheda). A Bergamo è Pietro Pirovano il nuovo presidente della Provincia con il 58,99% dei voti. Il candidato, appoggiato tra gli altri da Pdl, Lega Nord e Partito Pensionati, ha sconfitto Francesco Cornolti (guarda i dati). Il comune passa al centrodestra: Franco Tentorio è stato eletto sindaco con il 51,44% contro il 42,35 dell'avversario Roberto Bruni. Anche a Sondrio l'affermazione del centrodestra è netta: Massimo Sertori è oltre il 60% e festeggia la vittoria al primo turno con l'avversario del centrosinistra, Giacomo Ciapponi, nettamente distanziato (guarda la scheda). Daniele Nava è stato eletto presidente della Provincia di Lecco con il 54,31% delle preferenze: ha sconfitto il presidente uscente Virginio Brivio (guarda i risultati). Anche a Brescia il candidato del centrodestra Daniele Molgora ha ottenuto un netto vantaggio su quello del centrosinistra, Diego Peli (guarda la scheda). A Cremona il candidato del centrodestra Massimiliano Salini ha superato Giuseppe Torchio (segui i dati). Il centrodestra strappa per la prima volta la Provincia di Lodi al centrosinistra, con una vittoria raggiunta per di più al primo turno. Pietro Foroni, 33 anni, avvocato, esponente della Lega Nord, candidato del centrodestra, è il nuovo presidente. Ha raccolto il 54,2% delle preferenze contro il 38,2 del candidato del centrosinistra e presidente uscente, Lino Osvaldo Felissari (guarda i risultati). Passa al centrodestra anche il comune di Pavia, dove Alessandro Cattaneo ha la meglio sul candidato di centrosinistra Andrea Albergati.

PIEMONTE - Per la provincia di Torino, dunque, ballottaggio tra Antonio Saitta (Pd) e Claudia Porchietto (Pdl). Ma il cambio di vento si profila nella regione a Novara, dove Diego Sozzani del centrodestra riesce a strappare la presidenza della Provincia (i dati), e a Cuneo, dove Gianna Gancia riesce a far assegnare la provincia al centrodestra con il 54,1% (i dati). Cambio di schieramenti sia alle provinciali che alle comunali anche a Biella (i dati) e alla provincia di Verbano-Cusio-Ossola, finora in mano al centrosinistra: qui Massimo Nobili, candidato del centrodestra, è stato eletto presidente della provincia con il 57,5% contro il 39,5% del candidato del centrosinistra Paolo Ravaioli (guarda i risultati). Passa al centrodestra anche il comune di Verbania, dove Marco Zacchero è stato eletto sindaco ottenendo il 54,1% delle preferenze contro il 45,9 del candidato di centrosinistra Claudio Zanotti.

VENETO - Qui è la Lega a far sentire il suo peso, anche se sarà un ballottaggio a decidere per la presidenza di Belluno per la Provincia (i dati). Il Pdl si conferma primo partito e il dato sulle provinciali ne è ulteriore conferma. La Provincia di Padova viene conquistata da Barbara Degani (guarda i risultati). Stesso copione anche per la provincia di Verona che viene attribuita a Giovanni Miozzi (Pdl-Lega) (i dati). La Provincia di Rovigo al ballottaggio tra Antonello Contiero (Pdl-Lega) e Tiziana Virgili del centrosinistra (guarda i dati) così come la Provincia di Belluno: sfida tra Gian Paolo Bottacin, Pdl, e Sergio Reolon, Pd (guarda la scheda).

FRIULI VENEZIA GIULIA - Il centrodestra si aggiudica la Provincia di Pordenone (i dati).

EMILIA ROMAGNA - Finora in questa regione mai nessuna provincia era stata governata dal centrodestra, ma dopo questa tornata elettorale Pdl e Lega sono riusciti a conquistare la Provincia di Piacenza (i dati). Alla provincia di Bologna la candidata del centrosinistra Beatrice Draghetti ha vinto sul candidato appoggiato dal Pdl Enzo Raisi (guarda la scheda). Meno brillante ma efficace il risultato di Emilio Sabattini per la presidenza della provincia di Modena (i dati). Il centrosinistra si aggiudica anche Reggio Emilia dove Sonia Masini ha avuto la meglio sul candidato di centrodestra Giuseppe Pagliani (qui i risultati). Sarà ballottaggio invece a Ferrara (i dati), anche per le comunali.

TOSCANA - Il cambio del vento politico lo evidenzia il ballottaggio di Firenze. Per la provincia, il candidato presidente del centrosinistra, Andrea Barducci ha avuto la meglio sul candidato del centrodestra, Samuele Baldini (guarda la scheda). A Pisa è confermato invece alla presidenza della Provincia Andrea Pieroni, per il centro-sinistra, con il 53,1% (i dati). Stessa cosa per la provincia di Siena, con Simone Bezzini (i dati). Staccata la candidata del centrodestra Donatella Santinelli (guarda la scheda). Partita da rigiocare invece nella presidenza della Provincia ad Arezzo (i dati). Contro tutte le aspettative si andrà al ballottaggio anche nella Provincia di Prato (i dati), diversamente da quanto è accaduto a Pistoia, dove Federica Fratoni del centrosinistra ha battuto con il 51,3% Ettore Severi del centrodestra (i dati).

UMBRIA - La tornata amministrativa ha visto andare a un esponente del Pd la provincia (i dati) e il comune di Perugia (i dati) e la provincia di Terni (i dati).

MARCHE - Ancona (i dati) sceglierà il proprio sindaco nel ballottaggio del 21 giugno. Stessa cosa per il comune di Fermo (i dati) e per la provincia di Ascoli Piceno (i dati). Al comune di Pesaro l'ha spuntata invece al primo turno Luca Ceriscioli del Pd (i dati).

ABRUZZO - Forte il vento di centrodestra anche in questa regione, dove il Pdl si aggiudica le province di Pescara (i dati), Teramo (i dati) e Chieti (i dati) e i comuni di Pescara (i dati) e Teramo (i dati).

MOLISE - Passa al centrodestra anche Campobasso, dove il sindaco uscente Giuseppe Di Fabio, ha dato le dimissioni due volte e poi le ha ritirate per problemi nella maggioranza di centrosinistra: Gino Di Bartolomeo , già presidente della Regione, eletto al primo turno con il 56,72% (i dati).

CAMPANIA - Cambio di colore anche in questa regione, dove le province di Napoli (i dati), Salerno (i dati) e Avellino (i dati) passano nelle mani del centrodestra. Per il comune di Avellino (i dati) ballottaggio tra Pino Galasso del Pd e lo sfidante Massimo Preziosi, sostenuto da Pdl e Udc.

PUGLIA - Quasi un testa a testa tra Michele Emiliano e Simeone Di Cagno Abbrescia per il comune di Bari (i dati). A Foggia (i dati) in vantaggio Enrico Santaniello (liste civiche), ma andrà al ballottaggio con Giovanni Battista Mongelli (centrosinistra). Per le provinciali ballottaggio a Taranto (i dati) e Lecce (i dati). Bari se l'è aggiudicata Francesco Schittulli del Pdl (i dati).

BASILICATA - La tornata per le provinciali di Potenza (i dati) e Matera (i dati) assegna la vittoria al centrosinistra: Piero Lacorazza e Francesco Stella hanno sconfitto i candidati del Pdl. A Potenza il sindaco uscente Vito Santarsiero (Pd), candidato di centrosinistra, è in vantaggio su Giuseppe Molinari, ex Margherita, sostenuto dal Pdl. (segui il voto)

CALABRIA - Sarà un ballottaggio a decidere la presidenza della provincia di Cosenza (i dati), nonostante un buon vantaggio di Mario Oliverio (centrosinistra) sullo sfidante del centrodestra Pino Gentile. Al secondo turno anche per la provincia di Crotone (i dati).

SICILIA - Anche qui sarà un ballottaggio a dire la parola finale nella sfida per il comune di Caltanissetta tra Fiorella Falci del centrosinistra e Michele Campisi del centrodestra (i dati).

08 giugno 2009

 

 

 

DURA REAZIONE DEL PD: "IL PREMIER OSTAGGIO DELLA LEGA"

Berlusconi, frenata sul referendum

"Sostegno diretto non è più opportuno"

Comunicato stampa di palazzo Chigi: "Da Pdl e Lega impegno comune in vista dei ballottaggi"

Umberto Bossi e Silvio Berlusconi (Photoviews)

MILANO - "Non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum". All'indomani del successo di Pdl e Lega alle Europee e alle Amministrative, Silvio Berlusconi frena sulla consultazione popolare del 21 giugno. E, a conclusione della cena di lunedì ad Arcore con il numero uno della Lega Umberto Bossi, affida ad una nota della presidenza del Consiglio la sua posizione sul referendum. Durante l'incontro nella villa del premier, i leader di Pdl e Lega hanno inoltre condiviso la necessità di un "comune e forte impegno" a sostegno dei candidati nei ballottaggi per "completare l'eccezionale successo" della maggioranza e hanno garantito il loro "personale coinvolgimento" nella campagna elettorale.

PASSO INDIETRO - La posizione di Berlusconi sul referendum, emersa al termine dell'incontro ad Arcore con il leader del Carroccio, rappresenta un passo indietro rispetto a quanto dichiarato dal premier a fine aprile. "Il referendum - confidò Berlusconi ai cronisti che lo avevano seguito nella sua visita a Varsavia - dà il premio di maggioranza al partito più forte. Vi sembra che io possa votare no? Va bene tutto, ma non si può pensare di essere masochisti".

"PREMIER OSTAGGIO DELLA LEGA" - Dura la reazione del Pd al comunicato di Palazzo Chigi: i democratici accusano il premier di essere "ostaggio della Lega". "Come volevasi dimostrare - sostiene il senatore Giorgio Tonini - il premier molla il suo impegno sul referendum. Berlusconi ha una parola molto ondivaga, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. È evidente - attacca Tonini - che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l'alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l'impegno per i ballottaggi". Una posizione, quella di Tonini, condivisa anche dal presidente del Comitato promotore del referendum sulla legge elettorale Giovanni Guzzetta. "Bossi ricatta e Berlusconi segue", è il commento di Guzzetta. "Sono passate 24 ore dalle elezioni - continua - ed è evidente che Bossi ha già chiesto un posto in più in Rai, due Regioni e la rinuncia al referendum". Quanto all'opportunità, sostenuto dal ministro leghista Calderoli, di procedere a una riforma costituzionale e della legge elettorale, Guzzetta risponde: "Sono trent'anni che dicono che vogliono fare la riforma costituzionale, chissà perché se ne ricordano sempre prima dei referendum".

"I CITTADINI NON RITIRINO LE SCHEDE" - Il Carroccio, d'altra parte, forte del sostegno del premier, torna a ribadire con forza il suo no al referendum. In un'intervista di Gian Antonio Stella su Rai Radio3, il ministro leghista Luca Zaia chiede ai cittadini di astenersi dal voto. "I cittadini vadano a votare ai ballottaggi e, con grande coerenza, non ritirino le schede del referendum". La Lega, ha poi sottolineato l'esponente del Carroccio, "è un alleato leale in questa compagine. E nessun ministro ha intralciato il lavoro degli altri".

LA NOTA - "Silvio Berlusconi e Umberto Bossi - si legge nella nota della presidenza del Consiglio -, in vista dei prossimi ballottaggi per le elezioni amministrative, hanno condiviso la necessità di un comune e forte impegno del Popolo della Libertà e della Lega Nord a sostegno dei loro candidati, per completare l'eccezionale successo della quasi totalità delle amministrazioni già conquistate al primo turno. A tal fine hanno garantito il loro personale coinvolgimento nelle ultime due settimane di campagna elettorale". "Il Presidente Berlusconi - si legge ancora - ha altresì ritenuto di esplicitare che la riforma della legge elettorale debba essere conseguente alle da tutti auspicate riforme del bicameralismo perfetto e che, pertanto - conclude il comunicato - non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 p.v.".

09 giugno 2009

 

 

 

 

Firenze, Renzi deluso: "No accordicchi"

Bologna, Cazzola esulta: "Ero fiducioso"

Milano, Podestà: "Sicuri di vincere"

Ballottaggi nel capoluogo lombardo (per la provincia) e in quelli toscano ed emiliano (per le comunali)

Matteo Renzi (Ansa)

FIRENZE - Al ballottaggio. Con sentimenti diversi. Tre sfide chiave delle elezioni amministrative vanno al secondo turno: Firenze e Bologna (per le comunali) e Milano (per le provinciali). Nella città toscana Matteo Renzi non ce la fa a vincere la sfida al primo turno con Giovanni Galli: il candidato del centrosinistra oscilla intorno al 47% e mostra un po' di amarezza: "È un risultato inferiore alle nostre aspettative. Ora ci aspetta un ballottaggio vero. Ma non faremo accordicchi. La sinistra ha dato un segnale forte, ma non faremo intese politiche con i suoi esponenti, altrimenti l'amministrazione ne risulterebbe penalizzata. Nessun accordo nemmeno con l'Udc". Dal canto suo, Giovanni Galli (al 31%) dice: "Renzi è scontento del risultato e dice che andremo al ballottaggio? È la prima volta che mi trovo d'accordo con lui". "Renzi - aggiunge - ha potuto contare su una campagna elettorale lunga un anno: nonostante ciò non è riuscito a spuntarla, come sosteneva. E soprattutto i fiorentini hanno deciso di interrompere la continuità con Domenici".

BOLOGNA - Ballottaggio anche a Bologna. Esulta il candidato del centrodestra, Alfredo Cazzola: "Questo risultato era nelle nostre aspettative, perché i nostri sondaggi ci davano Delbono tra il 46 e il 52%". Ora, ha proseguito il candidato sostenuto dal centrodestra, "si apre una campagna elettorale nuova: dalla prossima settimana saremo molto impegnati nell'affrontare nuovamente i cittadini facendo altre proposte". Delbono, che per tre quarti dello spoglio aveva accarezzato l'idea di una vittoria al primo turno, aveva dichiarato in precedenza: "Un risultato ottimo. Se la chiudiamo stasera, bene. Altrimenti andiamo serenamente al ballottaggio fiduciosi di vincere, se serve, al secondo turno".

MILANO - Si preparano al secondo turno anche i candidati per la presidenza della provincia di Milano. Guido Podestà (Pdl-Lega) ha sentito telefonicamente il premier Silvio Berlusconi:"Dice che vinciamo la prossima volta, tra 15 giorni. Tranquilli e sereni". Filippo Penati assicura: "Non farò apparentamenti con i partiti, e soprattutto non farò entrare dalla finestra chi è uscito dalla porta. Mi rivolgerò agli elettori e alle elettrici che non hanno il loro candidato, cercando di convincerli con il lavoro fatto finora e con le mie proposte e progetti".

08 giugno 2009

 

 

 

 

Il premier

Berlusconi, riscossa dalle elezioni locali Sfogo sul voto europeo

"Lo stop colpa di Sicilia, mia moglie e Kaká"

ROMA—La botta c’è stata. L’ha ammessa lui stesso. "Una bella botta". Due punti in meno delle Politiche, quando invece quota 40% sembrava a portata di mano. Indicata persino come obiettivo da superare. Ma con il passare delle ore, complici gli ottimi dati delle Amministrative, Berlusconi ricomincia a vedere il bicchiere mezzo pieno: quattro parlamentari in più, da 25 a 29, eletti a Strasburgo, quando il Pd ne perde tre; il vantaggio sui Democratici che raddoppia, passando a 9 punti percentuali. Insomma per il Cavaliere è dall’altra parte che devono guardare con preoccupazione il voto: "Veltroni ha mollato con il 33%, vorrei capire come farà Franceschini ad andare avanti con il 26%". Ieri il presidente del Consiglio è rimasto ad Arcore, tornerà a Roma stamane. Con i suoi ha ragionato innanzitutto sul bicchiere mezzo vuoto, sul risultato mancato, su quei 2,9 milioni di voti persi rispetto alle Politiche.

Nessuno si attendeva una partecipazione alta come l’anno passato, ma nemmeno dei dati da leggere e interpretare in controluce. Il Cavaliere cercava il plebiscito e non l’ha ottenuto. Le cause, secondo la sua stessa analisi, fatta con i suoi uomini, sono almeno quattro: l’astensionismo, gli scontri interni al partito in Sicilia, il caso Noemi e persino Kaká, l’annunciato trasferimento del giocatore del Milan che avrebbe fatto infuriare migliaia di elettori di fede rossonera. Del caso Noemi il Cavaliere misura gli effetti numeri alla mano. E ne esce convinto che abbia influito più di quanto si attendeva. Una frase molti interlocutori si sono sentiti ripetere nelle ultime ore. Parole che hanno dello sfogo e rendono uno stato d’animo, oltre che la percezione di un politico che negli anni ha imparato a misurare alla perfezione il consenso: "In Sicilia abbiamo perso più di 800 mila voti per colpa dei nostri che si sono messi a litigare, il resto me l’ha fatto perdere mia moglie... ". L’allusione è ovviamente politica e va alla genesi delle vicende che hanno costretto il capo del governo a difendersi più che ad attaccare, trasformando la campagna elettorale anche in un elenco di giustificazioni sulla vita privata più che in elenco di programmi. Berlusconi ammette che i suoi obiettivi erano altri, è convinto che lo stop subìto sia dovuto anche agli attacchi ricevuti, dentro e fuori il Paese, dopo quell’annuncio di divorzio pronunciato a mezzo stampa da Veronica. Ieri il premier ha pranzato con la figlia Marina, ha fatto una puntata a villa Gernetto, si è tenuto in contatto con Roma nel pomeriggio, ha visionato con lo staff i dati definitivi della tornata elettorale, cenato (come spesso il lunedì) con Bossi e altri big della Lega. Con il Senatur non si intravedono nuvole all’orizzonte, almeno al momento.

Il ministro delle Riforme ha detto che dopo il voto non cambierà nulla, Berlusconi aggiunge a chi gli chiede che "non ci saranno ripercussioni sul governo ", che la stabilità dell’esecutivo non è in discussione. Se gli alleati escono rafforzati per il premier è l’intera maggioranza a goderne, perché ritiene il rapporto politico saldissimo. Il conto sulle Regioni che potrebbero andare alla Lega è un argomento che gli interessa sino a un certo punto: allarma i suoi, il partito, lascia lui molto meno preoccupato. L’importanza è la stabilità e quella il voto la garantisce. Nonostante il timore di nuovi colpi bassi alla vigilia del G8. Emergono, come ad ogni tornata elettorale, anche accuse incrociate da non sbandierare in pubblico: "In tv ho visto solo La Russa e Gasparri, non si capisce dov’erano i nostri...". Si riacutizzano le chiacchiere sulla debolezza organizzativa del Popolo della Libertà, almeno di quella struttura che è mutuata da Forza Italia, capace di un marketing politico meno efficace rispetto a chi viene da An. Anche le modalità del voto creano disappunto: persino Luigino, il più giovane dei figli del Cavaliere, avrebbe sbagliato davanti all’urna, dimenticando di scrivere il nome del padre, vanificando una possibile preferenza. Per Berlusconi "è stata anche colpa di coloro che hanno voluto scrivere a tutti i costi il mio nome nel simbolo...". Dettagli, malumori passeggeri, così come il giudizio sulle preferenze tributate al partito Di Pietro, "una vergogna" di cui fatica a capacitarsi: "Resta per me un mistero come si faccia a votare un simile filibustiere ". Affiora infine anche un’autocritica, almeno in privato. Fra i malumori fanno capolino anche i sondaggisti che l’avrebbero mal consigliato, che "mi hanno indotto a credere " che fossimo tranquillamente sopra il 40%. Eppure sarebbe bastato non parlarne in pubblico. Anche perché il Pdl finisce comunque due punti sopra il bottino delle precedenti Europee, aumenta la pattuglia di parlamentari che manda a Strasburgo e Bruxelles. Insomma sarebbe bastato non fare numeri per non offrire il campo all’avversario, consentirgli di parlare di sconfitta del Cavaliere. In questo senso l’autocritica, l’ammissione del "mi sono fatto del male da solo". Difficile che verrà pronunciata in pubblico, costa già abbastanza confessarla ai suoi più stretti collaboratori.

Marco Galluzzo

09 giugno 2009

 

 

 

 

Domenici: "Dobbiamo ripartire dalle sezioni e dalle tessere". Andreatta: "No, mandiamo via le nomenklature"

Il Pd e lo smottamento nelle "terre rosse" "Noi non siamo più lo zoccolo duro"

Lorenzetti: Bossi pesca tra i nostri. Sorpasso in Umbria e Marche, in Emilia e Toscana meno 7%

L’Umbria Felix, le marce della pace, Eurochocolate, l’università di Perugia "Oxford d’Italia", la "regina" Rita Lorenzetti, il governatore più popolare della penisola. E invece, improvviso, lo schiaffo: Pd meno 10 per cento, Pdl primo partito. Le Marche del "piccolo è bello", i distretti che reggono alla crisi, la buona amministrazione rossa: altro schiaffo, altro sorpasso di un Berlusconi altrove in fase calante, con la Lega oltre il 10% a Pesaro e a Urbino. E poi: Emilia e Toscana, le casseforti del partito, le cooperative e il Monte dei Paschi: meno 7 per cento. Quasi la stessa cifra della crescita imperiosa della Lega, che anche sotto il Po comincia a erodere il consenso della sinistra nei ceti operai e popolari. Il "partito appenninico" minacciato da Tremonti appare quasi una previsione benaugurante. In realtà, il Pd va meglio del temuto al Nord e nelle isole, e va peggio nelle sue roccaforti, le regioni un tempo rosse e ora al più rosa. Se a questo allarme si aggiunge il sorpasso nel recente feudo della Basilicata, che da quindici anni la scelta di Emilio Colombo per il Ppi aveva consegnato al centrosinistra, il partito democratico avverte il rischio di perdere alle regionali dell’anno prossimo anche là dove aveva sempre vinto.

Che cos’è successo? Cos’è successo in Umbria, dove il colpo è particolarmente duro? "Si è frammentato in più parti il voto classico, costante nel tempo tra Pci, Ds, Ulivo — risponde la "regina" Lorenzetti, donna molto stimata da Massimo D’Alema —. Lo si vede dal risultato di Rifondazione, Vendola, Di Pietro, e anche dall’astensione". Poi c’è la Lega Nord al 4% in Umbria: quasi un ossimoro. "Ho il dubbio — si interroga la presidente della Regione — che pure Bossi possa aver pescato nel nostro bacino elettorale, almeno in certe zone. Penso all’alta valle del Tevere, centro della lavorazione del tabacco, che soffre la decisione europea di ritirare il premio ai coltivatori: la Lega è una forza antieuropea, e nell’alta valle del Tevere, che peraltro è vicina alla Romagna e quindi tradizionale zona di sinistra, la Lega va forte. A Foligno, la mia città, hanno preso 1.400 voti candidando un commerciante molto noto, anche per essere padre di Marta Cecchetto, la fidanzata di Luca Toni...". La Lorenzetti conosce il territorio fin dalla nascita e ne analizza le diverse situazioni: "Il Pd paga soprattutto là dove si è diviso. A Panicale e a Castiglion del Lago avevamo due liste, contro una sola del Pdl. A Terni c’è stata una discussione molto dura sulla scelta dei candidati a sindaco e a presidente della Provincia. Altrove si è presentata da sola l’area socialista. Sono tanti segni di frammentazione. Noi invece dobbiamo recuperare sia la capacità di governo, sia l’attitudine a dialogare con l’intera società umbra".

Al di là delle situazioni minute, è l’egemonia a essere in gioco, sostiene la Lorenzetti, che ha un accenno appena polemico verso una compagna, quando ricorda che "l’Umbria è l’unica regione che un tempo si sarebbe definita rossa ad avere come segretario pd un’esponente della Margherita ", Maria Pia Bruscolotti. "L’unica cosa certa — conclude la presidente —è che non esiste più nessuno zoccolo duro su cui adagiarci". Se n’è accorto, in Toscana, Leonardo Domenici, per otto anni sindaco di Firenze, presidente dell’Anci (l’Associazione dei comuni italiani), ora eletto a Strasburgo con 85 mila preferenze in un’elezione difficile in tutta la regione. A Livorno per la prima volta il Pd perde la maggioranza assoluta, a Massa è affiancato dal Pdl, a Carrara è superato, mentre a Prato è costretto al ballottaggio da un exploit della Lega nella città dell’immigrazione cinese, e nella cassaforte rossa di Siena Berlusconi supera il 30%. "Io però non ho avuto un’impressione negativa — racconta Domenici —. E dire che in campagna elettorale ho fatto 21 mila chilometri e 117 comuni. O li ho trovati tutti io, oppure la gente apprezza ancora la politica, il partito. Cose considerate un po’ vetero: che so, le sezioni, il tesseramento. Sarà un ragionamento storicista, ma questi ci chiedono di costruire un partito vero, radicato, che non rinneghi il suo patrimonio storico. Ho conosciuto ragazzi di 25 anni che si porgono nei confronti di noi "vecchi" con energie fresche ma anche in modo rispettoso, non conflittuale", in modo diverso insomma dal probabile successore di Domenici, il trentenne Matteo Renzi. "Per quanto ci siamo ingegnati, non siamo ancora riusciti a distruggere tutto quanto—sorride l’ex sindaco di Firenze, in partenza per Strasburgo —. La botta vera della crisi economica deve ancora arrivare. Nel muro di Berlusconi si è aperta una crepa. Noi del Pd dobbiamo tenerci pronti".

A Bologna, invece, gli uomini che analizzano il voto locale per conto di Romano Prodi traggono considerazioni molto diverse, e parecchio più pessimiste. La Lega all’11% a Forlì e al 18 a Reggio Emilia, la città più rossa d’Italia. Il Pdl al 52% a Piacenza e al 40-42 a Parma e a Rimini. Il Pd che perde quasi dieci punti rispetto alle politiche a Bologna e, tra l’altro, cede la guida di Marzabotto. "Dati spaventosi. Uno smottamento, peggiorato dall’astensionismo. Un cedimento strutturale" commenta Filippo Andreatta, figlio di Nino, l’inventore dell’Ulivo, e padre di un altro Nino, nato da quindici giorni. "Sono ancora più significative, e più gravi, le cifre assolute. Alle Europee del 2004, il Pd aveva a Bologna 117 mila voti. Ora ne ha 91 mila. Un calo che coincide con la tendenza nazionale: la volta scorsa il cartello elettorale tra Ds e Margherita aveva dieci milioni di voti, adesso il partito nuovo ne ha persi due milioni". Andreatta sostiene che il Pd, quello locale e quello nazionale, paga ancora le divisioni che hanno portato alla caduta di Prodi, il pessimo retaggio di Cofferati "comandato dal partito prima al comune di Bologna, poi in cima alla lista per le Europee nel Nord-Ovest", e anche il carattere "freddo" della fusione tra le due nomenklature: "A Bologna il primo segretario del Pd, Andrea De Maria, è l’ultimo segretario dei Ds. A Roma abbiamo avuto Veltroni, ex segretario ds, e ora abbiamo Franceschini, ex vicesegretario ppi. Tutto si tiene: in Emilia, come nelle altre regioni già rosse, il Pd è un partito di raccolta dei voti che furono del Pci e della sinistra democristiana, ma non ha alcuna capacità di attrazione. Questo spiega il successo di Di Pietro, anche là dove il voto di sinistra è tradizionalmente più strutturato". Come in via Stalingrado, la strada che corre tra la Bolognina e l’Unipol.

Aldo Cazzullo

09 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-06-08

Gasparri: "Franceschini dipenderà da di pietro anche per la scelta della colazione"

Il Pdl: "Dal voto il governo esce più forte"

I coordinatori: "Calo fisiologico, rapporti di forza inalterati". Cicchitto apre all'Udc, no di La Russa

ROMA - Il Pdl e Silvio Berlusconi escono dalle elezioni assolutamente vincitori, nonostante una campagna elettorale condotta tutta incentrata su un attacco alla sua persona. E' questa la prima considerazione che Ignazio La Russa, uno dei coordinatori del Pdl, dalla sede le partito: "Silvio Berlusconi, malgrado l'attacco concentrico, calunnioso, gossipparo e giudiziario, è assolutamente il vincitore di queste elezioni". Il ministro della Difesa ha sottolineato come quello italiano sia stato il miglior risultato per il centrodestra a livello europeo assieme a quello del partito di Sarkozy in Francia. La Russa ha anche scherzato sul proprio pizzetto: nessuno aveva mai pensato di conquistare l'egemonia del Paese - ha detto - ma io, non avendo raggiunto il 40%, non sarò obbligato a tagliarmi la barba. Lo stesso ministro aveva infatti annunciato come gesto scaramantico che avrebbe rinunciato al suo attuale look in caso di superamento della soglia del 40%.

"CALO FISIOLOGICO" - Gaetano Quagliariello, area Forza Italia, ha invece parlato del consolidamento del trend politico verso la semplificazione: erano cinque i partiti eletti nel parlamento italiano, sono cinque quelli che accedono dall'Italia al Parlamento europeo. "I trasferimenti di voti nell'area della maggioranza - ha poi detto - non hanno proporzioni tali da determinare mutamenti di linea, sono fisiologici. Questo voto, insomma, stabilizza il quadro politico, anche se ovviamente noi ci aspettavamo qualche cosa di più". "Questa tornata elettorale in Europa - ha aggiunto - ha una sua particolarità: perché in alcuni casi i governi confermati dal voto, in altri voto di forte protesta. L'Italia, con Francia e Germania, è uno dei grandi Paesi dove sono arrivate conferme per l'esecutivo".

"FRANCESCHINI E DI PIETRO" - Molto più critico nei confronti dell'opposizione e del Pd in particolare è stato Maurizio Gasparri, che ha sottolineato il forte calo dei votanti: "Molti nostri elettori non scesi in campo ritenendo che non fosse in gioco il governo del Paese". Non solo: secondo Gasparri il vero dato politico uscito dalle urne è "l'umento della forbice della distanza tra noi e il Pd". Quanto agli exploit di Carroccio e dipietristi, Gasparri ha rilevato come "la Lega ha preso due punti in più e non diventerà determinante sulla agenda del Pdl" mentre invece Franceschini "anche per farsi scegliere i biscotti della prima colazione dipenderà da Di Pietro". In conclusione, per Gasparri, "noi oggi siamo più forti di prima delle elezioni".

I RAPPORTI CON L'UDC - Che una riflessione sul voto vada comunque fatta, almeno a microfoni spenti, non sembra nasconderselo nessuno in casa Pdl. E in prospettiva resta da valutare quale potrebbe essere la strada per rafforzare la coalizione: "Nel complesso c'è stata un'ottima tenuta dello schieramento della maggioranza" ha detto il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto. Ma la stess maggioranza "a questo punto, deve fare una sola cosa: governare tenendo conto delle domande, che vengono dal Paese, di sicurezza, di sostegno alle imprese e al lavoro, di sviluppo del Sud. Poi sarà necessario, con calma e senso di responsabilità, aprire una riflessione sul funzionamento del partito". Cicchitto ha poi rilanciato il tema dell'apertura all'Udc di cui avevano già parlato nei giorni scorsi Silvio Berlusconi e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno che ha ipotizzato un recupero dell'alleanza con i centristi per le prossime amministrative nel Lazio. "Condivido le valutazioni fatte dal sindaco Alemanno a proposito della ricerca di un accordo con l'Udc per le prossime elezioni regionali del Lazio - ha detto Cicchitto - e, a mio avviso, anche non solo del Lazio". Ma è La Russa a tirare il freno: "C'è ancora tanto di quel tempo... Vorrei ricordare che in Lombardia l'Udc è nella giunta Formigoni, ma visto il risultato che Pdl e Lega hanno ottenuto è inininfluente che ci sia o meno. Il problema non è attuale, vedremo, ma per ora non credo sia all'ordine del giorno".

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

bonaiuti: "IL PREMIER non È arrabbiato, il progetto pdl va avanti benissimo"

Berlusconi: "Ho fatto tutto da solo"

Ma ai fedelissimi ha confidato: "Se risultati non saranno all'altezza, nel partito dovranno cambiare molte cose"

MILANO - "Ho dovuto fare tutto da me, come al solito ho tirato la carretta da solo". Silvio Berlusconi, di fronte ai primi dati delle elezioni europee che preannunciano il mancato "sfondamento" del 40%, si sfoga nel quartier generale del Pdl, come riporta il quotidiano Libero. E rivendica la scelta di candidarsi in prima persona al parlamento di Strasburgo: "Se non fossi sceso in campo io l'affluenza sarebbe stata ancora più bassa. È anche per mio merito che l’Italia si conferma il primo Paese per percentuale di votanti: con il record di elettori e di consensi il mio governo si conferma il più forte d’Europa". Ma ai suoi fedelissimi, secondo il quotidiano, ha espresso la sua amarezza: "Se i risultati non saranno all’altezza nel partito dovranno cambiare molte cose".

BONAIUTI: "PROGETTO PDL IN SALUTE" - "Berlusconi? Non è arrabbiato". È Paolo Bonaiuti a rinsaldare gli animi pidiellini, poche ore dopo, a risultati quasi definitivi: "Si tratta di semplificazioni della stampa - dice il sottosegretario a Unomattina -. In realtà il progetto Pdl va avanti benissimo. Il Pdl non supera i livelli indicati da quattro sondaggi soltanto perché è stato forte il livello di astensionismo e perché nella campagna elettorale sono stati presenti problemi non politici". E comunque, sottolinea, "non è vero che noi volevamo andare oltre il risultato delle politiche". Bonaiuti punta invece l'indice contro la "disfatta" avversaria: "Il vero problema è un Pd che è ben contento di aver perso 8-9 punti. Non è forse vero che il 33 per cento raggiunto a suo tempo da Veltroni venne considerata una sconfitta? Un Pd che dice di essere contento di inseguire Di Pietro partendo da un 26 per cento ha perduto anche la sua anima riformista".

"ASTENSIONISMO CI HA PENALIZZATO" - Il Pdl fa quadrato e la parola che ricorre di più è "astensionismo". "Non essendo andati a votare i siciliani ci abbiamo rimesso, non sono un tuttologo, ma credo ci siano ragioni personali che hanno influito in Sicilia - ribadisce Bonaiuti a Red Tv -. Berlusconi sta benissimo, non dico sia soddisfatto, dico però che su queste elezioni si è giocato con un astensionismo enorme, che ha sicuramente influito. E c’è poi anche da constatare il vecchio solito antiberlusconismo di Di Pietro, senza contare che si è molto abusato sul gossip contro il premier". E il portavoce Daniele Capezzone: "Il calo dell'affluenza, soprattutto nelle Isole e nel Sud, ha penalizzato il Popolo della Libertà, che raccoglie un risultato inferiore alle nostre attese. Detto questo, le elezioni si sono tradotte in un robusto voto di fiducia a favore del governo Berlusconi".

RAPPORTO PDL-LEGA NON CAMBIA - Tutti si affrettano a garantire che gli equilibri nel governo non cambieranno: "Il rapporto Pdl-Lega invece rimane esattamente lo stesso, perché non c'è una alternativa di governo possibile - dice Bonaiuti -. C'è quindi la situazione di prima, con la Lega che ha preso qualche punto, ma che per esempio non è riuscita a sorpassarci in Veneto". Dal canto suo il Carroccio, pur esprimendo ovvia soddisfazione per il risultato ottenuto alle urne, conferma. "Non cambia nulla", parola di Bossi.

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE: "Io vado avanti con chi ci sta"

Pdl, caso Sicilia: Lombardo al 15%

L'Mpa, alleata con Storace, non ottiene il quorum ma in Sicilia arriva al 15,64% con punte del 27,6% a Catania

Raffaele Lombardo Ansa)

CATANIA - Risultato a due facce per la strana alleanza Mpa (Movimento per le autonomie), La Destra e Pensionati. L'Mpa del governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, esulta per il risutato ottenuto nell'isola (15,64% con punti di oltre il 27%), il leader della Destra, Francesco Storace, parla di "risultato deludente" e si assume le responsabilità di un risultato ben al di sotto del quorum per accedere all'Europarlamento (serviva il 4% su base nazionale, l'alleanza si ferma al 2,22% con poco più di 680 mila voti complessivi).

LOMBARDO - Due dati emergono dal voto in Sicilia secondo Lombardo: l'astensionismo e il voto all'Mpa. "L'astensione è segno della scomparsa del Mezzogiorno dall'azione del governo nazionale. Chi non si astiene vota per noi. Questo ci impone di darci una caratterizzazione meridionale", ha detto il governatore della Sicilia. L'alleanza in Sicilia ha preso il 15,64% con 297 mila voti (mentre solo l'1,34% in Sardegna, l'altra regione che componeva la circosrizione Isole), nelle due circoscrizioni Nord e al Centro non arriva all'uno per cento e al Sud si ferma al 3,23%. Alle politiche 2008 il risultato siciliano dell'Mpa era stato il 6%. "Il Pdl solo una settimana fa si prefiggeva di ottenere la maggioranza assoluta, prefigurando una sorta di resa dei conti per il governo regionale". Lombardo aggiunge che "l'incontro con Berlusconi sarà inevitabile e quello della Giunta regionale sarà l'ultimo argomento di cui parlaremo. Prima di tutto parleremo di ciò che serve alla Sicilia a partire dai fondi europei. Ci vuole una svolta della politica verso il Sud, abbandonato a se stesso". Nella sua roccaforte in provincia di Catania, l'allenza di Lombardo ha ottenuto il 25,83%, con punte del 27,61% nel capoluogo, ma si ferma all'8% in provincia di Palermo e al 6% a Palermo città.

STORACE - "Sento tutta intera la responsabilità di un risultato deludente. E poco importa se oltre al lusinghiero risultato della Sicilia, il sud, dove ho fatto praticamente tutta la campagna elettorale, è ben al di sopra della media nazionale: quel 2,22% brucia davvero". È impietosa l'analisi di Storace, che osservao che "nemmeno gli altri movimenti di destra possono cantare vittoria. L'alleanza con Lombardo, che comunque ci tengo a ringraziare per il coraggio manifestato, è andata male. E se dipendesse unicamente dalla mia volontà saprei già che fare. Ma tutti insieme dobbiamo trovare la soluzione migliore. Verifichiamo il risultato delle amministrative e poi ci riuniremo. Io ci ho provato".

08 giugno 2009

 

 

 

Il fronte del nord

L’Italia riemerge dalle urne euro­pee meno bi­partitica e appa­rentemente meno berlusco­niana. Non c’è stato il plebi­scito a favore del presiden­te del Consiglio, temuto e sbandierato dall’opposizio­ne; e accreditato dallo stes­so Silvio Berlusconi. Emer­ge invece il riequilibrio dei rapporti di forza nel centro­destra fra Pdl e Lega: col partito di Umberto Bossi proiettato verso il primato nel nord; e capace di infil­trarsi con un risultato a due cifre anche a sud del fiume Po. E’ la conferma di un Carroccio in ascesa e il presagio di un’ipoteca sul governo, foriera di tensio­ni interne.

Probabilmente, ha pesa­to l’astensione alta: ha vota­to il 67%, con punte mini­me a Sud e nelle isole. E può avere influito la pole­mica, in parte strumentale, nata sull’onda dei proble­mi privati e coniugali del premier. Ma il verdetto po­litico forse nasconde qual­cosa di più. Quella che veni­va definita "sottocultura le­ghista ", ormai appare in grado di far proseliti oltre il proprio bacino geografi­co e ideologico; e di propor­si a una parte dell’elettora­to con una determinazione che il Pdl è costretto ad as­secondare, di fatto suben­dola. Il governo "egemoniz­zato dalla Lega" nella pole­mica dell’opposizione, è stato percepito come tale.

Il risultato è che un an­no dopo le elezioni politi­che, la maggioranza sem­bra poter contare su con­sensi più o meno immuta­ti; ma distribuiti diversa­mente. Significa un avallo popolare alle misure prese di recente contro l’immi­grazione clandestina, e ri­vendicate come proprie da Bossi in competizione con Berlusconi. E si intravede un’affinità, non un’anoma­lia italiana rispetto ad un’Europa dove richiesta di sicurezza e pulsioni razzi­ste si mescolano; e fanno lievitare i partiti che le in­terpretano. L’affermazione leghista legittima una poli­tica che la accomuna alle forze xenofobe in crescita un po’ dovunque: soprat­tutto in Olanda e Austria. Ma la novità è che non so­no più residuali come nel passato.

La radicalizzazione degli elettori è un dato di fatto: per come votano, e per il ri­fiuto di andare a votare. A guardar bene, quanto è ac­caduto nel centrosinistra è un fenomeno simmetrico e opposto a quello della mag­gioranza governativa. An­che lì è stato ridimensiona­to nettamente il Pd (orfano dei radicali però); e ne ha tratto vantaggio non la vec­chia sinistra antagonista, quella sì ormai residuale. A ricavarne un piccolo utile è stata l’Udc centrista di Pier Ferdinando Casini. Ma so­prattutto ne ha approfitta­to l’Idv di Antonio Di Pie­tro, che, guarda caso, si de­finisce da tempo una sorta di "Lega dei valori"; e con­sidera Berlusconi il "disva­lore " per antonomasia. So­no loro, Bossi e Di Pietro, gli interpreti più autentici di un’Italia stanca di tolle­ranza e tentata dalle solu­zioni di forza.

Massimo Franco

08 giugno 2009

 

 

 

 

"franceschini Ha avuto il merito di credere in me fin dal primo momento"

Serracchiani superstar: "Battuto papi"

In Friuli la candidata lanciata dal web supera Berlusconi di 9mila preferenze. Il Pd esulta: "Risultato eclatante"

MILANO - Con le sue quasi 74mila preferenze, Debora Serracchiani, fa tirare un sospiro di sollievo al Pd. La 39enne avvocato e vice capogruppo nel Consiglio provinciale di Udine, numero tre della lista Pd nella circoscrizione Italia Nord Orientale, supera in Friuli anche i voti del capolista Pdl Silvio Berlusconi (64.286). "Mi sveglio, un occhio ai dati e... in Friuli Venezia Giulia Debora batte "papi" 73.910 a 64.286" si legge sulla pagina di Facebook della candidata. Notevole il distacco, sempre su scala regionale, anche con il capolista Pd Luigi Berlinguer, fermo a 11.244 preferenze.

RISULTATO STREPITOSO - Lei, originaria di Roma ma trapiantata a Udine, parla di risultato strepitoso. "Sono molto soddisfatta non solo nel vedere che tanti credono in me, ma anche perché in Friuli Venezia Giulia ho ottenuto 9mila preferenze in più rispetto a Silvio Berlusconi". A marzo, all'assemblea del Pd, aveva lanciato strali contro i dirigenti del Pd. Ma oggi ringrazia Dario Franceschini: "Ha avuto il merito di credere in me fin dal primo momento - spiega -. Laddove il partito decide di investire sul nuovo i risultati arrivano. Anche in una zona difficile qual è il Nordest d'Italia". Ammette che nella sua campagna "hanno giocato un ruolo decisivo sia l'impegno del partito, sia il web che mi ha aiutato tantissimo". Quanto ai programmi futuri, "le idee per l'Europa sono tante: competitività, innovazione e ricerca". Dal Pd arrivano commenti entusiasti. "Le forze fresche con cui affrontare le prossime sfide non mancano" dice il deputato triestino Ettore Rosato. E il segretario friulano, Bruno Zvech: "Debora Serracchiani sarà sicuramente tra i primi candidati eletti nella circoscrizione Nord Orientale. Il dato è eclatante in sé perché, pur avendo 40mila voti in meno di lista rispetto al Pdl, Serracchiani prende migliaia di voti più di Berlusconi e il doppio di Giovanni Collino. Per cui è un risultato di proporzioni straordinarie. Quando il rinnovamento si lega alla competenza, alla passione civile, culturale e politica, i risultati si vedono".

L'INTERVENTO A ROMA - Debora Serracchiani, che sul suo sito si definisce "semplicemente democratica", è salita alla ribalta a marzo, dopo l'assemblea dei circoli democratici a Roma. In quell'occasione, da perfetta sconosciuta (anche se a livello locale è attiva da diversi anni), era salita sul palco e aveva criticato i dirigenti del partito ("incapaci di avere una linea unica"), Franceschini in primis. Il quale aveva apprezzato: "Ha dimostrato grande energia, qualità, competenza. Anche se come voto mi ha dato 6-. È stata diretta anche nei miei confronti e ha fatto bene, questo rende vitale il partito". Ma adesso, a elezioni concluse, il giudizio della 39enne sul segretario è positivo: "Credo che Dario Franceschini in questi mesi abbia fatto quasi un miracolo. Mi sembra che il Pd abbia tenuto piuttosto bene, e che il Pdl non abbia sfondato. Credo che il Pdl sia stato punito perché non sta dando soluzioni, in particolare non si occupa della crisi come dovrebbe. Non so quanto abbiano pesato le vicende legate all'etica pubblica del presidente del Consiglio, però credo che più che altro inizino a pesare le mancate soluzioni del governo rispetto ai problemi del Paese".

08 giugno 2009

 

 

 

Scarsa affluenza, avviso ai leader

La Ue do­vrà ripensare seriamente il proprio modo di funziona­re e, in una certa misura, an­che i propri compiti

Come previsto da molti alla vigilia del voto, la par­tecipazione a queste consultazioni europee è sta­ta, nel complesso del continente, ancora inferio­re alla volta precedente. Nuovamente, la maggio­ranza assoluta dei cittadini europei non ha ritenuto op­portuno o utile recarsi alle urne. È un segno di ulteriore, grande sfiducia e disaffezione nei confronti dell’Unione Europea così come si è andata conformando e strutturan­do negli ultimi tempi. Questa vera e propria sconfitta del­la democrazia nella costruzione politica del vecchio conti­nente fa seguito agli insuccessi dei referendum sull’appro­vazione della Costituzione in alcuni Paesi e a numerosi segnali di distacco dei cittadini dalle strutture dell’Ue.

Probabilmente, a seguito di queste elezioni, la Ue do­vrà ripensare seriamente il proprio modo di funziona­re e, in una certa misura, an­che i propri compiti. In Italia, il tasso di parte­cipazione è stato notevol­mente superiore alla gran parte degli altri Paesi. Ciò dipende dal fatto che, come si sa, nel nostro Paese il dibat­tito elettorale e la contesa tra i partiti sono stati incentrati quasi esclusivamente su tematiche domestiche, non sem­pre di altissimo livello. Da noi, insomma, le consultazioni europee si sono trasformate in una sorta di grande son­daggio teso a verificare lo stato attuale dei rapporti di for­za tra i partiti. E finalizzato, in particolare, a misurare il consenso pro o contro Silvio Berlusconi. Occorre però sottolineare che, anche da noi, si è regi­strato un significativo calo (oltre il 6%) nella partecipazio­ne rispetto alle precedenti Europee. Ciò dipende certo dal disinteresse, crescente anche in Italia, verso l’Europa e le sue istituzioni. Ma dipende anche dal diffondersi degli at­teggiamenti negativi — dalla noia al disgusto — verso la politica. È un sentimento presente, sia pure in misura di­versa, nel centrodestra come nel centrosinistra. Per que­sto è opportuno che i leader politici considerino seria­mente il messaggio emerso dal crescente astensionismo.

Renato Mannheimer

08 giugno 2009

 

 

 

 

RISPETTO ALLE POLITICHE 2008

Il numero dei voti: Pdl -3 milioni, Pd -4,4 milioni, Lega +100 mila, Idv +800 mila

Le sinistre radicali hanno ottenuto 840 mila voti in più, ma nessuna delle due liste ha raggiunto il quorum

Il calo dei votanti è stato brutale: 65,04% degli aventi diritto al voto alle Europee 2009 rispetto all'80,5% alla Camera dei deputati alle politiche dell'aprile 2008. Un crollo di oltre di oltre 15 punti percentuali, che si è tramutato in un calo secco dei voti effettivi ottenuti dai vari partiti. Con alcune eccezioni, che riguardano Lega Nord, Italia dei valori e, soprattutto, le due liste della sinistra radicale che, proprio a causa del fatto di presentarsi divise non sono riuscite a raggiungere la soglia minima del 4% che permetteva di eleggere deputato all'Europarlamento.

CHI PERDE - Il Popolo delle libertà ha avuto 3.100.000 voti in meno rispetto alle Politiche 2008.

Peggio per il Partito democratico: un calo di 4.420.000 voti, che scendono però a -3.700.000 voti se si scorpora il risultato ottenuto dai radicali, che nel 2008 si presentavano all'interno del Pd

Un calo limitato (130 mila voti in meno) anche per l'Udc.

CHI VINCE - Chi ottiene il maggiore balzo in avanti sono le sinistre radicali: 840 mila voti in più sommando i voti di Rifondazione comunista e Comunisti italiani con quelli di Sinistra e libertà (che raggruppo gli scissionisti di Vendola, i Verdi e i socialisti). Queste liste si erano presentate insieme nel 2008 ottenendo in tutto 1,15 milioni di voti.

Grande balzo in avanti dell'Italia dei valori, che incrementa i voti di 820 mila unità.

La Lega Nord, che ottiene un grande successo in termini percentuali alle Europee, aumenta in realtà solo di 100 mila unità i voti ottenuti alle Politiche.

08 giugno 2009

 

 

 

 

"Il nostro 26,1% è la base di partenza di un lungo cammino"

Franceschini: "Gli elettori hanno confermato il progetto del Pd"

"Svanito il mito dell'invincibilità di Berlusconi. Anche sommando la Lega, è lontano dal 50%"

Dario Franceschini (Eidon)

ROMA - "Sconfitti gli avvoltoi che da mesi indicavano come questo voto avrebbe determinato la fine del Pd. Ora gli avvolti, che fino a poche ore fa continuavano a parlare, possono andare a casa". Si toglie un sassolino dalla scarpa Dario Franceschini, segretario del Partito democratico, il giorno dopo il voto alle elezioni europee. "Non c'è traccia dell'avanzata della destra come è avvenuto nel resto dell'Europa, niente di quanto prospettato sino alla scorsa settimana da Berlusconi con il Pdl ben sopra il 40%. Anche sommando la Lega, sono lontani dal 50%: il governo è in minoranza nel Paese".

OBIETTIVI E PROSPETTIVE - "Il 26,1% è la base di partenza per il nostro progetto", ha affermato il segretario. "È la base di partenza di un lungo cammino. Ringrazio gli elettori che hanno voluto dire "no" a un Paese guidato da un unico padrone. I due obiettivi che ci eravamo dati a inizio della mia segreteria sono stati raggiunti. Il primo era la conferma del progetto del Pd. Il secondo era fermare la destra, e in particolare questa destra italiana".

EUROPA - Franceschini ha spiegato che il dato italiano va inserito in una serie di "tendenze" su base continentale. La prima è l'astensionismo, la seconda è "una libertà" degli elettori visto che il voto non influenza la governabilità, la terza è "una preoccupante avanzata della destra, sia nella sua forma più estremista che nella sua forma conservatrice". A questa tendenza è legata la quarta tendeza, e cioè l'arretramento complessivo delle forze progressiste "che in Ue sono soprattutto quelle socialiste". "Siamo il primo partito in Europa nel campo progressista per quanto riguarda il numero dei voti, e solo in Germania, forse, veniamo superati in numero di seggi da un Paese che ha 27 eurodeputati in più dell'Italia".

DI PIETRO - "Poco fa ho telefonato a Di Pietro per riconoscergli il risulta", ha reso noto Franceschini. " I voti usciti dal Pd restano nel nostro campo tra i radicali e Idv, per il quale c'è stata una crescita indiscutibile".

08 giugno 2009

 

 

 

Ai democratici restano Toscana ed Emilia Romagna, dove la lega però è all'11,1%

Al Pdl due feudi rossi: Marche e Umbria

Il partito di Berlusconi guadagna il primo posto in entrambe le regioni, ribaltando i risultati delle politiche

MILANO - Le chiamavano "regioni rosse". Ma forse bisogna aggiornare la terminologia. In Umbria e nelle Marche, tradizionalmente feudi della sinistra e poi del centrosinistra, il Pdl ha superato il Pd alle Europee. Il Centro Italia scricchiola. Il dato più clamoroso arriva dall'Umbria (che tra l'altro vince il record dell'affluenza tra le regioni, con il 77,94%), dove il partito del premier guadagna il primo posto con il 35,8% delle preferenze, rispetto al 33,9 dei Democratici: una sconfitta sonora se si guardano i dati delle politiche dello scorso anno, quando il Pd era al 44,4% e il Pdl al 34,5. Alle precedenti elezioni europee Uniti nell'Ulivo era al 35,9%, mentre Forza Italia aveva il 17,7% e An il 13,5.

IL CASO MARCHE - Nelle Marche il Popolo della libertà si attesta al 35,2%, anche in questo caso come prima forza politica, mentre il Pd è fermo al 29,9. Le province che più hanno fatto pendere la bilancia dalla parte del Popolo delle libertà sono state Macerata, Fermo e Ascoli Piceno. Buona l'affluenza: 73,94%. Anche in questo caso alle politiche le posizioni erano ribaltate: il Pd aveva il 41,4 e il Pdl il 35. Alle precedenti europee Uniti nell'Ulivo aveva il 35,8%, Forza Italia era al 19,1% e Alleanza nazionale al 12,7.

LEGA OLTRE L'11% - Ai democratici restano le roccaforti della Toscana e dell'Emilia Romagna: nella prima il Pd è in vetta con il 38,7% (contro il 31,4 del Pdl), nella seconda è al 38,9 (e il Pdl al 27,4). In Emilia fa però riflettere il caso della Lega, che conquista l'11,1% rispetto al 7,8 delle ultime politiche. Anche in queste due regioni l'affluenza è stata più alta della media nazionale: 76,8% in Emilia Romagna e 72,93% in Toscana.

08 giugno 2009

 

 

 

 

L'ex PM: "ORA NON BISOGNA PERDERE TEMPo"

Di Pietro : raddoppiati i consensi

Il leader Idv: "Da domani siamo alternativa al governo Berlusconi che per noi resta fascista, piduista e razzista"

Antonio Di Pietro (Emblema)

ROMA - L'Italia dei valori raddoppia i consensi. E il suo leader Antonio Di Pietro prima esulta e poi attacca la maggioranza di governo.

IL COMMENTO - "È indubbio che il risultato indica che Italia dei Valori sta dalla parte dei cittadini perchè abbiamo raddoppiato i nostri risultati" spiega Di Pietro le prime proiezioni. "Ma io - prosegue il leader dell'Idv - mi proietto già verso il domani. Da domani non saremo più parte dell'opposizione ma della alternativa al governo Berlusconi che per noi resta fascista, piduista e razzista". L'ex pm si dice sicuro "che ci sono le condizioni per costruire l'alternativa: vedremo con quale partito e con quali uomini. Sentiamo - sottolinea Di Pietro - la responsabilità di non perdere tempo per essere i cofondatori di una nuova coalizione".

VIA IL NOME - "Italia dei Valori che ha raddoppiato i consensi rispetto alle ultime politiche e quasi quadruplicato quelli rispetto alle precedenti europee non è più un partito personale ma dimostra di essere un partito popolare pronto a costruire l'alternativa al modello di governo berlusconiano. E il 22 giugno prossimo l'esecutivo nazionale deciderà di togliere il mio nome di fondatore dal simbolo allo scopo di favorire la costruzione di un nuovo partito su base universale" conclude Di Pietro.

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

REAZIONI

Le Sinistre divise fuori dall'Europa

Sotto il 4 per cento ma crescono sul 2008. Ferrero: "C'è stata una scissione di troppo"

Paolo Ferrero (Eidon)

ROMA - Tutti sotto il 4 per cento: la sinistra divisa non entrerà a Strasburgo, ma le elezioni europee lasciano in vita un’area politica a sinistra del Pd e dell’Idv che pesa per oltre il 6 per cento. Le proiezioni diffuse finora divergono: in quella realizzata da Dinamiche per la Rai la Lista comunista (Prc-Pdci-Socialismo 2000-Consumatori uniti) è stimata al 3,4%, leggermente al di sopra di Sinistra e Libertà (Mps-Verdi-Partito socialista), valutata al 3,1%; in quella realizzata da Digis per Sky Sl prevale largamente, con il 3,4 contro il 2,8 dell’alleanza Prc-Pdci. Si tratta di un risultato parzialmente deludente: non avere nemmeno una rappresentanza parlamentare in Europa porrà pesanti problemi finanziari e organizzativi a tutti i partiti delle due alleanze, già fuori dal Parlamento italiano.

AMMINISTRATIVE - Lunedì con lo scrutinio delle amministrative, si potrà misurare con maggiore precisione la reale consistenza di quest’area politica. Ma già ora si può dire che in alcune realtà questo sei per cento di elettori potrà essere determinante per le alleanze locali di centrosinistra. Nei primi commenti i protagonisti della diaspora della ex sinistra "radicale" tornano a parlare il linguaggio dell’unità dopo le aspre polemiche della campagna elettorale, ma apparentemente senza ascoltarsi davvero: "Il tema di riunificare le sinistre - commenta il vendoliano Gennaro Migliore - è una necessità anche perché non c’è una tendenza al bipartitismo". Secondo Migliore, il dato del voto "è incoraggiante" e giustifica la decisione di andare avanti con il progetto di Sinistra e Libertà. "Sarà così - dice anche perché abbiamo un simbolo conosciuto da non più di 20 giorni". Per il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero "c'è stata una scissione di troppo...". Quindi Ferrero auspica "che nel prossimo periodo maturi in Sinistra e Libertà un orientamento nella direzione di unificare le forze che fanno riferimento alla Sinistra europea". Ma Sinistra europea è un "marchio" del Prc e non comprende socialisti, ex Ds e Verdi: quindi non è compatibile con il percorso avviato da Nichi Vendola e i suoi con Sl.

08 giugno 2009

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2009-06-09

Il premier vede Bossi e annuncia che non sosterrà la consultazione

Il presidente della Camera non è d'accordo e chiede di votare sì

Referendum, retromarcia di Berlusconi

Fini: "Io voto, spero anche gli italiani"

I referendari: "Il Senatur ordina, il Cavaliere esegue"

Referendum, retromarcia di Berlusconi Fini: "Io voto, spero anche gli italiani"

Silvio Berlusconi

ROMA - Dal "voto sì al referendum", al "non darò alcun sostegno alla consultazione". La retromarcia di Silvio Berlusconi arriva all'indomani della valanga di voti presi dalla Lega alle elezioni. E non sorprende. Con il peso del Carroccio cresciuto a dismisura, non è un caso, infatti, che il premier si sia affrettato a sfilarsi da una partita che Bossi vede come il fumo negli occhi. Quel referendum che punta al bipartitismo e che relegherebbe la Lega (e i partiti "minori" in generale) nell'angolo dell'irrilevanza politica. Così, se prima delle elezioni Berlusconi si era detto favorevole al quesito, oggi, davanti all'avanzata della "marea verde" frena. E cambia completamente direzione. Chie resta fermo sulla sua posizione di referendario è Gianfranco Fini e lo dice pubblicamente. "Andrò a votare con convinzione - ha detto Fini - spero lo facciano pure gli italiani".

Un indiretto no al risultato del primo faccia a faccia tra il presidente Berlusconi e il Senatur chiusosi con una repentina retromarcia del Cavaliere: "'La riforma della legge elettorale deve essere conseguente a quelle sul bicameralismo perfetto. Pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21".

Irata la reazione dei referendari. "Bossi ricatta e Berlusconi segue - dice il presidente del comitato promotore Giovanni Guzzetta - Sono passate 24 ore dalle elezioni ed è evidente che Bossi ha già chiesto un posto in più in Rai, due Regioni e la rinuncia al referendum". Quanto all'opportunità di procedere a una riforma costituzionale e della legge elettorale che vanificherebbero il referendum, opportunità sostenuta anche dal ministro della Lega Roberto Calderoli. Guzzetta è lapidario: "Sono trent'anni che dicono che vogliono fare la riforma costituzionale, chissà perchè se ne ricordano sempre prima dei referendum". "Comunque - dice fiducioso - i cittadini voteranno lo stesso".

Toccherà al Pdl, adesso, spiegare ai proprio sostenitori che il 21 dovranno ritirare solo la scheda per i ballottaggi e non quella per il referendum. La Lega ha già fatto partire la sua campagna: "Sosterremo i candidati Pdl e Lega nei ballottaggi, ma indicheremo di non ritirare la scheda per votare il referendum, perchè è una fregatura per i cittadini, gli toglie potere al contrario di quanto qualcuno sostiene".

La scelta del premier provoca la reazione del Pd che punta il dito sul rapporto sempre più stretto tra Berlusconi e il Carroccio. "Come volevasi dimostrare Berlusconi molla il suo impegno sul referendum, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. E' evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l'alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l'impegno per i ballottaggi".

"Noi non ci fidiamo e dunque confermiamo il nostro no al referendum: andremo a votare ma voteremo no". Così il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera, Massimo Donadi, replica a chi gli chiede della presa di posizione del presidente del Consiglio. A suo avviso, comunque, "tra Berlusconi e la Lega c'è stato uno scambio sciagurato".

E proprio l'asse privilegiato Cavaliere-Senatur agita i sonni degli ex aennini del Pdl. "Non è vero che la Lega ha dato la linea" rassicura Ignazio La Russa. Anche se impressioni e scelte delle ultime ore sembrano raccontare un'altra verità. Ma alla fine è proprio il leader di An e presidente della Camera Gianfranco Fini a mettersi di traverso fra Bossi e Berlusconi: "Andrò a votare con convinzione e spero che gli italiani facciano lo stesso".

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

Il premier vede Bossi e annuncia che non sosterrà la consultazione

Il presidente della Camera non è d'accordo e chiede di votare sì

Referendum, retromarcia di Berlusconi

Fini: "Io voto, spero anche gli italiani"

I referendari: "Il Senatur ordina, il Cavaliere esegue"

Referendum, retromarcia di Berlusconi Fini: "Io voto, spero anche gli italiani"

Silvio Berlusconi

ROMA - Dal "voto sì al referendum", al "non darò alcun sostegno alla consultazione". La retromarcia di Silvio Berlusconi arriva all'indomani della valanga di voti presi dalla Lega alle elezioni. E non sorprende. Con il peso del Carroccio cresciuto a dismisura, non è un caso, infatti, che il premier si sia affrettato a sfilarsi da una partita che Bossi vede come il fumo negli occhi. Quel referendum che punta al bipartitismo e che relegherebbe la Lega (e i partiti "minori" in generale) nell'angolo dell'irrilevanza politica. Così, se prima delle elezioni Berlusconi si era detto favorevole al quesito, oggi, davanti all'avanzata della "marea verde" frena. E cambia completamente direzione. Chie resta fermo sulla sua posizione di referendario è Gianfranco Fini e lo dice pubblicamente. "Andrò a votare con convinzione - ha detto Fini - spero lo facciano pure gli italiani".

Un indiretto no al risultato del primo faccia a faccia tra il presidente Berlusconi e il Senatur chiusosi con una repentina retromarcia del Cavaliere: "'La riforma della legge elettorale deve essere conseguente a quelle sul bicameralismo perfetto. Pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21".

Irata la reazione dei referendari. "Bossi ricatta e Berlusconi segue - dice il presidente del comitato promotore Giovanni Guzzetta - Sono passate 24 ore dalle elezioni ed è evidente che Bossi ha già chiesto un posto in più in Rai, due Regioni e la rinuncia al referendum". Quanto all'opportunità di procedere a una riforma costituzionale e della legge elettorale che vanificherebbero il referendum, opportunità sostenuta anche dal ministro della Lega Roberto Calderoli. Guzzetta è lapidario: "Sono trent'anni che dicono che vogliono fare la riforma costituzionale, chissà perchè se ne ricordano sempre prima dei referendum". "Comunque - dice fiducioso - i cittadini voteranno lo stesso".

Toccherà al Pdl, adesso, spiegare ai proprio sostenitori che il 21 dovranno ritirare solo la scheda per i ballottaggi e non quella per il referendum. La Lega ha già fatto partire la sua campagna: "Sosterremo i candidati Pdl e Lega nei ballottaggi, ma indicheremo di non ritirare la scheda per votare il referendum, perchè è una fregatura per i cittadini, gli toglie potere al contrario di quanto qualcuno sostiene".

La scelta del premier provoca la reazione del Pd che punta il dito sul rapporto sempre più stretto tra Berlusconi e il Carroccio. "Come volevasi dimostrare Berlusconi molla il suo impegno sul referendum, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. E' evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l'alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l'impegno per i ballottaggi".

"Noi non ci fidiamo e dunque confermiamo il nostro no al referendum: andremo a votare ma voteremo no". Così il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera, Massimo Donadi, replica a chi gli chiede della presa di posizione del presidente del Consiglio. A suo avviso, comunque, "tra Berlusconi e la Lega c'è stato uno scambio sciagurato".

E proprio l'asse privilegiato Cavaliere-Senatur agita i sonni degli ex aennini del Pdl. "Non è vero che la Lega ha dato la linea" rassicura Ignazio La Russa. Anche se impressioni e scelte delle ultime ore sembrano raccontare un'altra verità. Ma alla fine è proprio il leader di An e presidente della Camera Gianfranco Fini a mettersi di traverso fra Bossi e Berlusconi: "Andrò a votare con convinzione e spero che gli italiani facciano lo stesso".

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

La macchina elettorale è andata in tilt. Malori dei presidenti, intervengono

esperti dell'amministrazione. Verso il ballottaggio Emiliano-D'Abbrescia

Comunali Bari, spoglio inceppato

tra contestazioni e appelli al prefetto

di RAFFAELE LORUSSO

Comunali Bari, spoglio inceppato tra contestazioni e appelli al prefetto

BARI - Disastro Bari. La macchina elettorale va in tilt. Come già nelle elezioni amministrative degli ultimi quindici anni (in pratica, da quando si è votato per la prima volta con la legge sull'elezione diretta dei sindaci), i seggi del capoluogo pugliese si aggiudicano l'oscar nazionale della lentezza.

A più di 24 ore dall'inizio dello scrutinio, mancano ancora all'appello i risultati di 11 sezioni per il sindaco e di 47 sezioni su 345 per il consiglio comunale. Anche se è ormai certo che il primo cittadino uscente, Michele Emiliano, andrà al ballottaggio con il candidato del centrodestra, Simeone Di Cagno Abbrescia, non si conoscono ancora il numero totale dei voti e le percentuali definitive. Per il momento, Emiliano è al 49,09 e Di Cagno Abbrescia al 45,96 per cento.

GUARDA I RISULTATI DI BARI

I ritardi - fanno sapere dall'ufficio elettorale del Comune - sono stati causati per lo più dall'impreparazione di molti presidenti di seggio, incapaci di tenere testa alle ripetute contestazioni dei rappresentanti delle liste dei partiti. A questo si sono aggiunte defezioni a catena. Prima, durante e immediatamente dopo il voto. Alla vigilia dell'apertura dei seggi, erano giunte al Comune 47 rinunce di presidenti, immediatamente sostituiti.

La situazione è però precipitata con l'inizio dello scrutinio. Se in alcune sezioni sono sorti problemi di interpretazione dei voti, soprattutto di quelli non espressi chiaramente, in altre il tour de force dovuto dalla presenza di otto candidati sindaco e trenta liste di partiti ha prodotto defezioni a catena. Durante lo spoglio alcuni scrutatori e presidenti di seggio sono stati colti da malore. Nei casi più gravi sono anche intervenuti i medici del 118. Altri sei presidenti hanno preferito gettare la spugna. L'ufficio elettorale del Comune ha tamponato l'emergenza inviando nelle sezioni elettorali dirigenti dell'ente, che in alcuni casi hanno dovuto ricominciare la conta dei voti.

Per i presidenti di seggio che sono rimasti ai propri posti, ma che hanno avuto problemi nello scrutinio, è stata invece istituita una task force di dipendenti comunali esperti, che ha affiancato gli uffici elettorali di sezione. Rimedi che hanno permesso di portare a termine lo spoglio, ma non di evitare i ritardi. E non è finita. All'appello mancano ancora i dati delle nove Circoscrizioni. Se tutto va bene - dicono in Comune - i risultati definitivi saranno disponibili per domani pomeriggio.

Botte al giornalista. Oltre ai ritardi, ai margini dello spoglio barese, c'è stato anche spazio per le botte. A subire è stato il redattore del quotidiano 'Il Resto'

Valentino Sgaramella, aggredito stamane dal marito di una candidata Pd alle comunali di Sammichele di Bari e ha riportato ferite giudicate guaribili in sette giorni. L'aggressione è avvenuta perchè Giuseppe Vittore, che è stato denunciato, non avrebbe gradito il modo nel quale Sgaramella ha parlato sul quotidiano della candidata Pd, risultata eletta. Della vicenda si occupano i carabinieri, che stanno svolgendo accertamenti per chiarire le modalità e il movente dell'accaduto.

Secondo quanto è detto in una nota diffusa dal quotidiano, Sgaramella è stato inseguito dal suo aggressore in moto ed è stato bloccato prima di entrare in casa. Prima è stato insultato - si riferisce nella nota - poi minacciato di morte e dopo picchiato con calci, pugni e col casco. L'aggressore si è fermato quando in soccorso di Sgaramella è giunto suo padre, un ottantenne.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

 

 

Su 62 amministrazioni, l'opposizione nazionale ne aveva 50, gliene restano 14

Ventidue al ballottaggio tra cui Milano. Sconfitte in Campania (Napoli) e Abruzzo

Province, il centrosinistra crolla

Quindici ribaltoni per il centrodestra

Vittoria netta di Pd e alleati a Bologna. Secondo turno a Torino

Province, il centrosinistra crolla Quindici ribaltoni per il centrodestra

Penati, centrosinistra, al ballottaggio per la Provincia di Milano

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ROMA - Amministrative tristi per il centrosinistra. Di cinquanta province, gliene restano solo quattordici; il centrodestra sale a quota 26 (ne aveva appena 8 più una della Lega), altre ventidue, comprese Venezia e Frosinone, vanno al ballottaggio.

E' il verdetto delle elezioni provinciali: un mezzo disastro per il centrosinistra che potrebbe salvarsi solo portando a casa la maggior parte dei faccia a faccia fra due settimane. Ma la sconfitta è evidente anche perché i 15 ribaltoni sono tutti a favore dell'altra parte. Le province in ballo erano 62: 50, si diceva, amministrate dal centrosinistra, 9 dal centrodestra e tre, di nuova costituzione, che votavano per la prima volta. In Abruzzo, Campania e Lombardia la maggior parte dei ribaltoni a favore dei partiti del centrodestra. Il centrosinistra regge abbastanza bene nelle roccaforti di Emilia e Toscana e riesce a ottenere un difficile ballottaggio a Milano. A Napoli una sconfitta largamente annunciata.

Le province. Tre ribaltoni su tre in Abruzzo e stessa situazione in Campania. In Abruzzo, cambiano di mano Pescara, Teramo e Chieti. A Teramo, il candidato del centrodestra Valter Catara, conquista la presidenza con il 50, 01% battendo il presidente uscente Erminio D'Agostino (48,3%). Il centrosinistra perde rovinosamente Napoli dove Luigi Cesaro (centrodestra) arriva al 59,1% contro il 34,5% dell'ex-ministro della Funzione pubblica Luigi Nicolais. Presidente uscente era il verde Riccardo Di Palma (centrosinistra) che, nel 2004 era stato eletto con il 61,5%. Anche ad Avellino e Salerno, i candidati del centrodestra viaggiano oltre il 55% sconfiggendo i presidenti uscenti.

A Milano, il ballottaggio diventa certezza quando mancano poche decine di sezioni da scrutinare. Per diverse ore, il candidato del centrodestra Guido Podestà dà la sensazione di potercela fare al primo turno. Poi, la sua cifra elettorale si attesta tra il 48 eil 49 per cento ed è chiaro che, fra due settimane, i lombardi della provincia di Milano dovranno tornare a votare. Il presidente uscente Filippo Penati (centrosinistra) raggiunge un insoddisfacente 38,8% (prese il 54% al ballottaggio di 5 anni fa). Dovrà conquistarsi i voti dell'Udc (3,7%) e di Rifondazione (3,6%) e potrebbero non bastargli. Anche perché Umberto Bossi ha detto che i leghisti, tra due settimane, andranno disciplinatamente a votare nonostante la concomitanza con il referendum. Comunque, sarà battaglia all'ultimo voto.

Il centrosinistra, invece, regge bene in Toscana dove tiene 5 amministrazioni (Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena) e va a ballottaggi abbastanza agevoli ad Arezzo, Grosseto e Prato. In Emilia la tenuta c'è, ma con la macchia di Piacenza che passa al centrodestra e tre ballottaggi: Ferrara, Parma e Rimini. A Bologna si registra il successo più netto del centrosinistra: Beatrice Draghetti raggiunge il 57,3% e batte facilmente l'avversario di centrodestra, Enzo Raisi.

A Torino, invece, è ballottaggio tra il presidente uscente Antonino Saitta (44,2%) e Claudia Porchietto del centrodestra (41,6%). Il candidato del centrosinistra dovrà cercare, al secondo turno, l'appoggio degli elettori dei due partiti di sinistra (1,8% ciascuno) e del'Udc (4,6%).

In Lombardia tre amministrazioni (Cremona, Lecco e Lodi) passano al centrodestra, mentre, oltre al ballottaggio di Milano, Bergamo, Brescia e Sondrio restano ai partiti del premier. Monza e della Brianza è una delle tre province di recente costituzione che votano per la prima volta: sarà governata dal centrodestra come Barletta-Andria-Trani (Puuglia), mentre Fermo (Marche) va al ballottaggio.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

Il premier vede Bossi e annuncia la retromarcia

I referendari: "Il Senatur ordina, il Cavaliere esegue"

Referendum, ora Berlusconi ci ripensa

"Non sostengo quella consultazione"

Referendum, ora Berlusconi ci ripensa "Non sostengo quella consultazione"

Silvio Berlusconi

ROMA - Dal "voto sì al referendum", al "non darò alcun sostegno alla consultazione". La retromarcia di Silvio Berlusconi arriva all'indomani della valanga di voti presi dalla Lega alle elezioni. E non sorprende. Con il peso del Carroccio cresciuto a dismisura, non è un caso, infatti, che il premier si sia affrettato a sfilarsi da una partita che Bossi vede come il fumo negli occhi. Quel referendum che punta al bipartitismo e che relegherebbe la Lega (e i partiti "minori" in generale) nell'angolo dell'irrilevanza politica. Così, se prima delle elezioni Berlusconi si era detto favorevole al quesito, oggi, davanti all'avanzata della "marea verde" frena. E cambia completamente direzione.

Non a caso il primo faccia a faccia tra il presidente Berlusconi e il Senatur si chiude con una repentina retromarcia del Cavaliere: "'La riforma della legge elettorale deve essere conseguente a quelle sul bicameralismo perfetto. Pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21".

Irata la reazione dei referendari. "Bossi ricatta e Berlusconi segue - dice il presidente del comitato promotore Giovanni Guzzetta - Sono passate 24 ore dalle elezioni ed è evidente che Bossi ha già chiesto un posto in più in Rai, due Regioni e la rinuncia al referendum". Quanto all'opportunità di procedere a una riforma costituzionale e della legge elettorale che vanificherebbero il referendum, opportunità sostenuta anche dal ministro della Lega Roberto Calderoli. Guzzetta è lapidario: "Sono trent'anni che dicono che vogliono fare la riforma costituzionale, chissà perchè se ne ricordano sempre prima dei referendum".

Toccherà al Pdl, adesso, spiegare ai proprio sostenitori che il 21 dovranno ritirare solo la scheda per i ballottaggi e non quella per il referendum. La Lega ha già fatto partire la sua campagna: "Sosterremo i candidati Pdl e Lega nei ballottaggi, ma indicheremo di non ritirare la scheda per votare il referendum, perchè è una fregatura per i cittadini, gli toglie potere al contrario di quanto qualcuno sostiene".

La scelta del premier provoca la reazione del Pd che punta il dito sul rapporto sempre più stretto tra Berlusconi e il Carroccio. "Come volevasi dimostrare Berlusconi molla il suo impegno sul referendum, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. E' evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l'alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l'impegno per i ballottaggi".

E proprio l'asse privilegiato Cavaliere-Senatur agita i sonni degli ex aennini del Pdl. "Non è vero che la Lega ha dato la linea" rassicura Ignazio La Russa. Anche se impressioni e scelte delle ultime ore sembrano raccontare un'altra verità.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

IL COMMENTO

La crepa

di EZIO MAURO

L'onda lunga di destra che spazza il Paese si è arrestata domenica sera, quando si sono aperte le urne del voto europeo. Un appuntamento che arriva appena un anno dopo il trionfo berlusconiano alle politiche, con una maggioranza schiacciante, e al culmine di un ciclo in cui il sistema di potere dominante ha sprigionato la sua massima potenza. In un giorno, quella macchina da guerra si è arrestata, nel momento esatto in cui il leader chiedeva e profetizzava il potere assoluto, con il 45 per cento dei voti per sé e l'alleanza con la Lega oltre il 50. Questa era la soglia politicamente sacra, la seconda presa del potere in un anno, la misura che trasforma il consenso in adesione, il governo in comando e il comando in dominio.

Tutto questo non è avvenuto. Ecco perché il Cavaliere tace da due giorni, nonostante nello spoglio delle amministrative, ieri, l'onda si stia richiudendo, con la destra che porta via pezzi interi di Nord trainata dal boom della Lega, conquista Napoli, si incunea nelle regioni rosse, con un Pd in calo ovunque e fortemente indebolito. Delle 51 province che aveva conquistato nel 2004 (solo 8 erano andate al centrodestra) il Pd ne tiene al primo turno appena 15, la destra ne conquista 25, altre 19 vanno al ballottaggio.

La destra italiana rimane dunque fortissima, pesantemente insediata nel territorio, rivitalizzata - e non solo al Nord - dall'energia elettorale e politica del partito di Bossi. Ma se il Pd nella grande sfida delle europee perde 4 milioni di voti, che sono tantissimi, il Pdl ne perde quasi tre milioni (2,8), e inaspettatamente. Si può dunque vincere, come Berlusconi ha fatto, e nello stesso tempo vedere con preoccupazione la grande crepa che si è aperta all'improvviso nel gigantesco monumento equestre che il Cavaliere stava erigendo a se stesso, simbolo perenne dell'alleanza tra il Capo e il suo popolo.

Bisogna partire da qui, dalla sorpresa psico-politica di un Paese che non si consegna mani e piedi al suo incantatore, convinto di averlo sedotto dopo la conquista. Certo, il premier può consolarsi con la netta sconfitta del Pd che cala precipitosamente di 7 punti.

Ma proprio da questo dato nasce una domanda che non si può eludere: di fronte al calo fortemente annunciato del Pd e mentre le sinistre battono in ritirata in tutta Europa, come mai in Italia la destra non se ne avvantaggia, ma anzi perde due milioni di voti, per di più senza che sia suonato un allarme, come un vuoto che si allarga all'improvviso in un meccanismo di consenso che si pensava garantito?

Oltre la soglia dei numeri, che parlano chiaro, c'è in politica una soglia simbolica che parla all'immaginario dei cittadini. Nei due principali partiti l'ultimo anno aveva fissato destini rovesciati. Per il Pd si profetizzava la polverizzazione, lo schianto, la sicura scissione (annunciata pubblicamente proprio dal Cavaliere), dunque la fine dell'avventura cominciata meno di due anni fa con Veltroni. Per il Pdl, al contrario, si annunciava lo sfondamento, con una crescita capace di portare la destra oltre la maggioranza assoluta, in modo da poter cambiare la Costituzione da sola, senza più impacci e condizionamenti. "Il Pdl è al 46 per cento", aveva garantito il premier il 6 maggio. "Siamo sopra il 40 per cento e quindi siamo il partito più forte del Ppe", aveva aggiunto il 16 maggio. "Alle europee l'obiettivo è molto più del 40 per cento e i sondaggi ci danno al 45" aveva spiegato il 23 maggio. "Gli ultimi sondaggi parlano di un Pdl al 43-45 e io sono certo che sarà così", aveva concluso il 30 maggio.

Non è andata così, e il Pdl ruzzola dieci punti più in basso della profezia, perdendo il 2,1 per cento rispetto alle politiche. Soprattutto, si infrange il mito dell'invulnerabilità del Capo, condannato a vincere sempre, dopo la riconquista che lo ha riconsacrato premier nel 2008. La vulnerabilità del Cavaliere era già emersa chiaramente con il volto della paura nell'ultimo mese, sotto l'urto dello scandalo nato dal "ciarpame politico", cioè dalle veline candidate per amicizia e non per merito politico, secondo una denuncia che ha fatto il giro del mondo. Questo scandalo ha portato alla luce altri casi collegati e controversi, da Noemi ai voli di Stato, alle feste in Sardegna, alle fotografie bloccate dalla magistratura. Tutto ciò è diventato un vero e proprio affare internazionale, commentato e giudicato (negativamente) dalla stampa europea e americana, tanto che persino i giornali italiani se ne sono dovuti occupare di rimbalzo. Le contraddizioni del Cavaliere nei suoi affannosi racconti, le diverse versioni messe in campo l'una dopo l'altra, le bugie accumulate inspiegabilmente e mai spiegate, gli insulti a Repubblica e ai giornali stranieri hanno semplicemente minato la credibilità del premier agli occhi dei cittadini, e anche dei suoi elettori.

La crepa si è aperta qui, nel rapporto di fiducia tra un leader e la sua gente, tra un Capo del governo e il Paese, e ha prodotto quella reazione di disincanto molto prima del previsto: con buona pace dei maestrini che per conformismo invitavano a parlare di ben altri problemi (pur di non parlare di questo), come se la menzogna del potere non fosse il problema principale nel rapporto tra la politica e la pubblica opinione, come l'America insegna. Ciò che troppi non hanno voluto capire, e le televisioni hanno attentamente occultato, lo hanno però capito i cittadini: e lo aveva probabilmente ben compreso il Cavaliere, se rivediamo gli ultimi frenetici giorni della campagna elettorale, dove Casoria sembrava aver sostituito Arcore nella geografia simbolica del berlusconismo.

Tutto ciò è costato consenso, in termini politici e addirittura personali. Nel calcolo delle preferenze, il Cavaliere pigliatutto che aveva sfiorato i tre milioni di voti sul suo nome nel 1994 e nel 1999, e aveva promesso di superare questa volta la soglia, si è fermato a quota 2 milioni e settecentomila. Mancano almeno 250 mila preferenze, e in una democrazia carismatica e populista non è un dato da poco.

La crepa dunque è aperta: ma non avvantaggia il Pd. I democratici sono giunti all'appuntamento con il voto logorati da un anno avventuroso, da risultati sempre critici, dal cambio traumatico non solo di un leader, ma del primo segretario, il fondatore. Le due anime assistono guardinghe ad ogni mossa di Franceschini, lo tengono in equilibrio precario, invece di fondersi si misurano a vicenda quotidianamente. Invece di sommarsi si depotenziano nei veti reciproci. Invece di fondare un nuovo riformismo guardano alle vecchie eredità, che non abbandonano per paura e per calcolo cinico. Piuttosto di lasciare spazio ai giovani (Debora Serracchiani, che ha scalato il partito da sola, ha superato nelle preferenze il capolista arrivato da Roma nel Nordest e persino Berlusconi) si stringono nella vecchia foto di famiglia dell'apparato, sempre uguale a se stessa. Così il partito soffoca appena nato e non decolla, mentre dovrebbe essere liberato per prendere il largo, affidato a forze nuove, con i vecchi capi che garantiscono un deposito di esperienza e di tradizione.

E tuttavia, non si può far finta di non sapere che la vera partita del Pd era il "Primum vivere". Per il rotto della cuffia, dopo un anno disastroso, i democratici hanno salvato la pelle, chi pensava a scissioni deve rimandare il progetto a qualche occasione più conveniente, e lo strumento partito c'è. Malandato, arrugginito, ma in qualche modo c'è. È addirittura a disposizione di chi ci crede, di chi ha voglia di reinterpretarlo inventandolo, rendendolo partecipato, contendibile, aperto, e insieme presente nel Paese, insediato, consapevole della sua identità di sinistra, moderna, europea e occidentale: però sinistra, dunque chiaramente e fortemente alternativa alla destra realizzata che Berlusconi mette in campo ogni giorno.

Un partito di questo tipo può mettere in movimento l'intera area di opposizione. Aiutare la sinistra radicale a dare un valore ai voti ancora una volta dispersi, radunandoli dentro un contenitore politico con una leadership capace di parlare ad una fetta di sinistra; ingaggiare con Di Pietro, dopo la sua clamorosa ascesa, una sfida di responsabilità di fronte ai problemi del Paese, perché l'antiberlusconismo è anche questo; chiedere a Casini, dopo il buon risultato della sua corsa autonoma, di scegliersi un destino politico e culturale riconoscibile e riconosciuto. Solo in questo modo le opposizioni possono diventare un'alternativa. La crepa dimostra che si può contendere l'Italia a Berlusconi, senza lasciargli tregua sulla sua credibilità in crisi, incalzandolo con ciò che gli manca: una politica per il Paese. Un Paese in cui si sta rompendo il lungo incantesimo del Cavaliere.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

 

Il presidente minaccia una "rivoluzione" ai vertici del Popolo della libertà

Il Cavaliere pronto a cedere alla Lega la Lombardia. Per Formigoni c'è la Commissione Ue

Berlusconi incolpa gli ex di An

"Ho combattuto solo contro tutti"

di CLAUDIO TITO

Berlusconi incolpa gli ex di An "Ho combattuto solo contro tutti"

ROMA - "Per il governo non cambia niente. Con la Lega una soluzione la troveremo. Ma i problemi sono altri e vengono dall'estero...". Silvio Berlusconi ieri si è sfogato con i suoi fedelissimi. Al telefono da Arcore ha bacchettato il partito che "non mi ha aiutato", ha gelato i "colonnelli" di An e Gianfranco Fini che "pensano di scaricare su di me ogni colpa" e ha tranquillizzato Umberto Bossi. Non si aspettava un verdetto "severo" dalle urne. Ma con il suo staff è partito all'attacco: "Ho fatto tutto io, mi hanno lasciato solo. Se non mi fossi candidato sarebbe andato anche peggio. E ora si lamentano pure".

Una delusione che non riguarda solo il mancato raggiungimento degli obiettivi annunciati. L'inquilino di Palazzo Chigi, infatti, teme che lo stop di domenica vada oltre il meno 2,2%. "In gioco - si è lamentato - c'è la mia immagine. Se finisce la luna di miele è tutto più complicato". Anche perché i suoi timori, negli ultimi giorni, si sono concentrati sui risvolti internazionali che, a suo giudizio, hanno già accompagnato la campagna elettorale: "Solo qualche manovra dall'estero può davvero mettermi in difficoltà".

Per di più i risultati delle europee hanno fatto scattare la baraonda nel centrodestra. Il premier ha prima messo sul banco degli imputati il suo partito ("cosa hanno combinato? Niente") e poi ha puntato l'indice contro "finiani". Una furia che i tre coordinatori nazionali (Veridni, Bondi e La Russa) hanno ben ascoltato al telefono. Una rabbia che ha indotto il premier a prospettare una "rivoluzione" nel partito già in estate. Anche perché il sostanziale "flop" sulle preferenze è per il Cavaliere una vera ferita. Aveva lavorato al "record assoluto" per dimostrare che il suo nome aveva "sfondato" in tutto il paese come elemento di unità nazionale: "ma qualcuno ha remato contro, anche tra i nostri".

Ora invece deve fare i conti con i lumbard. Ieri sera Umberto Bossi ha reclamato un adeguamento nei rapporti di forza. In gioco ci sono i decreti attuativi del federalismo fiscale, un ruolo più penetrante per i leghisti nelle aziende pubbliche e soprattutto le future presidenze di Lombardia e Veneto. Tant'è che tra le ipotesi c'è anche quella di una "promozione" di Roberto Formigoni, l'attuale governatore lombardo, alla Commissione europea. Una nomina che libererebbe il Pirellone a favore di un esponente del Carroccio. Il premier è disponibile, i lumbard restano strategici per il capo del governo. "Con Umberto - ripete - una soluzione la troviamo. Non vado al braccio di ferro. Il patto con loro non si rompe". Così, in cambio il premier ha ottenuto una rassicurazione: ai ballottaggi i leghisti voteranno i candidati del Pdl nonostante il referendum. Sul piatto della trattativa, però, potrebbe presto entrare un altro elemento: il dialogo con l'Udc in vista delle regionali del prossimo anno.

Anche perché il vero fantasma che aleggia su Palazzo Chigi è un altro. Il Cavaliere teme "l'isolamento internazionale". Il suo cruccio stanno diventando i rapporti con Barack Obama. Con il quale, ripete, "va assolutamente costruito un rapporto". Il presidente del consiglio è sempre più convinto di aver affrontato nell'ultimo mese una "manovra esogena". I giornali stranieri, Rupert Murdoch, quelli che chiama i "poteri forti". Teme allora che le europee possa essere il pretesto per "isolare" diplomaticamente Palazzo Chigi.

"Solo qualche manovra internazionale - è la sua idea - può mettermi davvero in difficoltà". L'incontro di lunedì prossimo a Washington sta dunque diventando una tappa "cruciale". Il Cavaliere sa bene che con la Casa Bianca non c'è più la sintonia di un tempo. Le feluche italiane gli hanno spiegato che Obama ha accettato malvolentieri l'appuntamento del 15 giugno. Ha poi saputo che i resoconti provenienti dall'Ambasciata americana a Roma non sono affatto positivi. Report che in modo particolare guardano con sospetto all'asse Roma-Mosca. Il premier italiano ricorda che proprio durante la presidenza di un democratico, Bill Clinton, gli arrivò l'avviso di garanzia a Napoli. "È difficile fare bene se non c'è la sponda Usa", è la sua riflessione.

Dubbi e paure che ora si concentrano sul filo diplomatico che corre tra Roma e Washington. Tant'è che Berlusconi vorrebbe presentarsi al colloquio della prossima settimana con due "trofei": l'aumento del contingente italiano impegnato in Afghanistan (da rifinanziare a fine mese) e l'"ammorbidimento" di Gheddafi che arriva nella Capitale proprio domani.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

LE PREFERENZE

Berlusconi fallisce l'obiettivo tre milioni

Nell'Idv De Magistris batte Di Pietro

Berlusconi fallisce l'obiettivo tre milioni Nell'Idv De Magistris batte Di Pietro

Da sinistra, Luigi De Magistris

e Antonio Di Pietro

 

ROMA - Un elettore su quattro del Pdl ha votato per Silvio Berlusconi, ma è il suo peggior risultato alle Europee, in rapporto ai voti del partito: il premier ha avuto 2.706.791 mila voti, contro i 10.807.327 del Popolo della Libertà. Il Cavaliere si era presentato con l'obiettivo dei tre milioni di voti di preferenza: nel '94 era arrivato a 2 milioni 995 mila, nel '99 a 2.948.111. Cinque anni fa, al governo già da tre anni, ne ottenne 2.350.751, quasi la metà dei voti del centrodestra. ma per il Cavaliere non è andata troppo bene.

Qui e là emergono piccole sorprese locali (la Debora Serracchiani in Friuli, Simona Caselli a Parma: entrambe hanno battuto Berlusconi). Notevole successo personale per David Sassoli, ex mezzobusto del Tg1, eletto con il Pd. Scontata l'elezione di Sergio Cofferati (Pd) nel nordovest. L'ex sindaco di Bologna batte Berlusconi a Genova, città nella quale si è recentemente trasferito, ma fa segnare un risultato non molto lusinghiero (16 mila voti) a Torino, dove non era stato accolto benissimo durante la campagna elettorale.

All'interno del Pd, sembrano pesare meno gli uomi riconducibili a Massimo D'Alema. Eletti Salvatore Caronna e Leonardo Domenici (ex sindaco di Firenze); faticano Roberto Gualtieri al centro e il capolista Paolo De Castro al Sud (a causa del pessimo risultato in Puglia).

Ma ci sono anche incredibili ritorni, come Ciriaco De Mita (eletto con l'Udc) e Clemente Mastella (Pdl), che si ritroveranno colleghi sui banchi del Parlamento europeo.

Volti nuovi. Barbara Matera seconda nella circoscrizione del sud. Premiata dal voto al Nord Lara Comi, anche lei esponente Pdl, che aveva detto nei giorni scorsi: "Anch'io so che Veronica Berlusconi ha un amante".

Nll'Italia dei Valori, notevole successo personale dell'ex magistrato Luigi De Magistris, che ha avuto più voti di Di Pietro in quattro circoscrizioni su cinque. E nella quinta, l'Italia insulare, Leoluca Orlando ha superato il leader dell'Italia deli valori. E a proposito di Sicilia, notevole exploit del sindaco antimafia di Gela, Rosario Crocetta del Pd.

Altri personaggi: nell'Udc non ce la fa il primo Savoia candidato alle elezioni, Emanuele Filiberto. Arriva invece a Strasburgo il giornalista scrittore Magdi Cristiano Allam.

Nella Lega, ottimo successo personale per Umberto Bossi, Matteo Salvini e Mario Borghezio.

(8 giugno 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

 

LE PREFERENZE

Berlusconi fallisce l'obiettivo tre milioni

Nell'Idv De Magistris batte Di Pietro

Berlusconi fallisce l'obiettivo tre milioni Nell'Idv De Magistris batte Di Pietro

Da sinistra, Luigi De Magistris

e Antonio Di Pietro

 

ROMA - Un elettore su quattro del Pdl ha votato per Silvio Berlusconi, ma è il suo peggior risultato alle Europee, in rapporto ai voti del partito: il premier ha avuto 2.706.791 mila voti, contro i 10.807.327 del Popolo della Libertà. Il Cavaliere si era presentato con l'obiettivo dei tre milioni di voti di preferenza: nel '94 era arrivato a 2 milioni 995 mila, nel '99 a 2.948.111. Cinque anni fa, al governo già da tre anni, ne ottenne 2.350.751, quasi la metà dei voti del centrodestra. ma per il Cavaliere non è andata troppo bene.

Qui e là emergono piccole sorprese locali (la Debora Serracchiani in Friuli, Simona Caselli a Parma: entrambe hanno battuto Berlusconi). Notevole successo personale per David Sassoli, ex mezzobusto del Tg1, eletto con il Pd. Scontata l'elezione di Sergio Cofferati (Pd) nel nordovest. L'ex sindaco di Bologna batte Berlusconi a Genova, città nella quale si è recentemente trasferito, ma fa segnare un risultato non molto lusinghiero (16 mila voti) a Torino, dove non era stato accolto benissimo durante la campagna elettorale.

All'interno del Pd, sembrano pesare meno gli uomi riconducibili a Massimo D'Alema. Eletti Salvatore Caronna e Leonardo Domenici (ex sindaco di Firenze); faticano Roberto Gualtieri al centro e il capolista Paolo De Castro al Sud (a causa del pessimo risultato in Puglia).

Ma ci sono anche incredibili ritorni, come Ciriaco De Mita (eletto con l'Udc) e Clemente Mastella (Pdl), che si ritroveranno colleghi sui banchi del Parlamento europeo.

Volti nuovi. Barbara Matera seconda nella circoscrizione del sud. Premiata dal voto al Nord Lara Comi, anche lei esponente Pdl, che aveva detto nei giorni scorsi: "Anch'io so che Veronica Berlusconi ha un amante".

Nll'Italia dei Valori, notevole successo personale dell'ex magistrato Luigi De Magistris, che ha avuto più voti di Di Pietro in quattro circoscrizioni su cinque. E nella quinta, l'Italia insulare, Leoluca Orlando ha superato il leader dell'Italia deli valori. E a proposito di Sicilia, notevole exploit del sindaco antimafia di Gela, Rosario Crocetta del Pd.

Altri personaggi: nell'Udc non ce la fa il primo Savoia candidato alle elezioni, Emanuele Filiberto. Arriva invece a Strasburgo il giornalista scrittore Magdi Cristiano Allam.

Nella Lega, ottimo successo personale per Umberto Bossi, Matteo Salvini e Mario Borghezio.

(8 giugno 2009)

 

 

 

Secondo il Censis il piccolo schermo condiziona sempre più le decisioni

Solo un quarto degli elettori si affida ai giornali. I giovani guardano al web

Elezioni, il potere della televisione

Tg determinanti nella scelta del voto

Elezioni, il potere della televisione Tg determinanti nella scelta del voto

ROMA - E' ancora la televisione il principale mezzo utilizzato dagli italiani per formarsi un'opinione politica. Solo un quarto degli elettori si e' affidato ai giornali mentre internet rappresenta ancora la fonte di informazione per una fetta minoritaria del corpo elettorale, tranne che tra i giovani.

Secondo un'indagine del Censis, durante la campagna elettorale il 69,3% degli elettori ha formato la sua scelta attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali. I Tg restano il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casalinghe (74,1%).

Al secondo posto si piazzano i programmi televisivi di approfondimento giornalistico a cui si e' affidato il 30,6% degli elettori. Si tratta soprattutto delle persone piu' istruite (il dato sale, in questo caso, al 37%) e residenti nelle grandi citta', con piu' di 100.000 abitanti (con quote che oscillano tra il 36% e il 40%), mentre i giovani risultano meno coinvolti da questo format televisivo (il 22,3% nella classe d'eta' 18-29 anni).

Al terzo posto si colloca la carta stampata: i giornali sono stati determinanti per il 25,4% degli elettori (il 34% tra i piu' istruiti, e il dato sale ad oltre un terzo degli elettori al Nordest e nelle grandi citta', e raggiunge il 35% tra i lavoratori autonomi e i liberi professionisti).

I canali Tv ''all news'' sono stati seguiti dal 6,6% degli italiani prossimi al voto (soprattutto maschi, 9,3%, e piu' istruiti, 10,2%). Solo il 5,5% si informa attraverso i programmi della radio, il cui ascolto e' apprezzato soprattutto da artigiani e commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi (12,1%).

Il confronto con familiari e amici, resta fondamentale per il 19% degli elettori, in particolare per i piu' giovani (18-29 anni: 26%), residenti nel Mezzogiorno (22,2%) e nei centri urbani minori (citta' con 10.000-30.000 abitanti: 22,5%).

Il materiale di propaganda dei partiti (volantini, manifesti, ecc.) e' stato utilizzato dal 10,9% degli elettori, con una punta di attenzione al Nordest (17,4%). La partecipazione diretta alle manifestazioni pubbliche dei partiti rappresenta invece un canale preferenziale per una quota residuale di elettori (il 2,2%), che diminuisce ulteriormente tra i piu' giovani (18-29 anni: 0,7%).

Internet non sfonda nella comunicazione politica. Durante la campagna elettorale, per formarsi un'opinione solo il 2,3% degli italiani maggiorenni si e' collegato ai siti web dei partiti per acquisire informazioni, e solo il 2,1% ha visitato blog, forum di discussione. Il dato aumenta solo tra gli studenti: il 7,5% si e' collegato ai siti Internet dei partiti e il 5,9% ha navigato su altri siti web in cui si parla di politica.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

 

EUROPEE

L'antivelina che ha battuto

"Papi" sulle preferenze

Simona Caselli 47 anni, in lista per il Pd alle Europee ha raccolto più "gradimenti" di Berlusconi nella Parma governata dal centro destra e nel Parmense

di Marco Severo

Ora tutti la cercano. Televisioni, giornali, radio. Il suo telefonino, a un certo punto, cede di schianto e per mezz’ora non dà più segni di vita: "Chiedo scusa – dice lei riaffiorando dal blackout – ma da stamattina il mio cellulare non ha mai smesso di squillare".

E pensare che fino a ieri quasi nessuno conosceva Simona Caselli - 47enne parmigiana, dirigente del Consorzio cooperativo di Reggio Emilia e candidata Pd per le europee nel nordest - la donna che a Parma ha battuto Papi Berlusconi. Nientedimeno. E adesso invece eccola qua, sulle home dei siti internet, contesa dagli intervistatori che già parlano di "rivincita nostrana sulla politica delle veline". Di politica fatta per strada, tra la gente. Mica a villa Certosa tra le miss senza veli. L’unico spoglio che interessa, alla Caselli, è infatti quello delle schede per le europee. E da stamattina la sua performance è da urlo: 5635 preferenze in città contro i 5174 voti di Silvio. Allargando lo zoom all’intera provincia, invece, è Papi che ancora conduce 10973 a 10286.

"Ma mancano ancora i risultati di Fidenza – precisa la Caselli – dove mi dicono che posso contare su altri 300 voti". A questi, alla fine della fiera, andranno aggiunti i circa 2500 già quasi impacchettati a Reggio Emilia, i 2000 del Friuli e altrettante preferenze in arrivo da Forlì. "Non è escluso che, con il conteggio definitivo, riusciamo a toccare quota 20mila". E però calma, piedi ben piantati a terra. "Figuriamoci – sorride Simona – non sono certo il tipo da farmi prendere la mano. Fino a pochi giorni fa nessun giornale era disposto a darmi spazio. Sono abituata ad essere realista".

Di sicuro, comunque, si può dire che un risultato del genere era inatteso: "Vero – conferma l’antiPapi - non speravo in tanto, anche se parecchi segnali di apprezzamento mi erano venuti durante la campagna elettorale". Ecco, la campagna elettorale. "E’ stata una faticaccia, partita appena un mese e mezzo fa e costata un enorme sforzo ai miei collaboratori, tutti volontari". In pochi giorni s’è dovuto pensare a un ufficio stampa, allestire un comitato elettore, stilare un programma per i comizi.

"Tuttavia è stata un’esperienza fantastica, costruita giorno dopo giorno con il dialogo con la gente, con l’ascolto, con il contatto più autentico". La politica del porta a porta contro quella dei salotti e dei maggiordomi televisivi: "Sì – ride la Caselli – credo proprio che la mia vicenda, caratterizzata dall’assoluta povertà di mezzi mediatici, dimostri come ancora sia possibile fare politica in maniera tradizionale".

E vincere. Grazie anche a un programma semplice e chiarissimo: " Punto primo, serve più rigore finanziario in Europa. Basta con la deregulation dei mercati. E poi stop ai compensi a brevissimo giro per i manager. D’ora in poi a Strasburgo occorrerà più attenzione ai programmi di lungo respiro, che sappiano cioè guardare al futuro in maniera organica". Volando un poco più in alto di villa Certosa. Anche senza aerei di Stato.

(08 giugno 2009)

 

 

 

 

Vacilla la candidatura di Mario Mauro (Pdl) alla presidenza dell'assemblea

Nonostante la vittoria politica popolare il Parlamento europeo senza chiara maggioranza

Strasburgo, corsa alle alleanze

Al Ppe servono il Pse e i liberali

DAL nostro inviato ANDREA BONANNI

Strasburgo, corsa alle alleanze Al Ppe servono il Pse e i liberali

BRUXELLES - Il Partito popolare europeo, nonostante la netta vittoria politica, perde qualche decimo di punto percentuale passando dal 36,7 al 36% dei voti a causa della defezione dei conservatori britannici e del partito euroscettico ceco di Mirek Topolanek. I socialisti registrano un calo netto, dal 27,6 al 22%, perdita che potrebbe essere solo in parte compensata dall'ingresso del Pd nel nuovo gruppo Pse-Democratici, che riporterebbe i riformisti attorno al 25%. Il liberali calano dal 12,7 al 10,9% ma potrebbero recuperare qualche formazione ancora non schieratasi. I verdi crescono dal 5,5 al 6,9. L'estrema sinistra passa dal 5,2 al 4,5. La destra anti-europea dell'Europa delle Nazioni registra una apparente lieve flessione (dal 5,6 al 4,8), ma in realtà crescerà grazie alla confluenza dei conservatori di Cameron e di altre formazioni che ora sono accorpate in quel 12% che ancora non ha scelto ufficialmente il proprio campo.

Il giorno dopo, il computo dei risultati quasi definitivi delle elezioni europee mostra un Parlamento che riflette solo in parte la trasformazione decretata dagli elettori. E che dunque dovrà rinnovare quelle strategie di alleanze e di convergenza tra i grandi gruppi politici che sole possono rendere gestibile l'assemblea. I popolari sono stati i primi a prenderne atto: "Poiché nessun gruppo è in grado di avere la maggioranza - ha osservato Wilfied Martens, presidente del Ppe - dovremo stabilire alleanze con i liberali e i socialisti".

Le scadenze più immediate riguardano la nomina del presidente del Parlamento europeo e il voto di fiducia per la riconferma di Barroso alla guida della Commissione. Se il caso Barroso non dovrebbe presentare difficoltà, la nomina del presidente del Parlamento potrebbe rivelarsi più controversa.

Prima delle elezioni, esisteva un patto implicito tra popolari e socialisti per spartirsi i cinque anni della presidenza: due anni e mezzo a un esponente del Ppe e due e mezzo ad uno del Pse. Ma ora i liberali mettono come condizione per votare la fiducia a Barroso di avere almeno uno dei due mandati presidenziali alla guida del Parlamento. E chiedono al Ppe di rinunciare al proprio uomo. La proposta è abilmente formulata, poiché in seno al Ppe si preannuncia battaglia tra il candidato italiano, Mario Mauro, del Pdl, e quello polacco, Jerzy Buzek, esponente del partito del premier Donald Tusk.

In questa gara, le prospettive di Mauro si sono però affievolite alla luce dei risultati delle elezioni. Berlusconi aveva reclamato il posto di presidente in forza del presunto successo elettorale del Pdl, che avrebbe dovuto fare della delegazione italiana la più numerosa del Ppe. Invece il Pdl riporterà a Strasburgo 29 deputati, meno del previsto. Mentre il partito di Tusk ha ottenuto un vero e proprio trionfo elettorale e, nonostante la Polonia disponga di molti meno seggi dell'Italia, dovrebbe avere lo stesso numero di deputati del Pdl. Buzek, inoltre, avrebbe ricevuto un vero plebiscito personale a livello delle preferenze.

A sfavore di Mauro giocherà anche il fatto che i democristiani tedeschi, favorevoli a Buzek perché la Merkel vuole dare un segnale di attenzione all'Est europeo, saranno di gran lunga la delegazione più forte del Ppe.

Infine, non essendo tutti i popolari europei dotati della elasticità morale di cui fa sfoggio il Pdl, i recenti scandali che hanno coinvolto Berlusconi inducono molti alla cautela quando si tratta di sostenere un candidato berlusconiano. Proprio per questi motivi, tuttavia, per mascherare il modesto risultato elettorale e per riaffermare il proprio prestigio in Europa, Berlusconi sarà indotto a dare battaglia fino all'ultimo sul nome di Mauro. E dunque la proposta di lasciare ad un liberale la presidenza del parlamento potrebbe consentire al Ppe di evitare uno scontro intestino.

L'altra questione che riguarda gli italiani è quella relativa alla scelta di campo del Pd, con i suoi 22 deputati. Febbrili contatti sono in corso tra Roma e la direzione del Pse in vista di una decisione che dovrà essere presa entro il 23 giugno, quando si costituiranno i gruppi politici. Ma paradossalmente il pessimo risultato dei socialisti a livello europeo potrebbe favorire l'ingresso degli italiani, che sarebbero la delegazione nazionale più numerosa dopo i 23 tedeschi. Prima delle elezioni il Pd metteva come condizione ad un proprio ingresso un cambiamento di nome del gruppo, che desse l'idea di una apertura a forze non solo socialiste ma anche progressiste e riformatrici. Finora le resistenze a Bruxelles erano forti. Ma, dopo la batosta elettorale, difficilmente i socialisti potranno continuare a snobbare la richiesta italiana.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

Clamoroso successo in Svezia: con il 7,4% otterranno forse due eurodeputati

Il portavoce italiano: "Qui siamo ancora molto indietro"

I Pirati all'Europarlamento

"Difenderemo la libertà sul web"

di ALESSANDRO LONGO

I Pirati all'Europarlamento "Difenderemo la libertà sul web"

Sostenitori del Partito pirata in Svezia

*

Multimedia

* LE IMMAGINI

Il Partito Pirata, per la prima volta nella storia, entrerà nel Parlamento Europeo, avendo ottenuto in Svezia il 7,4 per cento dei voti. Una svolta che racconta come muta il sentimento popolare intorno ai temi del copyright in internet, perché scopo principale del Partito Pirata è rivoluzionare le leggi sulla tutela del diritto d'autore. È un partito con diramazioni in vari Paesi europei, anche in Italia. Come ben sanno anche i suoi sostenitori, è però molto improbabile che si replichi da noi il successo svedese.

"Quella in Svezia è stata una bellissima vittoria, che probabilmente porterà al Partito Pirata due seggi in Parlamento. Nei giorni precedenti la votazione, era accreditato al 6 per cento. Insomma, non poteva andare meglio", dice a Repubblica.it Alessandro Bottoni, portavoce del Partito Pirata italiano.

In Svezia ha ottenuto 200 mila voti, contro i 35 mila del 2006, quando ha provato per la prima volta il salto in Europa. È ora il quinto partito in Svezia e, si calcola, il più popolare tra chi ha meno di 30 anni.

L'entusiasmo per questa prima volta deve però fare i conti con la realtà, spiega Bottoni: "Ci sono Partiti Pirata anche in Spagna, Germania, Francia, Polonia, Regno Unito, Italia, Finlandia. Ma solo in Svezia sono riusciti ad andare alle elezioni europee. In alcuni Paesi - Germania, Francia, Regno Unito - non sono riusciti a raccogliere abbastanza firme. In altri non ci hanno nemmeno provato", continua Bottoni. "E in Italia il massimo che siamo riusciti a fare è che mi sono candidato come indipendente nelle liste Sinistra e Libertà". Che non è riuscita a entrare nel Parlamento europeo.

"Da noi c'è molto meno interesse, rispetto alla Svezia, per i temi della libertà di internet e per la riforma del copyright. Credo che nei prossimi dieci anni almeno, il Partito Pirata non riuscirà a ottenere niente da noi". E la posizione del Partito Pirata italiano è pure più moderata di quella svedese. Se lì l'obiettivo è eliminare il copyright tout court, "da noi proponiamo un compromesso tra i diritti degli utenti, degli autori e degli editori. Non vogliamo abolire il copyright, ma rendere libero e legale lo scambio di opere tra utenti, purché non a scopo di lucro ma solo per uso personale".

Bottoni cerca di sensibilizzare la popolazione su questi temi, pur consapevole che l'impresa darà frutti forse solo sulle prossime generazioni. "In Europa però già la vittoria del partito svedese potrà cambiare qualcosa", aggiunge. "Un successo che si deve in parte al processo svedese contro Pirate Bay, ma non solo. È segno che i giovani vogliono ormai riconosciuto come diritto dei cittadini un'abitudine radicata, che vedono come normale: poter scambiare musica, film e giochi con i propri amici". Forse, adesso, "i governi saranno più cauti, abbandoneranno la linea dura contro il peer to peer, tutta a favore delle lobby dei copyright. Perché, con la vittoria svedese, sanno che sta crescendo un sentimento popolare ormai inarrestabile".

(8 giugno 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella roccaforte Pd al candidato del centrosinistra mancano un soffio di voti

Anche a Firenze secondo turno, a Bari avanti Emiliano (centrosinistra)

A Bologna scontro all'ultimo voto

Delbono costretto al ballottaggio

A Bologna scontro all'ultimo voto Delbono costretto al ballottaggio

Flavio Delbono

ROMA - Si gioca a Bologna lo scontro più delicato delle comunali. In ballo ci sono 30 capoluoghi (23 dei quali amministrati dal centrosinistra) e altri 194 comuni superiori (142 del centrosinistra, 37 del centrodestra 4 leghisti e 11 retti da liste civiche) . Scrutini che hanno proceduto a rilento ma che alla fine, per il capoluogo emiliano, hanno sancito la necessità del ballottaggio. Flavio Delbono, candidato del centrosinistra, è al 49,4%. L'avversario più importante, Alfredo Cazzola (centrodestra) è molto lontano (28,1%), il terzo incomodo Giorgio Guazzaloca se n'è andato presto quando ha capito che non sarebbe andato oltre il 12-13%. Sul piano stretamente numerico Delbono non sembrerebbe avere problemi anche perché Guazzaloca aveva fatto sapere di voler dare libertà di voto ai suoi elettori e perché alcune delle liste minori pescano in un elettorato di sinistra. Ma nei quindici giorni da qui al secondo turno, molti nodi potrebbero venire al pettine del centrosinistra.

Le coalizioni di centrosinistra, comunque, tengono in Emilia, Toscana e Umbria (oltre che a Bari). Certo un secondo turno a Firenze: lo ha dichiarato addirittura poco dopo l'inizio dello spoglio lo stesso candidato sindaco del centrosinistra, Matteo Renzi, che è attorno al 47,8%. Renzi ha fatto sapere che non cercherà alleanze con chi non l'ha sostenuto al primo turno come Prc e Verdi: "Gli elettori devono sapere che l'alternativa è tra il mio programma e quello di Galli. Scelgano". L'ex calciatore arriva al secondo turno con il 32%. Va invece al ballottaggio Prato (ex Pd). Candidati di centrosinistra in vantaggio in tutti gli altri capoluoghi emiliani: già assegnata Reggio Emilia, verso il ballottaggio con ampi margini a Ferrara, Forlì, Modena.

Vicino all'elezione al primo turno, a Perugia, Wladimiro Boccali, alla guida del centrosinistra con poco più del 50%. A Bari, lo spoglio comincia male per il sindaco uscente del centrosinistra Michele Emiliano. Il suo avversario, Simeone Di Cagno Abbrescia, parte molto bene, ma nel corso della notte Emiliano va in testa e si colloca sopra il 49%. Lo spoglio non è ancora ultimato, ma sembra probabile anche qui il ballottaggio.

Negli altri Comuni, invece, si assiste ad una conferma del centrodestra che conquista (in alcuni casi) o va in vantaggio ai ballottaggi in ben 11 comuni governati dal centrosinistra. Dai lombardi Bergamo, Cremona e Pavia, alle Marche (Ancona, Ascoli, Pesaro), alla Puglia (Foggia). A Padova, test importante, è praticamente certo il ballottaggio: il sindaco uscente Flavio Zanonato è al 45,4%; il suo avversario di centrodestra, Marco Marin lo insegue da vicino (45,1%). Al ballottaggio diventano importanti i voti di molte liste civiche e dell'Udc.

(9 giugno 2009)

 

 

 

 

2008-06-08

Il Senatur commenta il successo del Carroccio: "Sono soddisfatto"

Quagliarello: "Risultato sotto le attese". Bonaiuti: "Tutto bene, colpa del non voto"

Europee, Bossi si gode il trionfo

Franceschini: "Il Pd funziona"

Il Pdl se la prende con l'astensione. Mantovano attacca Repubblica

Europee, Bossi si gode il trionfo Franceschini: "Il Pd funziona"

Dario Franceschini

ROMA - Gioisce la Lega che spicca il volo, esulta l'Idv che quadruplica i consensi. Ma tira un sospiro di sollievo anche il Pd che scaccia il fantasma dello "spappolamento" del partito. "Un obiettivo era fermare la destra e ci siamo riusciti - sottolinea il segretario del Pd, Dario Franceschini - E adesso abbiamo confermato il progetto dei democratici, anche se rispetto al 2008 c'è un calo dei voti". Poi una previsione: "La crescita della Lega comporterà una maggiore importanza nelle scelte del governo e quindi temo un impatto negativo sull'azione dell'esecutivo". Il Pdl, invece, se la prende con l'astensione che, giurano i pidiellini, ha penalizzato lo schieramento berlusconiano. Che si aspettava ben altri risultati.

La Lega esulta. Dalla cautela alla soddisfazione. Nel mezzo un dieci per cento che proietta il Carroccio sul podio del vero vincitore della tornata elettorale europea. E se ieri Umberto Bossi aveva ostentato una cautela mista ad una solo apparente indifferenza per il risultato, oggi il Senatur non fa mistero dei veri sentimenti: "Ieri ero cauto, oggi sono soddisfatto. Un conto è il ragionamento e partivo dal presupposto che noi non siamo mai andati bene nelle Europee rispetto ai risultati che invece abbiamo nelle politiche". E invece gli elettori hanno premiato il Carroccio, regalandogli un ruolo politico interno che peserà sui futuri assetti del governo. Anche se Bossi nega cambiamenti in vista: "Rispetto a ieri non cambia niente".

Sarà, ma non a caso il vicesegretario del Carroccio Matteo Salvini avverte: "Una Lega così forte non potrà stare alla finestra. Non mettiamo limiti alla provvidenza". A partire dalle prossime regionali in Lombardia e in Veneto. Il portavoce del premier Paolo Bonaiuti mette subito le mani avanti: "Il rapporto con la Lega rimane esattamente lo stesso, perché non c'è un'alternativa di governo possibile. C'è la situazione di prima, con la Lega che ha preso qualche punto, ma che per esempio non è riuscita a sorpassarci in Veneto".

Pdl: "Colpa dell'astensione". Chi invece si interroga su un risultato elettorale inferiore alle attese è il Pdl. Quel 35,2%, a fronte dei sondaggi sbandierati da Berlusconi, appare ben poca cosa. E così, nel silenzio del Cavaliere, tocca agli alleati dare una lettura. Che trovano nell'astensione il colpevole numero uno. "Il risultato è sotto le aspettative, paghiamo l'astensione" dice Gaetano Quagliarello, vice capo gruppo del Pdl al Senato. "Ci mancano quasi un milione e mezzo di voto - sottolinea Denis Verdini.

"Il segnale realmente negativo è l'astensionismo. E qui c'è un partito che ha vinto, quello di Repubblica e di chi ha seguito i suoi metodi" attacca il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano. Chi invece non mostra incertezze è Bonaiuti: "Berlusconi non è arrabbiato, il progetto del Pdl va avanti benissimo. Non supera i livelli che erano stati pronosticati da tutti i sondaggisti solo perchè c'è un forte livello di astensione e ci sono problemi non politici". Minimizzare, dunque. Una linea seguita da molti ex forzisti e che invece trova difficoltà ad attecchire tra gli ex aennini, preoccupati per l'eccessiva attenzione del premier verso la Lega.

Pd: "Si apre una nuova fase". Gli obiettivi erano due: fermare la destra "che avanza in tutta Europa ma non in Italia" e dare concretezza al progetto politico del Pd. Franceschini rivendica così la bontà del disegno politico che l'ha visto prendere in mano il partito dopo le dimissioni di Walter Veltroni: "Gli avvoltoi vadano a casa, Berlusconi non è invincibile e gli italiani hanno scongiurato il rischio di un padrone assoluto. Oggi il governo è minoranza nel Paese". In casa Pd, è chiaro, si respira per lo scampato pericolo. Se è vero, infatti, che la distanza dal Pdl è ancora ampia e se due regione "rosse" come Umbria e Marche vedono il Pdl primo partito, lo spauracchio di un crollo dei democratici è svanito. "Non siamo all'8 settembre. Il Pd non è in liquidazione, si è chiusa la fase del Berlusconi invincibile e si è aperta una fase nuova per costruire un'alternativa" commenta il senatore del Pd Giorgio Tonini. 'Gli italiani non vogliono vivere sotto padrone" sintetizza il parlamentare ulivista del Pd, Mario Barbi. ''E' stato Berlusconi ad aver indicato la soglia del 42-45% e questa soglia non e' stata raggiunta. Anche insieme alla Lega non si arriva al 51%. 'Lo sfondamento che il presidente del consiglio si era proposto non c'e' stato'' ragiona Piero Fassino.Mentre il dalemiano Nicola Latorre, guarda al futuro: "Il Pd si conferma un progetto da considerare, ma deve avere piu' spina dorsale''. E le allenze? "Troppo presto per parlarne" chiude Franceschini che rivela di aver chiamato Di Pietro per complimentarsi per il risultato dell'Idv.

Idv: "Risultato straordinario". Morale alle stelle in casa Idv. I dipietristi hanno fatto il pieno di consensi, fermandosi ad un 8% che fa parlare Antonio Di Pietro di "alternativa di governo". E oggi, i suoi fedelissimi, rincarano la dose: "Abbiamo quadruplicato i consensi rispetto alle europee di 4 anni fa, è un risultato straordinario. Politicamente c'è un grande segnale: che Berlusconi ha perso le elezioni. Credo ci sia materia su cui riflettere" dice Fabio Evangelisti, vicepresidente dei deputati dell'Idv.

Centristi soddisfatti. Soddisfatta anche l'Udc, che temeva di rimanere schiacciata nella tenaglia Pd-Pdl. E invece i centristi si sono conquistati uno spazio che li premia: "Il bipartitismo è stato bocciato da queste elezioni, il 15 per cento dei votanti non è rappresentato. Lo abbiamo liquidato in una campagna elettorale in cui abbiamo parlato agli italiani senza cercare scandali. Non parlare di gossip è stata una scelta rischiosa ma è stata premiata" dice il segretario Pier Ferdinando Casini.

Lombardo: "Siamo il partito del Sud". In Sicilia, invece, Raffaele Lombardo si toglie alcuni sassolini dalle scarpe. Guardando il suo Mpa che è cresciuto dal 6% delle ultime politiche al 15,6%. "L'indicazione del partito del Sud è incontrovertibile. Il dato dell'Mpa è quasi la metà del dato del Pdl che solo una settimana fa si prefiggeva di ottenere la maggioranza assoluta, prefigurando una sorta di resa dei conti per il governo regionale" sottolinea il presidente della Regione siciliana in polemica con il centrodestra dopo lo scioglimento della giunta.

Epifani: "Gente si accorge delle cose fatte o no".

L'unico dato importante è che l'idea di Berlusconi di sfondare non si è verificata, anzi c'è stato un passo indietro rispetto al voto delle politiche". Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani commenta così l'esito della tornata elettorale. "Questo risultato - continua il sindacalista - dovrebbe far riflettere anche il governo che non può affrontare la crisi illudendo le persone, dicendo che fa e in realtà non fa. La gente si accorge se le cose si fanno o meno, se la cassa integrazione l'affronti o no, se hai una politica industriale o non ce l'hai.

(8 giugno 2009)

 

 

 

I militanti del popolo delle Libertà si dividono. C'è chi esulta per la "vittoria"

e chi invece si interroga su un dato di molto inferiore alle attese della vigilia

Sul sito del Pdl critiche a Fini e Veronica

"Colpa loro se non abbiamo sfondato"

Anche l'alleanza con la Lega sul banco degli imputati

Sul sito del Pdl critiche a Fini e Veronica "Colpa loro se non abbiamo sfondato"

ROMA - "E' un successo, Franceschini se ne vada". "No, è una delusione, è la colpa è dei distinguo di Fini". Il dibattito sull'esito del voto imperversa su "Spazio Azzurro", il forum dei militanti del sito del Pdl. Dati alla mano, ci si confronta sulla riuscita della strategia politica messa in campo da Silvio Berlusconi. E gli utenti si dividono tra "comunque soddisfatti" e delusi.

"Complimenti signor Presidente, abbiamo vinto!!! Abbiamo bisogno di lei, che aiuti noi giovani per un futuro migliore", scrive Alessandra. Sulla stessa lunghezza d'onda Azzurrissima Sempre, che così si rivolge al presidente del Consiglio: "Il gossip non ha fatto paura agli italiani". Non mancano battute cariche di sarcasmo indirizzate al Pd e a Dario Franceschini. "Complimenti vivissimi al Pd e a Franceschini: perdere la bellezza di 7 punti in un colpo solo non è da tutti!! Auguro 100 di questi giorni". E ancora: "Che risate! Quegli stolti del Pd passano dal 33% di un anno fa, all'odierno 26%. Ovvero perdono ben 7 punti percentuale, ma esultano. Che dire? Questi sono matti!". L'orgoglio dei sostenitori di Berlusconi è altissimo per i risultati nelle cosiddette regioni rosse. Sabrina da Prato scrive: "Grande Silvio! Sei il migliore! Qui in Toscana sono circondata dai poveri comunisti! Ieri sera ho assistito allo spoglio delle schede e la mia presenza li ha irritati".

L'altra faccia è quella di chi riconosce che le aspettative sono andate deluse. E che il tanto atteso plebiscito non c'è stato. La colpa. secondo i militanti del partito del Cavaliere, è delle posizioni autonome di Gianfranco Fini, dell'assenza di rigore nelle scelte dei candidati, delle troppe concessioni alla Lega.

"Caro Presidente, dopo questi risultati cominci a fare piazza pulita anche in casa sua. Dove molti candidati non potevano proprio essere votati", afferma un utente registrato come Verità 2009. Alcuni commenti sono molto duri con il presidente della Camera: "Fini al macero", "Tappate la bocca a quel bullo di Fini", "Povero Fini e povero il Pdl ad averlo". L'ex leader di Alleanza Nazionale è accusato, inoltre, di aver sollevato per primo il caso veline: "E' stato il primo a parlarne, ha colpito Silvio in modo molto duro per le veline candidate".

Non mancano sul tema gli attacchi a Veronica Lario. Marzia scrive che è "inutile nasconderlo: siamo scesi. Grazie a Veronica. Si era prefissa di far danno e l'ha fatto. Che tutto le sia restituito con gli interessi". Altre critiche alla Lega di Umberto Bossi: "Il Pdl eviti di soddisfare sempre la Lega", scrive Girolamo. Per Dario, non ha senso parlare tirare in ballo l'astensionismo per giustificare il calo del Popolo Delle Libertà. La "Lega ha fatto una campagna elettorale reale. Quello che dovrebbero imparare a fare i parrucconi del PdL".

(8 giugno 2009)

 

 

 

 

EUROPEE

L'antivelina che ha battuto

"Papi" sulle preferenze

Simona Caselli 47 anni, in lista per il Pd alle Europee ha raccolto più "gradimenti" di Berlusconi nella Parma governata dal centro destra e nel Parmense

di Marco Severo

Ora tutti la cercano. Televisioni, giornali, radio. Il suo telefonino, a un certo punto, cede di schianto e per mezz’ora non dà più segni di vita: "Chiedo scusa – dice lei riaffiorando dal blackout – ma da stamattina il mio cellulare non ha mai smesso di squillare".

E pensare che fino a ieri quasi nessuno conosceva Simona Caselli - 47enne parmigiana, dirigente del Consorzio cooperativo di Reggio Emilia e candidata Pd per le europee nel nordest - la donna che a Parma ha battuto Papi Berlusconi. Nientedimeno. E adesso invece eccola qua, sulle home dei siti internet, contesa dagli intervistatori che già parlano di "rivincita nostrana sulla politica delle veline". Di politica fatta per strada, tra la gente. Mica a villa Certosa tra le miss senza veli. L’unico spoglio che interessa, alla Caselli, è infatti quello delle schede per le europee. E da stamattina la sua performance è da urlo: 5635 preferenze in città contro i 5174 voti di Silvio. Allargando lo zoom all’intera provincia, invece, è Papi che ancora conduce 10973 a 10286.

"Ma mancano ancora i risultati di Fidenza – precisa la Caselli – dove mi dicono che posso contare su altri 300 voti". A questi, alla fine della fiera, andranno aggiunti i circa 2500 già quasi impacchettati a Reggio Emilia, i 2000 del Friuli e altrettante preferenze in arrivo da Forlì. "Non è escluso che, con il conteggio definitivo, riusciamo a toccare quota 20mila". E però calma, piedi ben piantati a terra. "Figuriamoci – sorride Simona – non sono certo il tipo da farmi prendere la mano. Fino a pochi giorni fa nessun giornale era disposto a darmi spazio. Sono abituata ad essere realista".

Di sicuro, comunque, si può dire che un risultato del genere era inatteso: "Vero – conferma l’antiPapi - non speravo in tanto, anche se parecchi segnali di apprezzamento mi erano venuti durante la campagna elettorale". Ecco, la campagna elettorale. "E’ stata una faticaccia, partita appena un mese e mezzo fa e costata un enorme sforzo ai miei collaboratori, tutti volontari". In pochi giorni s’è dovuto pensare a un ufficio stampa, allestire un comitato elettore, stilare un programma per i comizi.

"Tuttavia è stata un’esperienza fantastica, costruita giorno dopo giorno con il dialogo con la gente, con l’ascolto, con il contatto più autentico". La politica del porta a porta contro quella dei salotti e dei maggiordomi televisivi: "Sì – ride la Caselli – credo proprio che la mia vicenda, caratterizzata dall’assoluta povertà di mezzi mediatici, dimostri come ancora sia possibile fare politica in maniera tradizionale".

E vincere. Grazie anche a un programma semplice e chiarissimo: " Punto primo, serve più rigore finanziario in Europa. Basta con la deregulation dei mercati. E poi stop ai compensi a brevissimo giro per i manager. D’ora in poi a Strasburgo occorrerà più attenzione ai programmi di lungo respiro, che sappiano cioè guardare al futuro in maniera organica". Volando un poco più in alto di villa Certosa. Anche senza aerei di Stato.

(08 giugno 2009)

 

 

 

 

La trentottenne di Udine candidata da Franceschini dopo il suo discorso

all'assemblea dei circoli del Pd nella sua regione batte perfino Berlusconi

Friuli, l'exploit della Serracchiani

"Ho preso 9 mila voti più di Papi"

Friuli, l'exploit della Serracchiani "Ho preso 9 mila voti più di Papi"

Debora Serracchiani con Dario Franceschini

ROMA - "Mi sveglio, un occhio ai dati e ... in Friuli Venezia Giulia Debora batte Papi 73.910 a 64.286!!". Trentotto anni, consigliere provinciali a Udine nelle liste del Pd, Debora Serracchiani era diventata nota a livello nazionale nello scorso marzo. Col suo appassionato, critico intervento all'assemblea dei circoli del partito, e col suo discorso cliccatissimo anche sul web. Forse per questo, Dario Franceschini aveva deciso di candidarla alle Europee. Scelta vincente, la sua: visto che, all'indomani del voto per l'Europarlamento, si scopre che proprio lei ha ottenuto, nella regione di appartenenza, più voti di Silvio Berlusconi, capolista del Pdl.

Oltre novemila consensi in più. E con un distacco siderale anche dal capolista Luigi Berlinguer, fermo a quota 11.244. Dunque una vittoria clamorosa. "Sono molto soddisfatta - dichiara - non solo nel vedere che tanti credono in me, ma anche perchè in Friuli Venezia Giulia ho ottenuto 9.000 preferenze in più rispetto a Silvio Berlusconi".

Guardando poi non al solo Friuli Venezia Giulia, ma all'intera circoscrizione Nord Est, vediamo che la Serracchiani ottiene in tutto 101 mila preferenze; ma la cifra ancora non è definitiva. "Sspettiamo l'ufficialità dei dati - dice lei - le idee per l'Europa sono tante, quelle che sono state i cavalli di battaglia della campagna elettorale". E cioé: competitività, innovazione e ricerca.

La Serracchiani afferma inoltre di "essere in generale soddisfatta del risultato conseguito dal Pd, perchè - spiega - anche se c'è stato un calo di consensi rispetto le politiche del 2004, credo che Dario Franceschini in questi mesi abbia fatto quasi un miracolo. Il Pd ha tenuto e non c'è stato quel crollo che qualcuno prevedeva e non c'è stato un exploit del Pdl. Credo che il Pdl sia stato punito perchè non sta dando soluzioni, in particolare non si occupa della crisi come dovrebbe". Conclusioni, almeno secondo Debora: "Il Paese sta cambiando".

(8 giugno 2009)

 

 

 

 

Dopo il flop di un anno fa e l'esclusione dal Parlamento nazionale

alla sinistra radicale neanche un seggio a Strasburgo

Prc e Sl fuori anche dall'Europarlamento

Mpa bene in Sicilia, ma è lontano il 4%

Scambio di accuse Ferrero-Vendola: "Una scissione di troppo". "Cantiere aperto, continuiamo"

Lombardo: "Nel Pdl siciliano chi invocava il 51% dei voti aveva un delirio di onnipotenza"

Prc e Sl fuori anche dall'Europarlamento Mpa bene in Sicilia, ma è lontano il 4%

Paolo Ferrero (a sinistra) e Nichi Vendola

ROMA - Fuori anche dall'Europarlamento: dopo il flop di un anno fa e l'esclusione dal Parlamento nazionale, la sinistra radicale ora non occuperà neanche un seggio a Strasburgo. "A livello nazionale l'obiettivo del 4 per cento è lontanissimo", ammette il presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, che però guarda con soddisfazione il risultato del 'suo' Mpa in Sicilia. Sono i "senza quorum". Quelli che hanno sfidato la soglia di sbarramento e non ce l'hanno fatta.

"Una scissione di troppo". Rifondazione e i Comunisti italiani incassano il 3,4 per cento, mentre Sinistra e Libertà arriva al 3,1 per cento. Essere arrivati all'appuntamento divisi è stato dunque fatale. E come nella migliore tradizione, gli ex compagni di partito litigano sulle responsabilità. "C'è stata una scissione di troppo", commenta sarcastico il segretario del Prc Paolo Ferrero. Nessun pentimento replica il governatore della Puglia Nichi Vendola, che rilancia: "Il cantiere è aperto, il cammino continua".

Le tre sedi. In testa l'ostacolo del quorum, ma la sfida per tutti, fin dall'inizio della maratona elettorale, è stata in famiglia, con la battaglia 'fratricida' e il timore di essere i soli a perdere. Due 'cartelli', tre sedi: Rifondazione si era data appuntamento al partito in via del Policlinico, Sinistra e Libertà poco distante a via Napoleone III. Ma, a sorpresa, anche il Pdci ha deciso di attendere il responso delle urne in proprio (in un palazzo a Piazza Augusto Imperatore). Questioni logisitiche, è stata la spiegazione ufficiale. Ma c'è stato chi ha malignato che il segretario Oliviero Diliberto non abbia avuto intenzione di esporsi troppo. E in effetti l'ex ministro della Giustizia è stato finora l'unico fra i 'big' a non voler commentare i risultati.

"La seconda falce e martello". "Ci è mancato quello 0 virgola qualcosa che è andato alla seconda falce e martello, quella di Marco Ferrando, che gli elettori hanno trovato sulle schede", è stato il primo commento di un militante. Una battuta amara, anche perché, assieme a quella parte di Sinistra e libertà che veniva dal Prc, con ogni probabilità si sarebbe raggiunto il quorum: "Un popolo di sinistra che comunque si esprime ancora c'è - ha detto il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero -, se Vendola non avesse fatto la scissione e se poi non avesse scelto l'alleanza con i socialisti craxiani, a questo punto staremmo tutti meglio".

Il cantiere sinistra. Vendola, Fava, i Verdi e i socialisti, però, non ci pensano proprio però a far rientro alla base: il progetto al quale hanno dato vita "è un cantiere aperto e - ha affermato il governatore della Puglia - il cammino continua". Il ragionamento è chiaro: chi vuole, e dunque anche Ferrero, è il benvenuto. Nessun bisogno di cancellare le diversità, secondo Vendola. L'orizzonte è costruire una sinistra moderna e per fare questo, dicono da Sinistra e Libertà, servono "molti occhi". E nessuna retromarcia anche se non si è raggiunto il quorum: "Sopra il 3% è un grande risultato. Anzi un risultato straordinario", è arrivato a dire Claudio Fava.

Il futuro di Rifondazione. Anche il segretario di Rifondazione ha una chiara visione del futuro: la strada da continuare a percorrere è quella di "costruire una sinistra in Europa autonoma dalle socialdemocrazie uscite sconfitte e in Italia autonoma dal Pd, una sinistra che sappia entrare in sintonia con i lavoratori e con chi perde il posto di lavoro, con chi oggi non è rappresentato da nessuno. Speriamo che nel prossimo periodo maturi in Sinistra e libertà un orientamento che punti a una nuova unità delle forze della sinistra".

Lombardo e la Sicilia. "Positivo il dato siciliano del Mpa. Il consenso è balzato in Sicilia dal 6 per cento delle ultime politiche alle 15,6 per cento. Complessivamente ci avviciniamo al 16 per cento ed è positivo. E' quasi la metà del dato del Pdl che solo una settimana fa si prefiggeva di ottenere la maggioranza assoluta, prefigurando una sorta di resa dei conti per il governo regionale", ha detto il presidente della Regione siciliana e leader del Mpa Raffaele Lombardo, ammettendo che "il 4% dello sbarramento a

livello nazionale è rimasto un obiettivo lontanissimo visto che ci fermiamo a metà strada". E si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa: "All'interno del PdL siciliano chi invocava il 51% dei voti, in un delirio di onnipotenza, ha sbagliato clamorosamente obiettivo". "L'indicazione del partito del Sud è incontrovertibile - ha aggiunto - L'astensionismo e il voto per l'Mpa sono un atto d'accusa contro l'assenza del mezzogiorno nelle scelte del governo nazionale".

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L'UNITA'

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2009-06-09

Fini contro l'asse Lega-Berlusconi

Gianfranco Fini afferma la sua intenzione già espressa nelle scorse settimane, di andare a votare al referendum sulla legge elettorale. A margine della presentazione di un libro sulle carceri, i giornalisti gli hanno chiesto una conferma di questa intenzione: "Andrò a votare, certamente", è stata la risposta del presidente della Camera. Si augura che facciano la stessa cosa tutti gli italiani? "È ovvio, vado a votare - ha replicato Gianfranco Fini - e lo faccio convintamente".

L'uscita di Fini non è casuale. Avviene il giorno dopo la cena tra Bossi e Berlusconi con la quale si è saldato l'asse del Nord. "Non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum" del 21 giugno - si poteva leggere nella nota finale emessa dalla presidenza del Consiglio. I due leader hanno inoltre condiviso la necessità di un "comune e forte impegno" a sostegno dei candidati nei ballottaggi per "completare l'eccezionale successo" della maggioranza e hanno garantito il loro "personale coinvolgimento" nella campagna elettorale.

"Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, in vista dei prossimi ballottaggi per le elezioni amministrative - si leggeva ancora nella nota - hanno condiviso la necessità di un comune e forte impegno del Popolo della Libertà e della Lega Nord a sostegno dei loro candidati, per completare l'eccezionale successo della quasi totalità delle amministrazioni già conquistate al primo turno. A tal fine hanno garantito il loro personale coinvolgimento nelle ultime due settimane di campagna elettorale".

"Il Presidente Berlusconi ha altresì ritenuto di esplicitare che la riforma della legge elettorale debba essere conseguente alle da tutti auspicate riforme del bicameralismo perfetto e che, pertanto - conclude il comunicato - non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 p.v.".

Reazioni. La decisione di stringere il patto con la Lega e di non appoggiare il referendum elettorale "è una scelta che premia un'alleanza molto forte e molto solida tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi destinata a durare ben al di là di queste amministrative e ben al di là di questo referendum". Paolo Bonaiuti risponde così, intervistato da Radio Monte Carlo, alla domanda sulla decisione, presa dopo l'incontro di ieri sera ad Arcore, di non sostenere il referendum elettorale.

Meno convinto il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova. "Quando su temi centrali come la sicurezza, l'immigrazione, le riforme istituzionali e i referendum elettorali si dà l'impressione che a menare le danze non sia il PdL, ma la Lega, per il partito sul quale si fondano tutti i successi elettorali della maggioranza, al sud come al nord, si impone una riflessione". "La straordinaria e storica rottura operata da Berlusconi - aggiunge - è stata quella di rendere il centrodestra italiano protagonista dell'innovazione politica e della modernizzazione economico-sociale del paese. La spinta propulsiva di questa strategia riformatrice si è tutt'altro che esaurita, ma deve tornare ad essere chiaro che essa è distinta e assai più ampia del leghismo bossiano".

"Come volevasi dimostrare il premier molla il suo impegno sul referendum. Berlusconi ha una parola molto ondivaga, i suoi impegni della mattina non sono validi a sera. È evidente che dopo il risultato elettorale deve privilegiare l'alleato Bossi del quale è sempre più ostaggio per assicurarsi l'impegno per i ballottaggi". Così il senatore del Pd Giorgio Tonini attacca la decisione del presidente del consiglio di rinunciare al suo impegno per il referendum sulla legge elettorale. "Non avevo mai creduto - ha affermato Tonini, che è anche tra i promotori del referendum - ad un sincero impegno di Berlusconi sul referendum, il porcellum è un vestito tagliato su misura del centrodestra e dell'alleanza Pdl-Lega". Proprio per questo, aggiunge il dirigente Pd, "è importante battersi per il referendum che è l'unica via concreta per i cittadini per cambiare la legge elettorale".

09 giugno 2009

 

 

 

Resta a casa la "vicina" Matera va a Strasburgo E Mastella batte il premier

di Marco Bucciantini

Poche preferenze del premier, sopravanzato a livello locale anche dal redivivo Mastella. Fra gli eletti c’è anche Vito Bonsignore, già condannato per Tangentopoli, e intestatario di un conto corrente milionario nel Liechtenstein. Non stapperà lo spumante, non mangerà né offrirà mortadella il catanese Nino Strano. Non ce l’ha fatta l’ex senatore che con quel banchetto dozzinale salutò la caduta del governo Prodi, ("no, fu solo un modo allegorico di festeggiare", la sua spiegazione). È arrivato 6° nella circoscrizione delle Isole. Chissà se Prodi, ieri, s’è fatto un bel piatto di pasta con le sarde.

Fra le preferenze del Pdl è il capobanda che fa notizia, a rovescio: Berlusconi conta 2 milioni e 700 mila voti personali, fra gli elettori del Pdl solo uno su quattro ha indicato il premier, nonostante l’ossessiva richiesta: "Sulla scheda scrivete il mio nome, BER-LUS-CO-NI". Non l’hanno scritto. Nemmeno suo figlio, lamenta papi, "confuso dal simbolo col mio nome, ha ingannato molte persone". Il rapporto fra le preferenze personali e i voti totali è il più basso di sempre, intorno al 25%. Come Napoleone prima delle guerre, il presidentissimo ha chiesto il plebiscito agli italiani e non lo ha raccolto nemmeno fra le milizie. Non sarà l’unico problema per il premier: la vicina di casa di Porto Rotondo, Maristella Cipriani, è fuori. Fu candidata per mettere la sordina al contenzioso decennale fra il premier e la confinante, a proposito di un muro abbattuto per lasciare sfogo all’orticello botanico dell’altro. Adesso la Cipriani tornerà alla carica?

Fra gli eletti c’è Mario Mauro, il candidato che Berlusconi aveva indicato come prossimo presidente del Parlamento Europeo, qualora il Pdl fosse stato il partito più nutrito del Ppe. Non sarà così. Si rivede Clemente Mastella, dopo diciotto mesi di guardina: ex Dc-Ccd-Cdr-Udr e Udeur, già alleato dell’Unione di Prodi, va a Strasburgo in lista con Berlusconi, ma in quota "personale": nella sua provincia, Benevento, il Pdl va sopra il 50% trascinato proprio da Mastella, che lì ha raccolto quasi tutte le preferenze (111 mila) e dove ha battuto perfino il premier. "Questa competizione elettorale è stata innanzitutto una scommessa con me stesso", ha detto, "visibilmente commosso", riportano le agenzie. Sempre nel Sud meglio di Mastella - e dunque anche lei eletta - ha fatto Barbara Matera. L’annunciatrice di Rai Uno che aveva colpito l’affollata fantasia di Berlusconi ha trovato 130 mila aficionados. "Macché velina: è laureata", disse di lei il premier. Non ce l’ha fatta Iva Zanicchi, ma il successo delle candidate nel Pdl è concreto. Elisabetta Gardini, Roberta Angelilli, Erminia Mazzoni sono fra le più votate. Voleranno in Alsazia assieme a Gabriele Albertini, l’ex sindaco di Milano.

Mastella non è l’unico col democristiano. C’è anche Vito Bonsignore. Era un andreottiano quando fu condannato in via definitiva a 2 anni di carcere per tangenti relative agli appalti per la costruzione dell'ospedale di Asti. Era nell’Udc ma in odor di Mastella quando rimase coinvolto nello scandalo della scalata alla banca Antonveneta. È berlusconiano adesso, e fra i primi iscritti al Pdl. Ne ha i requisiti: c’era il suo nome nell’intestazione di un conto corrente in Liechtenstein: 5 milioni e mezzo per Vito, che va a Strasburgo per passione.

09 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elezioni amministrative, i risultati in diretta

Il centrodestra, sospinto dai risultati della Lega Nord, strappa al Pd tre province in Lombardia e quattro in Piemonte. A Milano e Torino si va verso il ballottaggio per le province. A Padova secondo turno per la poltrona di sindaco. Il Pd tiene in Emilia e in Toscana, ma cede la Provincia di Piacenza. Renzi (Pd) va al secondo turno per il Comune di Firenze. Il Pd vince a Perugia. Svolta a destra in Campania e Abruzzo. Per il Comune di Bari testa a testa tra Emiliano e Di Cagno Abbrescia.

Insomma, cambia le geografia politica delle province e dei comuni italiani dopo quest'ultima tornata elettorale. Soprattutto, e in maniera più evidente per l'effetto-Lega, al Nord, dove avanza il centrodestra. Ma anche al Sud, in Campania e in Abruzzo, dove il centrosinistra passa di mano. Nel segno della tradizione Toscana ed Emilia, dove il Pd tiene, ma con qualche elemento di discontinuità. Il quadro più chiaro è, al momento, quello che arriva dai risultati delle provinciali, che hanno riguardato sessantadue amministrazioni. In Lombardia il centrodestra ha fatto praticamente il pieno. Ma non a Milano, dove sembra certo il ballottaggio tra Filippo Penati (centrosinistra) e Guido Podestà (centrodestra), con quest'ultimo che ha comunque oltre 10 punti di vantaggio sull'avversario. Nelle altre sette province interessate dal voto il centrodestra fa l'en plein, con il centrosinistra costretto a cedere Cremona, Lecco e Lodi. E Monza che alla sua prima consultazione provinciale vede un'affermazioni del candidato di Pdl e Lega. Sondrio resta al centrodestra, con la Lega primo partito al 33%.

Cambio di segno anche in Piemonte per le province di Cuneo, Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola, fino a ieri in mano al centrosinistra. E a Torino è testa a testa tra Antonino Saitta, sostenuto da Pd e Idv, e Claudia Porchietto, appoggiata dal Pdl e Carroccio. Il peso della Lega si fa sentire anche in Veneto, in particolare a Padova, dove la candidata del centrodestra Barbara Degani si avvia a passare al primo turno. Belluno, dove alle precedenti consultazioni aveva vinto il centrosinistra, va al ballottaggio. Ancora incerto l'esito a Venezia, dove però al momento il candidato presidente del centrodestra è in testa, ma non sopra il 50%. Se vincesse, pur al ballottaggio, anche il capoluogo lagunare si troverebbe a poter archiviare una gestione di centrosinistra. A Pordenone, invece, unica Provincia chiamata dal voto in Friuli Venezia Giulia, ha già vinto al primo turno Alessandro Ciriani, appoggiato da Pdl e Lega insieme all'Udc.

Nelle province di Emilia Romagna e Toscana si va verso una riconferma del centrosinistra a Bologna e Firenze, e poi Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena. Emerge però anche qualche segnale di discontinuità, con Piacenza che passa nelle mani del centrodestra e Arezzo che per la prima volta va al ballottaggio e vede una forte crescita della Lega che passa dall'1,1% di cinque anni fa al 5,62%. Spareggio anche Prato e, quasi certamente a Grosseto.

Svolta a destra in Campania. Le province di Napoli, Salerno e Avellino, dove alle scorse amministrative aveva vinto il centrosinistra, passano saldamente nelle mani della parte avversa: nel capoluogo campano Luigi Cesaro si avvia a vincere al primo turno con oltre il 58%. E' la prima volta, da quando nel dicembre '93 e' cominciata l'era Bassolino, che il centrodestra si aggiudica una competizione sul suolo partenopeo. Cambio di segno anche in Abruzzo: nelle tre province in cui si è votato - Chieti, Pescara e Teramo - appare scontata la vittoria del centrodestra, archiviando così, anche lì, la precedente gestione di centrosinistra.

08 giugno 2009

 

 

 

 

Berlusconi fallisce il "referendum preferenze"

Silvio Berlusconi non taglia il traguardo dei tre milioni di preferenze alle elezioni europee e incassa 'solo' 2,7 milioni di voti. Fa quindi meglio del 2004 (+365 mila) ma non supera il tetto dei 2,9 milioni raggiunto nel 1994 e del 1999, quando poteva contare sugli elettori di Forza Italia ma non su quelli di Alleanza Nazionale. In tutti i casi, il Cavaliere si era presentato in tutte e cinque le circoscrizioni. Nel Pd il primo posto (il terzo in assoluto) è del volto del Tg1 David Sassoli che mette insieme 400.502 preferenze, ma realizza l'impresa di raccoglierle tutte in una sola circoscrizione, il Centro; la piazza d'onore (dopo il Cavaliere) va invece all'ex pm e candidato con l'Italia dei Valori Luigi De Magistris: per lui hanno votato 415.646 elettori (ma in 5 circoscrizioni).

BIG - Nel Pdl, subito dopo il premier, si colloca il ministro della Difesa Ignazio La Russa che, candidato nel Nord-Ovest, ottiene 223.428 voti. Per Bossi invece c'è un quinto posto nella top ten generale con 334.444 preferenze, anche per lui in tutte le circoscrizioni. Antonio Di Pietro si deve accontentare di un quarto posto con 396.641 voti (5 circoscrizioni).

NEW ENTRY

Ottima la performance per la novità targata Pd Debora Serracchiani: la giovane avvocato fa il pieno e, con 73.910 preferenze in Friuli Venezia Giulia, batte il premier che si ferma a quota 64.286. Ed è suo il podio anche nella Circoscrizione Nord-Est nelle liste del Pd: terza in lista, si lascia dietro, con un totale di 144.558 voti, Luigi Berlinguer (che capolista ottiene 80mila voti). Il Nord premia anche il leghista Matteo Salvini (70.021) e Mario Borghezio (48.290). Si occuperà di Europa d'ora in poi anche Lara Comi (oltre 63mila), finita in mezzo alle polemiche sulle veline del Pdl e che è stata coordinatrice del partito in Lombardia per i giovani.

TV E SPORT

Seggio a Strasburgo quindi per il giornalista Sassoli, che così segue una tradizione ormai consolidata. Stando alla prima classifica non passa invece Iva Zanicchi, mentre l'ex signorina buonasera Barbara Matera si piazza al secondo posto nella circoscrizione Sud subito dopo Berlusconi con oltre 130mila preferenze.

EX SINDACI

Lasciano la politica nazionale per quella europea Leonardo Domenici, che si deve accontentare di un terzo posto con 102mila preferenze, e Sergio Cofferati che, nonostante le polemiche che hanno accompagnato la sua candidatura, ottiene invece più di 200mila voti. Ce la fa anche l'ex primo cittadino di Milano Gabriele Albertini (Pdl): si deve però accontentare di 66.930 preferenza.

GRANDI FIRME

Resta fuori Rosaria Capacchione, cronista del Mattino specializzata nelle indagini sulla criminalità organizzata e candidata nelle liste del Pd. Niente da fare anche per Sergio Staino, il padre di Bobo e firma storica de l'Unità, che si era presentato con Sinistra e Libertà. Arriva invece in Europa Magdi Cristiano Allam, candidato per l'Udc e firma del Corsera per molto tempo: a lui 39.637 preferenze.

CHI NON CE LA FA E CHI DICE ADDIO

Restano fuori tutti i candidati dei 'piccoli'. Tra gli esclusi anche l'erede dei Savoia Emanuele Filiberto (Udc), l'ex senatore Nino Strano (Pedl) che la scorsa legislatura divenne celebre per aver festeggiato la caduta del governo Prodi mangiando una fetta di mortadella nell'Aula di Palazzo Madama. Al momento non rientra (ma potrebbe farcela considerando le rinunce) nella lista degli eletti Gianni Vattimo, che quest'anno ha smesso di insegnare all'Università di Torino e si è candidato nelle liste dell'Idv. Esiguo però il gruzzolo del professore: 14.951 voti.

LE ISOLE PREMIANO LA LOTTA ANTIMAFIA

Per il Pd, nella circoscrizione insulare, il primo posto è di Rita Borsellino con 229.981 preferenze, seguita seppure a distanza (150.368) da Rosario Crocetta sindaco di Gela da sempre impegnato nella lotta alla criminalità organizzata.

GLI EX DC

Ce la fa Ciriaco De Mita che nelle liste Udc si piazza al primo posto con 56.442 preferenze. E ce la fa anche l'ex Guardasigilli Clemente Mastella che può cantare 111.710 voti. Seggio in Europa anche per Silvia Costa che ha diretto il settore propaganda della Dc e che si è candidata con il Pd e per Carlo Casini (43.020), leader storico del movimento per la vita ed eletto nell'Udc.

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-06-08

Elezioni europee, il Pdl frena. La sconfitta è l'astensionismo

Processi, veline, scandali mai chiariti e tanto altro su cui discutere. Una crisi economica che pesa sempre di più sulle famiglie italiane ma di cui non si discute mai. Nel quartier generale del Pdl il capro espiatorio di quella che si può ritenere, con i dati quasi definitivi, una sconfitta è l'astensionismo. Ma nessuno spiega come mai il popolo del Popolo delle Libertà non è andato a votare anche con Berlusconi capolista dappertutto. E perché quando è andato a votare ha scelto sempre di più la Lega.

Le proiezioni che parlano di un risultato sotto 35%, cifra ben lontana dal 40-45% nel quale aveva sperato per primo Silvio Berlusconi, confortato da sondaggi che però prevedevano una percentuale di affluenza alle urne assai più alta. Ma soprattutto erano sondaggi in cui non si incasellavano le ultime settimane "piccanti" del premier. Sorpreso e deluso, il premier ha seguito il voto da Arcore senza nascondere il suo stato d'animo. Berlusconi è rimasto veramente sorpreso dalla così alta percentuale di astensionismo e si è detto certo che una affluenza alle urne vicina all'80%, come quella che si è registrata nel voto politico del 2008, gli avrebbe fatto superare il tetto del 40% in queste europee.

La notte avanza e cala la speranza di correggere verso l'alto il risultato, così come cresce la certezza che presto verrà a batter cassa l'alleato leghista, svettato nelle proiezioni al 9,6%. "La somma dei voti di Pdl e Lega dimostra che la coalizione di governo è ampiamente maggioritaria - vede il bicchiere mezzo pieno Maurizio Lupi - Il dato preoccupante è invece che il Pd recupera consensi solo attaccando il presidente del Consiglio e cavalcando l'antiberlusconismo". I dati complessivi vedono dunque la frenata del Pdl, il Pd che arretra rispetto alle politiche, la crescita della Lega e, soprattutto, dell'Idv di Antonio Di Pietro. Il Pdl potrebbe dover rinunciare anche all'obbiettivo di essere il primo partito nel Ppe. Uno calo significativo è anche quello del Pd, che perde poco più di sette punti rispetto alle politiche e si assesta intorno al 26%, un risultato non positivo, ma nemmeno una debacle, considerando che questa volta mancava all'appello anche il 3% dei voti Radicali, che restano stavolta fuori dal Parlamento di Strasburgo. Nel campo del centrosinistra, un'ampia fetta di elettori si sono fatti convincere dall'opposizione intransigente dell'Italia dei Valori. Il partito di Di Pietro si attesta infatti all'8%, quasi il doppio del 2008 (4,4%).

Fuori anche dal Parlamento europeo la sinistra radicale, questa volta divisa nelle due liste degli anticapitalisti (Prc-Pdci) e dei vendoliani di Sinistra e Libertà. Nessuna delle due, secondo le proiezioni, ce l'avrebbe fatta a superare la fatidica soglia del 4%, attestandosi rispettivamente al 3,4 e al 3,3%: la delusione della sinistra è aumentata dal fatto che, se si fossero presentate insieme, le due liste avrebbero raggiunto il 6,7% superando ampiamente la soglia di sbarramento. Può invece gioire l'Udc di Pier Ferdinando Casini. La scommessa dei centristi di restare fuori dagli schieramenti facendo opposizione al governo Berlusconi gli ha regalato, secondo le proiezioni, un risultato migliore di quello delle politiche, che lo pone intorno al 6,7%, un punto in più di un anno fa. Ampiamente sotto la soglia l'Mpa di Raffaele Lombardo, che si era presentato insieme alla Destra di Francesco Storace: per l'inedita alleanza, i consensi restano fermi al 2%. Fin qui le proiezioni. I dati reali, quando sono state scrutiniate oltre la metà delle 64mila sezioni, sono ancora più sfavorevoli al Pdl, che ha il 33,9%, con la Lega al 10.7 e il Pd al 27.6.

08 giugno 2009

 

 

 

Nervi a fior di pelle nella sede Pdl

di Natalia Lombardo

"Silvio non ha fatto campagna elettorale, ecco perché questo calo": così una parlamentare del Pdl a caldo commenta quei due punti e mezzo persi rispetto alle politiche 2008. Nessun "comizio oceanico, la pancia del nostro partito si mobilita solo quando si muove il leader". E invece no. Le aspettative deluse provocano grande nervosismo nel quartier generale del Pdl in Via de l’Umiltà. Dopo l’una di notte si confermano le proiezioni Rai: 35 per cento al Pdl, 26,8 il Pd, boom della Lega al 9,5 che sta superando in Veneto. I dati che arrivano nella notte fanno scendere ancora il Pdl: una fortissima sconfitta per Berlusconi e il suo partito. Una perdita di 2,4 punti rispetto al 2008, quando il Pdl ha preso il 37,4. Già alle undici di sera le prime proiezioni Sky hanno fatto impallidire gli uomini del Pdl: 39 il Pdl, 27,5 il Pd.

I "colonnelli" pidiellini dopo la gelata del dato Rai sono scomparsi. Saliti al secondo primo piano e chiusi in riunione. All’una scende Denis Verdini arrabbiato: "Questi sono numeri al lotto! Noi abbiamo altri dati, questi conti non tornano". Se la prende con "l’astensionismo al Sud", Ignazio La Russa in tv mira sul Capo: "Berlusconi gli ultimi giorni ha fatto campagna elettorale per Pdl e Lega". Scende Fabrizio Cicchitto infastidito: "Miglioriamo rispetto alle europee, facciamo un passo indietro sulle politiche 2008 per effetto dell’astensionismo", ma "teniamo rispetto altri governi europei". Ma sono due punti e mezzo: "Nel 2008 c’erano i pensionati di Fatuzzo con noi…". Magra consolazione. Maurizio Lupi è scuro in volto, rassegnato su un "36%". Capezzone aspetta impalato ma non lo intervista nessuno.

I nervi erano a fior di pelle già sul 39%, alle undici. Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, arriva all’insulto: alla domanda, posta da noi lungo la strada, se non si aspettavano qualcosa di piu’, urla: "ma stai zitta! Basta con queste domande, ma vai a fare il funerale a Franceschini", attacca entrando in macchina. Piu’civile il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che considera "il 39 un buon risultato" e semmai lo preoccupa la "così bassa affluenza alle urne a Roma".

Alla chiusura dei seggi nessuno si sbilancia, a via de l’Umiltà, fra buffet con pendette tricolori e telecamere, man mano cresce l’agitazione. "Se arriviamo al 40 per cento dopo questa campagna elettorale andiamo alla grande", dice Beatrice Lorenzin, l’anti-velina del Pdl. Bonaiuti c’è ma non si vede.

Berlusconi è a Villa San Martino ad Arcore, con il figlio Piersilvio e, forse, anche Luigi, ultimogenito avuto con Veronica. Parlerà oggi, forse addirittura domani. Il traguardo sperato è il 40. Anzi, fino al giorno prima, (pur non potendolo fare) ha sbandierato il boom del "45 per cento". Il premier ha rinviato il voto fino a ieri pomeriggio alle sei, quando si è recato al seggio 502 della scuola elementare Dante Alighieri di via Scrosati a Milano, dove votava anche mamma Rosa. Ad accompagnarlo Licia Ronzulli, una delle pupille candidate alle europee, e il candidato alla Provincia Podestà. Fuori dal seggio, nonostante il silenzio elettorale a urne aperte, Berlusconi fa campagna elettorale: "L’Italia avrà l’affuenza alle urne piu’ alta d’Europa", quando di solito è il Belgio, che il Pdl sarà il partito piu’ forte nel Ppe, o su Kakà. E, già che aveva dei giovani davanti, la promessa-spot: "Da settembre partirà il piano casa per realizzare delle New Town".

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

"Debora batte Papi di 10mila voti"

Debora Serracchiani, candidata del Pd alle europee nel nord est, ha ottenuto in Friuli Venezia Giulia più preferenze del premier Silvio Berlusconi. "Mi sveglio, un occhio ai dati e ... in Friuli Venezia Giulia Debora batte Papi 73.910 a 64.286", ha esultato la trentanovenne avvocatessa romana, trapiantata a Udine, scrivendo il suo 'status' su Facebook.

"Una giornata memorabile: merita di essere vissuta se non altro perchè in Friuli Venezia Giulia ho battuto Berlusconi": così Debora Serracchiani, la candidata del Pd alle europee nella circoscrizione del Nordest ha commentato il risultato elettorale che sta per portarla al Parlamento europeo. "Un risultato straordinario - ha detto - che mai avrei potuto immaginare. Un risultato costruito dal partito e dal web. Battere Berlusconi - ha concluso con un sorriso - mi dà una gioia immensa".

08 giugno 2009

 

 

 

Il Pd è in campo: 26,2%. "Il progetto c’è"

di Andrea Carugati

"Il progetto del Pd è al sicuro, gli avvoltoi possono tornarsene a casa. E oggi il governo è incontestabilmente minoranza nel Paese, svanisce il mito dell’invincibilità di Berlusconi". Dario Franceschini commenta i risultati delle europee a spoglio ormai ultimato. Il Pd ha perso parecchi voti, e questo elemento non viene nascosto ai giornalisti convocati alle 12 al Nazareno. "Un calo che non va ignorato", dice il leader Pd.

"E tuttavia questo 26% conferma il progetto del Pd, è quello che volevamo, una base di partenza per un partito nato un anno e mezzo fa che ha davanti un lungo cammino. E per questo voglio ringraziare gli italiani". "In Europa siamo il primo partito nel campo progressista, davanti anche alla Spd tedesca in termini di voti, probabilmente anche come seggi a Strasburgo. Questo ci consentirà anche di avere un ruolo di primo piano nel nuovo gruppo progressista". Franceschini batte e ribatte sull’insuccesso di Berlusconi, il principale motivo di soddisfazione per i democratici: "Avevo detto che l’Italia rischiava di svegliarsi sotto un padrone assoluto: questo pericolo è stato scongiurato. Aveva annunciato il 45%, invece è 10 punti sotto, anche in un momento in cui il vento tira a destra in Europa".

Quanto alle altre opposizioni, il leader Pd fai complimenti a Di Pietro: "Gli ho telefonato per rendergli atto che ha avuto una crescita indiscutibile". A spese del Pd? "I voti usciti dal Pd restano nel nostro campo, tra i radicali e l’Idv", dice Franceschini. Che conclude con un ultima stilettata al Pdl: "La crescita della Lega comporterà un condizionamento ancora maggiore sull’azione del governo".

08 giugno 2009

 

 

 

 

Gualtieri: "Subito l'alleanza con l'Udc per battere il Pdl"

di ma.ge.

"Se i dati provvisori saranno confermati, queste elezioni ci dicono che c'è spazio per costruire una proposta politica alternativa alla destra", commenta Roberto Gualtieri, candidato nella circoscrizione Italia Centro, mentre attende di sapere se anche il suo personale risultato gli consentirà di entrare in Europa.

Il dato generale intanto sembrerebbe chiaro. "Il grande sconfitto di queste elezioni è il Pdl: puntava a superare il 40%, si ferma, stando ai dati provvisori, sotto al risultato delle elezioni politiche". Ha pesato - secondo Gualtieri - soprattutto la mancanza di risposte di fronte alla crisi e, certo, anche la perdita di credibilità di Berlusconi. Ad ogni modo, le elezioni europee segnano la prima "secca sconfitta per Berlusconi e per la sua maggioranza, che, pur sommando i voti del Pdl e quelli della Lega, non va oltre al 45%". Questo – insiste Gualtieri – significa che dopo queste elezioni "si apre uno spazio politico per costruire una proposta alternativa". E che "le prossime regionali, nel 2010, sono aperte". "Lo spazio c'è, ora sta a noi costruire attorno a una proposta politica un sistema di alleanze". E intanto: "Subito, fin dai ballottaggi bisogna ridisegnare il sistema delle alleanze, cercando dove è possibile il patto con l'Udc".

Quanto al risultato del Pd: "È un dato di tenuta, in un quadro difficile, da cui ripartire", osserva Gualtieri. Rispetto al risultato dei socialisti in Europa non è andato affatto male: "Stando ai dati provvisori il Pd potrebbe essere la seconda forza del centrosinsitra europeo: dobbiamo ora lavorare per costruire un campo di forze progressiste per sfidare la destra in Italia e in Europa".

Rispetto alle attese: "Si può dire che il Pd ha recuperato il dato registrato qualche mese fa e pur avendo perso in confronto alle politiche ha comunque tenuto". E però: "Con il congresso dobbiamo pensare a mettere questo partito su basi più solide, dobbiamo puntare ad andare oltre 30%".

08 giugno 2009

 

 

 

 

Scalfarotto: "Ora dobbiamo includere la sinistra"

di ma.ge.

"Ora dobbiamo pensare a costruire un Pd più inclusivo", commenta a caldo il Pd Ivan Scalfarotto, candidato nella circoscrizione Nord Ovest. mentre nella sua casa di Milano attende con alcuni amici di capire se ce l'ha fatta ad entrare nel parlamento europeo. "Per ora è presto ma ci sono piccoli risultati positivi che arrivano qua e là: in Lombardia ce la giochiamo in sei, a Pavia siamo in testa Cofferati e io, a Milano sono quarto... Vedremo".

Un'attesa non priva di sorprese. "Di certo, dopo un anno di governo scandito da annunci eclatanti, il Pdl che arretra e che si ferma al 35 per cento è un risultato inatteso", si dedica all'analisi del voto, mentre lo scrutinio è ancora in corso e si attende la prossima proiezione. Anche il Pd ovviamente arretra: "Non può dirsi soddisfatto ma cala ma meno di quanto si potesse temere dopo i risultati elettorali dell'Abruzzo e della Sardegna".

Meglio del previsto. Ma il risultato – spiega Scalfarotto – deve "farci riflettere soprattutto sull'assetto della nostra democrazia: le divisioni tra Sl e Pd non hanno senso, dobbiamo subito metterci a lavorare per costruire un partito che contenga al suo interno quanto meno la cultura ambientalista e quella di una sinistra democratica". Culture che – insiste Scalfarotto - "dovrebbero stare in casa nostra". "Ho fatto alcuni dibattiti insieme a Monica Frassoni e francamente mi chiedevo perché non stessimo nello stesso partito". Per non parlare dei radicali: "Loro erano già con noi alle elezioni politiche".

Ad ogni modo, l'indicazione di rotta che viene dai risultati delle europee secondo Scalfarotto è chiara: "Dovremo fare sforzo di sintesi per abbracciare uno spettro più ampio possibile di forze, anche a sinistra, il nostro esercizio politico d'ora in poi deve essere la costruzione di un Pd più inclusivo".

08 giugno 2009

 

 

 

 

Di Pietro: "Noi alternativa a questo governo piduista"

"Al di là dell'esito finale è indubbio che il risultato" descritto dalle prime proiezioni indica "che l'Italia dei Valori sta dalla parte dei cittadini se è vero che pressapoco abbiamo raddoppiato" il risultato delle elezioni politiche di un anno fa. È il primo commento di Antonio Di Pietro alle proiezioni che danno l'Idv intorno all'8%.

Di Pietro poi aggiunge: "Io sono proiettato già a domani. Da domani non saremo più parte dell'opposizione ma dell'alternativa. Sentiamo il dovere di farci promotori di una alternativa al governo Berlusconi che noi riteniamo fascista, razzista e piduista. Dobbiamo vedere con quali partiti e soprattutto con quali uomini". L'Idv, prosegue ancora di Pietro annunciando che al prossimo congresso si discuterà l'ipotesi di togliere il suo nome dal simbolo del partito, sente "il dovere di non perdere un minuto di tempo per proporre, e proporci, come cofondatori di una nuova coalizione". "Cofondatori, ho detto", conclude con questa sottolineatura il presidente dell'Italia dei Valori. Che non dà "aut-aut" ma al Pd dice che deve decidere se proseguire il cammino con l'Udc o con l'Idv, che "non è il brutto anatroccolo".

Ci sarebbe poi "un grosso risultato personale per De Magistris". Antonio Di Pietro, alla fine cede alle insistenze dei giornalisti. Il cellulare del leader dell'Italia dei Valori continua ad essere tempestato di sms e a chi gli domanda di conoscere il contenuto, la risposta che arriva è: "I rappresentanti di lista mi dicono che c'è un grosso risultato su De Magistris. Certo che sono contento - dice ancora Di Pietro - io ci ho creduto fin dall'inizio. È un uomo delle istituzioni. È fra quelli che andranno in Europa".

08 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-06-09

Referendum, Fini: "Voterò convinto e spero lo facciano tutti gli italiani"

9 giugno 2009

"Dai nostri archivi"

Bossi passa all'incasso: stop al referendum e più spazio

Berlusconi e Bossi: patto a due su referendum e ballottaggi

In gioco il futuro del bipolarismo

In gioco il futuro del bipolarismo

Referendum, i promotori contrari all'accorpamento con i ballottaggi

"Io vado a votare e lo faccio convintamente". Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, a

margine della presentazione a Montecitorio del libro "Diritti e castighi" di Lucia Castellano e Donatella Stasio, assicura che voterà al referendum elettorale. A chi gli chiede se auspica che tutti gli italiani si rechino alle urne, risponde: "é ovvio".

La presa di posizione arriva poche ore dopo l'irrituale nota di palazzo Chigi che, in vista dei ballottaggi locali - in forse se i leghisti disertassero le urne - sancisce l'accordo fra il Cavaliere e il Senatur. Un patto a due su referendum e ballottaggi: nessun sostegno del premier al referendum elettorale inviso al Carroccio in cambio del sostegno ai candidati del Pdl nei ballottaggi. La riforma della legge elettorale, sottolinea la nota di Palazzo Chigi, sarà conseguente "alle da tutti auspicate riforme del bicameralismo perfetto".

9 giugno 2009

 

 

 

Bossi passa all'incasso: stop al referendum e più spazio

di Emilia Patta

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9 giugno 2009

Umbeto Bossi (a sinistra) con Silvio Berlusconi (Ansa/Matteo Bazzi)

"Dai nostri archivi"

Referendum, Fini: "Voterò convinto e spero lo facciano tutti gli italiani"

Il referendum "spariglia-tutto"

Il referendum "spariglia-tutto"

Clandestini, Berlusconi ricuce

PILLOLA POLITICA / Pdl e Lega: restano nubi su riforme e referendum

"La riforma della legge elettorale deve essere conseguente alle da tutti auspicate riforme del bicameralismo perfetto e, pertanto, non appare oggi opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno". Con questa nota irrituale di Palazzo Chigi che impegna tutto il governo, diramata di prima mattina a spoglio per le amministrative completato, Silvio Berlusconi ha preso definitivamente le distanze dai quesiti referendari del 21 giugno sulla legge elettorale: il bipartitismo di fatto, temutissimo dalla Lega, non ci sarà. Svanisce così lo spettro dei leghisti che disertano le urne ai ballottaggi - molti dei quali non scontati neanche per un centro-destra vittorioso in tutto il Nord - per evitare che venga raggiunto il quorum al referendum. Facile la conclusione tratta da Giovanni Guzzetta, presidente del comitato referendario: "Bossi ricatta e Berlusconi segue".

Una presa di posizione, quella del premier, che se da un lato rassicura Bossi dall'altro mette in difficoltà quanti nel Pdl si erano schierati a favore del referendum raccogliendo anche le firne. A cominciare dal presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha subito voluto puntualizzare che lui il 21 giugno alle urne ci andrà e voterà "convintamente" per il sì.

Forte del suo 10,2% e dello "sfondamento" nelle zone rosse e nel centro, Umberto Bossi è dunque passato all'incasso. O meglio, ha cominciato a incassare. Sul referendum, certo, ma più in generale per un adeguamento dei rapporti di forza all'interno della maggioranza. Sul piatto i decreti attuativi del federalismo fiscale, con la connessa necessità di mantenere in Parlamento il dialogo con il Pd, un ruolo maggiore per i leghisti nelle aziende pubbliche, a cominciare dalla Rai, e soprattutto le future presidenze delle regioni verdi: Lombardia e Veneto. Le elezioni regionali, vera partita politica di questa legislatura, sono fra un anno. E tra le ipotesi in campo c'è anche quella di una "promozione" di Roberto Formigoni alla Commissione Ue in modo da lasciare libero il Pirellone per un candidato leghista. Se basta. È il capogruppo alla Camera Roberto Cota a rilanciare: "Una regione? Ora vogliamo tutto il Nord".

Contraltare a Bossi e alla sua "ipoteca" sulla maggioranza, appunto, le preoccupazioni di Fini. Per un'analisi di un voto europeo che ha visto arretrare il Pdl soprattutto al Sud ci sarà tempo dopo i ballottaggi. Ma il pensiero dell'ex leader di An emerge chiaramente tramite la sua fondazione Italianieuropei: "Pdl: quella trazione leghista che ha dimenticato il Sud", titolava il blog della Fondazione. "Umberto Bossi ha vinto perché ha dato la linea al governo in materia di riforme istituzionali (alias federalismo fiscale) e di sicurezza del cittadino a fronte dell'immigrazione clandestina – è scritto nel corsivo –. La sua politica, bella o brutta che fosse, ha rappresentato in questi mesi l'originale. Quella del Pdl la fotocopia. Facile capire il perché delle scelte degli elettori "padani"...". E "l'azione a esclusiva trazione nordista dell'esecutivo ha determinato progressivamente un senso di crescente insoddisfazione nell'elettorato meridionale". Quello che manca, tolta la "faccia" del premier, è l'organizzazione del neo-partito e il suo radicamento nel territorio. Berlusconi ha di che riflettere.

9 giugno 2009

 

 

 

 

Nord e Napoli a Pdl e Lega

La sinistra tiene le roccaforti

9 giugno 2009

I risultati in tempo reale

Cambia la geografia politica delle province e dei comuni italiani. Soprattutto al Nord dove avanza il centrodestra. Ma anche al Sud, in Campania e in Abruzzo, il centrosinistra passa di mano. Nel segno della tradizione Toscana ed Emilia, dove il Pd tiene, ma con qualche elemento di discontinuità. La provincia di Napoli va alla destra, quella di Milano va al ballottaggio; al secondo turno anche i comuni di Bologna e Firenze. Qui la mappa con tutti i risultati.

La sinistra tiene le roccaforti(ma a Bologna e Firenze è ballottaggio)

Ormai delineato il quadro delle elezioni provinciali, che hanno riguardato sessantadue amministrazioni. Nelle sfide chiave, risulta evidente la tenuta della sinistra nelle sue roccaforti. A Bologna la candidata del centrosinistra Beatrice Draghetti ha battuto al primo turno con il 52,26% Enzo Raisi, appoggiato dal Pdl, che ha conseguito il 33,14% dei consensi. Stessa musica a Firenze, dove il candidato presidente del centrosinistra, Andrea Barducci, ha battuto con il 55,47% il candidato del centrodestra, Samuele Baldini, fermo al 30,73 per cento. Riconfermate le amministrazioni di centrosinistra anche a Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena. Quanto alle comunali, delusione del centro-sinistra a Firenze e Bologna, dove si andrà al ballottaggio.

La Lega si consolida nel Nord-est

Il peso della Lega si fa sentire in Veneto, in particolare a Padova, dove la candidata del centrodestra Barbara Degani passa al primo turno con il 53,86 per cento. Belluno, dove alle precedenti consultazioni aveva vinto il centrosinistra, va al ballottaggio. A Venezia si andrà al ballottaggio: il candidato presidente del centrodestra, Francesca Zaccariotto, ha conseguito il 48,37% dei consensi, mentre il candidato del centrosinistra Davide Zoggia ha ottenuto il 41,88 per cento. Se vincesse, pur al ballottaggio, anche il capoluogo lagunare si troverebbe ad archiviare una gestione di centrosinistra. A Verona è ormai certa la vittoria del candidato del centrodestra Giovanni Miozzi al primo turno con il 59% dei voti. Staccato a quota 23,31% il candidato di centrosinistra Diego Zardini. A Pordenone, invece, unica Provincia chiamata dal voto in Friuli Venezia Giulia, ha già vinto al primo turno Alessandro Ciriani, appoggiato da Pdl e Lega insieme all'Udc.

Svolta a destra in Campania e Abruzzo

Svolta a destra Campania. Le province di Napoli, Salerno e Avellino, dove alle scorse amministrative aveva vinto il centrosinistra, passano saldamente nelle mani della parte avversa: nel capoluogo campano Luigi Cesaro si avvia a vincere al primo turno con oltre il 58 per cento. È la prima volta, da quando nel dicembre '93 è cominciata l'era Bassolino, che il centrodestra si aggiudica una competizione sul suolo partenopeo. Cambio di segno anche in Abruzzo: nelle tre province in cui si è votato (Chieti, Pescara e Teramo) ha vinto il centrodestra, archiviando così la precedente gestione di centrosinistra.

In Lombardia Pdl e Lega fanno l'en plein

A Milano è certo il ballottaggio tra Filippo Penati (centrosinistra) e Guido Podestà (centrodestra), con quest'ultimo che ha comunque oltre 10 punti di vantaggio sull'avversario. Nelle altre sette province interessate dal voto il centrodestra fa l'en plein, con il centrosinistra costretto a cedere Cremona, Lecco e Lodi. E Monza che alla sua prima consultazione provinciale vede un'affermazioni del candidato di Pdl e Lega. Sondrio resta al centrodestra, con la Lega primo partito al 33 per cento.

Piemonte, la sinistra cede ma a Torino è testa a testa

Cambio di segno anche in Piemonte per le province di Cuneo, Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola, fino a ieri in mano al centrosinistra. E a Torino è testa a testa tra Antonino Saitta (44,33%), sostenuto da Pd e Idv, e Claudia Porchietto (41,50%), appoggiata dal Pdl e Carroccio.

I risultati delle comunali più significative

A Matteo Renzi non riesce il colpo del ko al primo turno: Firenze andrà al ballottaggio. A scrutinio ultimato il candidato sindaco di Firenze di centrosinistra ottiene, non senza una certa delusione, il 47,57% dei consensi, mentre il candidato di centrodestra Giovanni Galli si ferma al 32 per cento . Andranno senza dubbio al ballottaggio i due candidati sindaci per il comune di Bologna: il candidato di centrosinistra, Flavio Del Bono, si ferma infatti al 49,40%, mentre Alfredo Cazzola ottiene il 29,10 per cento dei voti. Partita ancora aperta a Bari, dove il candidato Michele Emilliano (centrosinistra) ottiene il 49,14% dei consensi contro il 45,85% quando mancano 49 sezioni da scrutinare su 345. A Bergamo, a scrutinio completo, Franco Tentorio (Pdl e Lega) ha vinto staccando di quasi 10 punti il sindaco uscente di centro sinistra Roberto Bruni. A Vercelli il sindaco di centrodestra Andrea Corsaro è stato riconfermato con il 60,6% delle preferenze, mentre a Campobasso, dopo 15 anni, il Comune capoluogo di regione torna nelle mani del centrodestra grazie alla vittoria di Luigi Di Bartolomeo, candidato del PdL, che ha ottenuto il 55% di consensi.

9 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EDITORIALE / Pdl la croce del Sud, Pd cede il centro

di Roberto D'Alimonte

9 giugno 2009

"Dai nostri archivi"

Berlusconi e Bossi: patto a due su referendum e ballottaggi

Europee, eletto Mastella, non passa Emanuele Filiberto

Cena tra Berlusconi e Bossi:No a sostegno referendum

Nord e Napoli a Pdl e LegaLa sinistra tiene le roccaforti

Nord e Napoli a Pdl e LegaLa sinistra tiene le roccaforti

Questa volta il Sud ha tradito il Cavaliere. Alle politiche dello scorso anno lo spostamento di voti dalla sinistra alla destra nelle regioni del Mezzogiorno era stato uno dei fattori della sua vittoria. In queste europee non è stato così. In termini percentuali il Pdl ha perso a livello nazionale il 2,1% dei voti, ma al Sud la perdita è del 4%. Quasi il doppio. E non basta il successo in alcune amministrazione meridionali per sovvertire questo dato.

Diverso il discorso per il Pd, l'altro perdente delle elezioni europee. A differenza del Pdl le sue perdite sono infatti molto più omogenee. Il partito di Franceschini perde circa il 7% a livello nazionale, e questa è più o meno la percentuale che si riscontra nelle varie zone. C'è però una punta significativa dell'8,3% nelle quattro regioni del Centro che sono sempre state la sua tradizionale roccaforte, e cioè Emilia, Toscana, Umbria e Marche. È vero che alle amministrative c'è una discreta tenuta in alcuni comuni e province, ma in Umbria e Marche il Pd deve addirittura lasciare il primato al Pdl. Il partito del premier è infatti al 35,2% contro il 29,9% del Pd nelle Marche (35% alle politiche contro il 41,4% del Pd); e in Umbria al 35,78% contro il 33,9% del Pd, che qui perde quasi 11 punti.

Il quadro del Pdl è molto diverso non solo tra zone ma anche all'interno dello stesso Sud. Tanto per cominciare non perde dappertutto. Nelle regioni del Nord-Est, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, guadagna passando dal 31,3% al 31,7%. Nelle regioni del Centro dove il Pd ha perso di più il Pdl perde solo lo 0,4%. Come si è detto, il problema per il Cavaliere è stato il Sud. Certo non si può attribuire solo alla performance del Pdl in questa area il suo mancato sfondamento. Ci sono altri fattori che hanno giocato nel far svanire il sogno del premier di superare la soglia psicologicamente e politicamente importante del 40% dei voti, che molti sondaggi davano per certa. È vero però che se le cose fossero andate diversamente qui il risultato finale sarebbe stato migliore.

Ma non tutto il Sud ha voltato le spalle al Cavaliere. È soprattutto in Sicilia e in Sardegna che le cose sono andate male per il Pdl. Qui si sono registrati i tassi più alti di astensionismo e qui si sono verificate le sue perdite più forti. In Sicilia aveva ottenuto nel 2008 il 46,6% dei voti e in queste europee solo il 36,6 per cento. Dieci punti percentuali sono tanti. Ma è ancora più indicativo il confronto in valori assoluti. Nel 2008 gli elettori del Pdl erano stati 1.307.434 e oggi sono diventati 692.340: la metà dell'elettorato siciliano del Cavaliere si è volatilizzata. Tra politiche 2008 ed europee 2009 il Pdl ha perso in totale circa 2.850.000 voti, un quarto di queste perdite sono concentrate in Sicilia.

È chiaro che una parte della spiegazione sta nelle recenti vicende che hanno visto la crisi della giunta Lombardo e le divisioni dentro il Pdl. Delle perdite del Pdl beneficia l'Mpa di Lombardo che nella versione dell'alleanza con la Destra, Pensionati e Adc passa dal 7,7% del 2008 al 15,6 per cento. Anche Casini va bene in Sicilia passando dal 9,4% all'11,9 per cento. Ma il Sud non è solo Sicilia. A consolazione del Cavaliere ci sono i casi dell'Aquila e di Benevento dove grazie al terremoto da una parte e a Mastella dall'altra il Pdl ha ottenuto un buon successo. Ma c'è anche il caso di Sassari dove si è visto un chiaro effetto-G8. Fatte le somme, il Pdl oggi è un partito un po' meno meridionale di ieri. Fatti cento i suoi elettori, nel 2008 più di 50 erano al Sud, oggi sono circa 45. In ogni caso è qui che si registra il distacco maggiore con il Pd, oltre 16 punti (41% per il Pdl, 24,6 per il Pd).

Ma il dato politicamente forse più significativo è un altro. Si è detto che il Pdl ha aumentato i suoi voti nel Nord-Est. In questa zona anche la Lega è andata bene aumentando i suoi consensi di un punto e mezzo. La competizione tra i due partiti c'è ma quanto meno in questa tornata elettorale nella maggioranza delle province lombarde e venete l'uno non ha sottratto voti all'altro.

La stessa cosa non si può dire con certezza per il Piemonte e la Liguria. Qui il Pdl indietreggia e la Lega guadagna addirittura più che nelle quattro regioni del Centro. Nella sostanza però l'alleanza Pdl-Lega funziona e funziona meglio di quella Pd-Idv. In questo caso infatti non si può dire che i due partiti abbiano felicemente convissuto. Ci sono pochi dubbi che una buona parte dei voti persi dal Pd sono andati al partito di Di Pietro. Va da sé che questa asimmetria nei rapporti tra partiti alleati avrà un peso nella evoluzione del quadro politico.

9 giugno 2009

 

 

 

 

ANALISI / La tela leghista abbraccia mezza Italia

di Stefano Folli

9 giugno 2009

Mai come quest'anno l'analisi del voto amministrativo è necessaria per integrare il giudizio sulle elezioni europee. Da quanto è dato capire, le tendenze sono confermate. E rendono possibili due riflessioni. La prima è che il centrodestra ottiene una rete di successi significativi, salvo che nelle due storiche regioni "rosse", la Toscana (soprattutto) e l'Emilia-Romagna (ma con l'eccezione di Piacenza). C'è poi un arretramento in Sicilia e c'è l'astensionismo "punitivo" della Sardegna (il trasloco del G-8).

Ma nel complesso le amministrative premiano la destra, in linea con l'esito del voto europeo. In qualche misura, rappresentano un discreto premio di consolazione per Silvio Berlusconi, dopo la delusione personale di domenica notte.

Si può dire anche che nelle province e nei comuni sta prendendo forma una classe dirigente di centrodestra che in prospettiva sarà forse in grado di tagliare il cordone ombelicale con Berlusconi. Per ora non è possibile: il Pdl coincide ancora con le fortune politiche e personali del suo fondatore e padre-padrone. Ma si comincia a intravedere il futuro, partendo proprio dagli enti locali. Anche su questo terreno la Lega è più avanti del suo alleato. Il Carroccio, come è noto, amministra da anni importanti realtà del Nord e vale la pena notare che gli amministratori leghisti uscenti vengono di solito confermati con importanti percentuali.

Seconda riflessione. Proprio l'esame del voto amministrativo conferma che i due vincitori autentici delle europee, la Lega e l'Italia dei Valori, si rivelano determinanti anche a livello locale. Il partito di Bossi in particolare deborda oltre i suoi confini geografici tradizionali e si proietta verso l'Italia centrale. Ottiene risultati eccellenti soprattutto in Emilia, vedi Bologna e Piacenza, ma registra percentuali interessanti in varie zone, dalle Marche al Lazio.

Si capisce quindi che il Carroccio ha saputo interpretare un certo senso comune dell'elettorato sul tema cruciale della sicurezza, spesso confusa ambiguamente con la lotta all'immigrazione clandestina, e in linea generale ha offerto l'idea di una forza concreta, pragmatica, vicina ai bisogni della gente. Sotto questo profilo, Bossi e Di Pietro forse si assomigliano più di quanto non si pretenda. Entrambi indeboliscono i due maggiori partiti del nostro bipolarismo, sottraggono voti in parte al Pdl, in parte al Partito Democratico. L'Italia dei Valori tende a raddoppiare i suoi consensi quasi sempre a scapito del Pd. Ed è singolare che l'unico partito non toccato da queste scorribande sia l'Udc di Casini, che anche per questo può essere considerato il terzo vincitore della partita, almeno per quanto riguarda le europee.

Il fatto che la Lega non abbia superato i consensi del Pdl in Veneto diventa un elemento secondario. Il Carroccio si prepara a pesare sugli assetti della maggioranza più di quanto non si voglia ammettere. Al momento, tutti preferiscono tenere le carte coperte, ma il ministro Calderoli dice la verità quando ammette che "i voti si pesano, non si contano". I voti si pesano... Vuol dire che Bossi, senza aprire conflitti sostanziali, ma anzi con il sorriso sulle labbra, imporrà la sua agenda politica. La sua visione istituzionale.

Si diceva all'inizio della legislatura che la Lega voleva essere "il motore delle riforme". Adesso c'è da credere che il motore tornerà a rombare, facendo tremare i delicati equilibri di una maggioranza composita. Spetterà a Berlusconi trovare le giuste sintesi, evitando che l'"asse nordista" imponga in ogni caso la legge del più forte. Il presidente del Consiglio dovrà dedicarsi alla mediazione politica, arte da lui non prediletta. Da oggi la strategia fondata sul carisma personale va in soffitta, almeno in attesa di tempi migliori.

Quanto a Di Pietro, ormai vale un terzo circa del Pd. Intende condizionare le scelte della maggior forza del centrosinistra e non lo nasconde. In un certo senso, il leader dell'IdV si è iscritto al prossimo congresso dei democratici. Ma non per intervenire dal palco. Il suo congresso l'ex magistrato lo farà giorno per giorno sui media, con l'intento, nemmeno dissimulato, di imporre la sua regola a un partito di nuovo in cerca d'identità. Basta dire, come Fassino, che occorre costruire un sistema di alleanze che comprenda l'Udc e il partito dipietresco? Probabilmente no. Casini e Di Pietro non sono al momento conciliabili e la credibilità di un futuro sistema di alleanze non potrà ignorare questo dato.

Tuttavia scegliere tra l'uno e l'altro, costruendo una politica seria intorno all'ipotesi presa in considerazione, significa aver chiarito prima molte cose all'interno del Pd: i contenuti, i programmi, il rapporto con il paese, la leadership. Si torna da capo, in una sorta di "anno zero" che il Pd nega, ma che è il logico esito di elezioni non fortunate.

9 giugno 2009

 

 

 

 

Nord e Napoli a Pdl e Lega

La sinistra tiene le roccaforti

9 giugno 2009

I risultati in tempo reale

Cambia la geografia politica delle province e dei comuni italiani. Soprattutto al Nord dove avanza il centrodestra. Ma anche al Sud, in Campania e in Abruzzo, il centrosinistra passa di mano. Nel segno della tradizione Toscana ed Emilia, dove il Pd tiene, ma con qualche elemento di discontinuità. La provincia di Napoli va alla destra, quella di Milano va al ballottaggio; al secondo turno anche i comuni di Bologna e Firenze. Qui la mappa con tutti i risultati.

La sinistra tiene le roccaforti(ma a Bologna e Firenze è ballottaggio)

Ormai delineato il quadro delle elezioni provinciali, che hanno riguardato sessantadue amministrazioni. Nelle sfide chiave, risulta evidente la tenuta della sinistra nelle sue roccaforti. A Bologna la candidata del centrosinistra Beatrice Draghetti ha battuto al primo turno con il 52,26% Enzo Raisi, appoggiato dal Pdl, che ha conseguito il 33,14% dei consensi. Stessa musica a Firenze, dove il candidato presidente del centrosinistra, Andrea Barducci, ha battuto con il 55,47% il candidato del centrodestra, Samuele Baldini, fermo al 30,73 per cento. Riconfermate le amministrazioni di centrosinistra anche a Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena. Quanto alle comunali, delusione del centro-sinistra a Firenze e Bologna, dove si andrà al ballottaggio.

La Lega si consolida nel Nord-est

Il peso della Lega si fa sentire in Veneto, in particolare a Padova, dove la candidata del centrodestra Barbara Degani passa al primo turno con il 53,86 per cento. Belluno, dove alle precedenti consultazioni aveva vinto il centrosinistra, va al ballottaggio. A Venezia si andrà al ballottaggio: il candidato presidente del centrodestra, Francesca Zaccariotto, ha conseguito il 48,37% dei consensi, mentre il candidato del centrosinistra Davide Zoggia ha ottenuto il 41,88 per cento. Se vincesse, pur al ballottaggio, anche il capoluogo lagunare si troverebbe ad archiviare una gestione di centrosinistra. A Verona è ormai certa la vittoria del candidato del centrodestra Giovanni Miozzi al primo turno con il 59% dei voti. Staccato a quota 23,31% il candidato di centrosinistra Diego Zardini. A Pordenone, invece, unica Provincia chiamata dal voto in Friuli Venezia Giulia, ha già vinto al primo turno Alessandro Ciriani, appoggiato da Pdl e Lega insieme all'Udc.

Svolta a destra in Campania e Abruzzo

Svolta a destra Campania. Le province di Napoli, Salerno e Avellino, dove alle scorse amministrative aveva vinto il centrosinistra, passano saldamente nelle mani della parte avversa: nel capoluogo campano Luigi Cesaro si avvia a vincere al primo turno con oltre il 58 per cento. È la prima volta, da quando nel dicembre '93 è cominciata l'era Bassolino, che il centrodestra si aggiudica una competizione sul suolo partenopeo. Cambio di segno anche in Abruzzo: nelle tre province in cui si è votato (Chieti, Pescara e Teramo) ha vinto il centrodestra, archiviando così la precedente gestione di centrosinistra.

In Lombardia Pdl e Lega fanno l'en plein

A Milano è certo il ballottaggio tra Filippo Penati (centrosinistra) e Guido Podestà (centrodestra), con quest'ultimo che ha comunque oltre 10 punti di vantaggio sull'avversario. Nelle altre sette province interessate dal voto il centrodestra fa l'en plein, con il centrosinistra costretto a cedere Cremona, Lecco e Lodi. E Monza che alla sua prima consultazione provinciale vede un'affermazioni del candidato di Pdl e Lega. Sondrio resta al centrodestra, con la Lega primo partito al 33 per cento.

Piemonte, la sinistra cede ma a Torino è testa a testa

Cambio di segno anche in Piemonte per le province di Cuneo, Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola, fino a ieri in mano al centrosinistra. E a Torino è testa a testa tra Antonino Saitta (44,33%), sostenuto da Pd e Idv, e Claudia Porchietto (41,50%), appoggiata dal Pdl e Carroccio.

I risultati delle comunali più significative

A Matteo Renzi non riesce il colpo del ko al primo turno: Firenze andrà al ballottaggio. A scrutinio ultimato il candidato sindaco di Firenze di centrosinistra ottiene, non senza una certa delusione, il 47,57% dei consensi, mentre il candidato di centrodestra Giovanni Galli si ferma al 32 per cento . Andranno senza dubbio al ballottaggio i due candidati sindaci per il comune di Bologna: il candidato di centrosinistra, Flavio Del Bono, si ferma infatti al 49,40%, mentre Alfredo Cazzola ottiene il 29,10 per cento dei voti. Partita ancora aperta a Bari, dove il candidato Michele Emilliano (centrosinistra) ottiene il 49,14% dei consensi contro il 45,85% quando mancano 49 sezioni da scrutinare su 345. A Bergamo, a scrutinio completo, Franco Tentorio (Pdl e Lega) ha vinto staccando di quasi 10 punti il sindaco uscente di centro sinistra Roberto Bruni. A Vercelli il sindaco di centrodestra Andrea Corsaro è stato riconfermato con il 60,6% delle preferenze, mentre a Campobasso, dopo 15 anni, il Comune capoluogo di regione torna nelle mani del centrodestra grazie alla vittoria di Luigi Di Bartolomeo, candidato del PdL, che ha ottenuto il 55% di consensi.

9 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

Cena tra Berlusconi e Bossi:

No a sostegno referendum

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9 giugno 2009

Silvio Berlusconi all'urna (Reuters)

Il risultato del Pdl alle elezioni Europee non era quello pronosticato alla vigilia, e alla fine nemmeno il record di preferenze ha contribuito a sollevare il morale di Silvio Berlusconi. Perché è vero che con oltre 2 milioni e 7 mila voti resta il "preferito" degli italiani e che vince le "sfide dirette" in tutte le cinque circoscrizioni, ma non è riuscito a sfondare l'auspicato tetto dei 3 milioni.

Berlusconi, tuttavia, ai suoi ha ribadito l'intenzione di "non farsi fermare", di "andare avanti con l'azione di governo". Con gli alleati il presidente del Consiglio intende puntualizzare alcuni aspetti, a cominciare dalla Lega, forte del suo 10 percento.

Anche per discutere di questo, nella serata di ieri c'è stato un incontro ad Arcore tra il leader della Lega Nord e il presidente del Consiglio: Bossi è arrivato a Villa San Martino poco dopo le 21 mentre, qualche minuto prima, a fare il suo ingresso nella residenza di Berlusconi era stato il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. Dopo, hanno raggiunto gli ospiti anche il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, Roberto Maroni e Aldo Brancher.

Tra Berlusconi e Bossi sarebbe stato raggiunto un accordo per il sostegno comune dei candidati del centrodestra che andranno ai ballottaggi alle amministrative e sulla opportunità di non appoggiare direttamente il "sì" al referendum del 21 giugno. È stata anche confermata l'opportunità di una riforma del bicameralismo perfetto - ha reso noto Calderoli uscendo dalla residenza del premier - e, successivamente, della legge elettorale.

Berlusconi e Bossi si spenderanno invece in prima persona per il sostegno dei candidati del centrodestra ai ballottaggi. Nel corso della cena è stata anche fatta una valutazione delle elezioni amministrative, giudicate dal leader del Pdl e da quello della Lega "sorprendenti" per il numero di amministrazioni conquistate. Non ci sarebbe stato nessun riferimento alle candidature per le regionali. Nessun via libera, inoltre, al sostegno dell'Udc al centrodestra ai ballottaggi. "Pdl e Lega - ha spiegato Calderoli - vanno bene da soli".

Sicilia, Kakà e Veronica, i crucci del premier.

Silvio Berlusconi, all'indomani della consultazione per Strasburgo che ha assegnato al suo partito il 35,2% di voti e a spoglio delle amministrative, ha scelto la via del silenzio, non rilasciando né una dichiarazione né una nota, ma rimanendo a Villa San Martino, la sua residenza di Arcore. L'unica uscita l'aveva fatta nel primo pomeriggio per raggiungere la villa di Lesmo, sede della futura Università della Libertà. Oggi è atteso a Roma, dove nel pomeriggio sarà impegnato in alcuni appuntamenti istituzionali.

Tuttavia il premier ha analizzato con i suoi l'esito del voto e, dal suo punto di vista, il fattore primo che ha frenato il risultato del Pdl è stata la "campagna di diffamazione" che è stata attuata nei suoi confronti, a cominciare dal "Casoriagate" che ha avuto la giovane Noemi Letizia come protagonista. Ma sulla bilancia vanno anche messi la cessione del campione Ricardo Kakà al Real Madrid non gradita dai tifosi milanisti, il caso Sicilia e le liti interne nell'Isola (non a caso nei prossimi giorni è in programma un incontro con il leader dell'Mpa e governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo), e dunque anche quell'astensionismo delle regioni del Sud, che probabilmente ha influito sul mancato traguardo del 40% di voti.

In ogni caso, il Pdl resta il partito più forte e lo "stacco" con il Pd è salito a nove punti. Inoltre, anche gli esiti delle amministrative segnano dei punti a vantaggio della maggioranza, come la conquista della provincia di Napoli, il ballottaggio nella "rossa" Firenze, oltreché nelle province di Milano e Torino.

9 giugno 2009

 

PILLOLA POLITICA / La posta in gioco per il premier e per il Pd

di Emilia Patta

5 giugno 2009

"Povero Franceschini: non gli resta che Kakà". Il titolo di apertura di Libero, il quotidiano vicino al Pdl diretto da Vittorio Feltri, sintetizza bene il tono di questa brutta campagna elettorale. Mentre il quotidiano El Pais pubblica le foto sequestrate dalla magistraura italiana dell'ormai celebre festa nella villa di Silvio Berlusconi, in Sardegna, con l'ex premier ceco Mirek Topolanek ritratto in costume adamitico. "È un'aggressione, sono scatti innocenti", commenta Berlusconi annunciando una denuncia contro El Pais.

Sabato e domenica si vota per le europee e per un primo turno di amministrative che coinvolge ben 30 comuni capoluogo e 62 province. Finalmente, verrebbe da dire. Non solo i temi europei sono stati assenti - come d'altra parte è tradizione in un paese in cui il voto per Strasburgo è sempre state molto politicizzato - da questa campagna incentrata sul gossip e sugli insulti reciproci tra partiti. Assenti pure le riforme, da tutti per altro invocate, e assenti le misure per contrastare la crisi economica. Eppure la posta in gioco è molto alta, sia per il premier sia per l'opposizione.

Gli ultimi giorni hanno visto esplodere la competition tra la Lega e il Pdl al Nord. Da qui, infatti, passeranno gli equilibri di questa legislatura. Non a caso Berlusconi ha fatto suoi alcuni temi tipici del Carroccio (no agli immigrati e no ai lacciuoli della Ue). L'obiettivo è mantenere il primato all'interno della coalizione: la soglia psicologica è per il premier il 40% per il suo Pdl e tre milioni di preferenze come successo personale. Un successo che contribuirebbe a offuscare gli aspetti meno edificanti dell'affaire Noemi e del divorzio da Veronica Lario.

Non solo. L'esito della "conta" interna avrà conseguenze anche sul fronte delle riforme: dalla giustizia al premierato, la linea di Bossi e Calderoli è quella del dialogo con l'opposizione - in particolar modo con il Pd - per mantenere il filo già aperto sul federalismo fiscale in vista dei decreti attuativi. Una linea, quella delle riforme condivise, sostenuta anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini e naturalmente dal capo dello Stato Giorgio Napolitano. Laddove il premier è pronto a procedere subito, dal rafforzamento dei poteri del premier alla riforma della giustizia, contando se necessario sulla sola maggioranza. Rapporto con la Lega, certo, ma anche con Fini: in ballo la futura leadership del Pdl. Un buon successo personale consentirebbe insomma a Berlusconi di tenere a bada non solo il "fidato alleato" Bossi ma anche il suo "duale" Fini alla guida del centro-destra.

Quanto al Pd, la posta in gioco è ancora più alta. Non si tratta solo di decidere quale atteggiamento tenere sulle riforme istituzionali qualora si dovesse ricevere l'invito a sedersi al tavolo (e un conto è astenersi sul federalismo fiscale un conto è riscrivere insieme la seconda parte della Costituzione). In gioco è la stessa sopravvivenza del progetto di Romano Prodi e Walter Veltroni. Sono in molti a pensare che, se la sconfitta alle urne dovesse essere particolarmente pesante, le due anime degli ex popolari e degli ex diessini torneranno a dividersi (lungi dall'eguagliare il 33% raggiunto alle politiche di un anno fa, la soglia di sopravvivenza è collocata attorno al 26%). Quello che il "povero" Franceschini deve cercare di contrastare in queste ore è il rischio astensione e il rischio dispersione a sinistra. Di certo è che, come ricordano alcuni dei più "illuminati" esponenti del centro-destra, la salute del sistema politico italiano passa anche per la sua salute della sua opposizione.

5 giugno 2009

 

 

PILLOLA POLITICA / La posta in gioco per il premier e per il Pd

di Emilia Patta

5 giugno 2009

"Povero Franceschini: non gli resta che Kakà". Il titolo di apertura di Libero, il quotidiano vicino al Pdl diretto da Vittorio Feltri, sintetizza bene il tono di questa brutta campagna elettorale. Mentre il quotidiano El Pais pubblica le foto sequestrate dalla magistraura italiana dell'ormai celebre festa nella villa di Silvio Berlusconi, in Sardegna, con l'ex premier ceco Mirek Topolanek ritratto in costume adamitico. "È un'aggressione, sono scatti innocenti", commenta Berlusconi annunciando una denuncia contro El Pais.

Sabato e domenica si vota per le europee e per un primo turno di amministrative che coinvolge ben 30 comuni capoluogo e 62 province. Finalmente, verrebbe da dire. Non solo i temi europei sono stati assenti - come d'altra parte è tradizione in un paese in cui il voto per Strasburgo è sempre state molto politicizzato - da questa campagna incentrata sul gossip e sugli insulti reciproci tra partiti. Assenti pure le riforme, da tutti per altro invocate, e assenti le misure per contrastare la crisi economica. Eppure la posta in gioco è molto alta, sia per il premier sia per l'opposizione.

Gli ultimi giorni hanno visto esplodere la competition tra la Lega e il Pdl al Nord. Da qui, infatti, passeranno gli equilibri di questa legislatura. Non a caso Berlusconi ha fatto suoi alcuni temi tipici del Carroccio (no agli immigrati e no ai lacciuoli della Ue). L'obiettivo è mantenere il primato all'interno della coalizione: la soglia psicologica è per il premier il 40% per il suo Pdl e tre milioni di preferenze come successo personale. Un successo che contribuirebbe a offuscare gli aspetti meno edificanti dell'affaire Noemi e del divorzio da Veronica Lario.

Non solo. L'esito della "conta" interna avrà conseguenze anche sul fronte delle riforme: dalla giustizia al premierato, la linea di Bossi e Calderoli è quella del dialogo con l'opposizione - in particolar modo con il Pd - per mantenere il filo già aperto sul federalismo fiscale in vista dei decreti attuativi. Una linea, quella delle riforme condivise, sostenuta anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini e naturalmente dal capo dello Stato Giorgio Napolitano. Laddove il premier è pronto a procedere subito, dal rafforzamento dei poteri del premier alla riforma della giustizia, contando se necessario sulla sola maggioranza. Rapporto con la Lega, certo, ma anche con Fini: in ballo la futura leadership del Pdl. Un buon successo personale consentirebbe insomma a Berlusconi di tenere a bada non solo il "fidato alleato" Bossi ma anche il suo "duale" Fini alla guida del centro-destra.

Quanto al Pd, la posta in gioco è ancora più alta. Non si tratta solo di decidere quale atteggiamento tenere sulle riforme istituzionali qualora si dovesse ricevere l'invito a sedersi al tavolo (e un conto è astenersi sul federalismo fiscale un conto è riscrivere insieme la seconda parte della Costituzione). In gioco è la stessa sopravvivenza del progetto di Romano Prodi e Walter Veltroni. Sono in molti a pensare che, se la sconfitta alle urne dovesse essere particolarmente pesante, le due anime degli ex popolari e degli ex diessini torneranno a dividersi (lungi dall'eguagliare il 33% raggiunto alle politiche di un anno fa, la soglia di sopravvivenza è collocata attorno al 26%). Quello che il "povero" Franceschini deve cercare di contrastare in queste ore è il rischio astensione e il rischio dispersione a sinistra. Di certo è che, come ricordano alcuni dei più "illuminati" esponenti del centro-destra, la salute del sistema politico italiano passa anche per la sua salute della sua opposizione.

5 giugno 2009

 

 

 

 

2009-06-08

Europee, stop al Pdl, in calo Pd. Balzo di Lega e Idv. La Russa: vittoria nonostante le calunnie

8 giugno 2009

Non vola, anzi frena, il Popolo delle Libertà. Scende il Partito Democratico. Deciso balzo in avanti della Lega Nord e dell'Italia dei Valori. In base ai risultati definitivi degli scrutini (64.328 sezioni su 64.328), il primato del Pdl si ridimensione rispetto ai primi Instant Poll e proiezioni. Non il 45%, dunque, come sperava il Cavaliere in campagna elettorale, ma il 35,26 per cento. Cresce, anche se di stretta misura, il Pdl, rispetto alle europee 2004 (aveva incassato il 21% con Forza Italia e l'11,5% con Alleanza nazionale), ma cala di poco più di 2 punti percentuali rispetto alle Politiche 2008, quando il Pdl aveva incassato il 37,4 per cento.

In Veneto il testa a testa Pdl-Lega premia il partito del premier con un solo punto di vantaggio su quello di Bossi. In Sicilia, complice il massiccio astensionismo, il Pdl (36%) perde dieci punti rispetto alle politiche, ma l'Mpa del governatore Lombardo fallisce l'ingresso a Strasburgo.

Il Pd, raggiunge invece il 26,13 per cento. Il Partito democratico risulta quindi in perdita di poco più di 7 punti percentuali rispetto alle Politiche 2008 (aveva incassato il 33,2%) e di poco meno di 5 punti rispetto alle europee 2004, con l'Ulivo al 31,1 per cento.

La Lega Nord tocca la vetta del 10,2 per cento. Più un raddoppio, dunque, spesso evocato in campagna elettorale, rispetto alle europee 2004, nelle quali aveva raccolto il 5% dei consensi. Il Carroccio incassa più voti alle europee 2009 anche rispetto all'8,3% riportato alle politiche 2008 (+ 1,9 punti percentuali). La roccaforte del partito di Bossi si conferma il Nord, dove il Carroccio incassa il 19,38% delle preferenze nella circoscrizione nord-occidentale e il 19,01% in quella nord-orientale. Nell'Italia centrale raccoglie il 2,97%, nella circoscrizione meridionale lo 0,57%, in quella insulare lo 0,37 per cento.

Cresce l'Italia dei valori di Di Pietro (8%): un aumento esponenziale rispetto al 2,1% incassato alle europee 2009 e al 4,4% delle politiche 2008. L'Unione di centro con il 6,51% migliora il risultato riportato alle politiche 2008 (5,6%) e alle europee 2004 (5,9 per cento). Fuori dal Parlamento europeo, in base alle prime proiezioni, Rifondazione comunisti italiani (con il 3,38%) e Sinistra e libertà (3,12%), il Polo dell'autonomia (2,22%) e la lista Bonino-Pannella (2,42 per cento).

Sono stati assegnati 29 seggi al Pdl, 22 al Pd, 9 alla Lega Nord, 7 all'Italia dei valori, 5 all'Unione di centro,

Forte contrazione dell'affluenza alle urne. In Italia si registra la percentuale del 66,46%, contro il 72,88% delle precedenti elezioni. Anche l'affluenza oltre confine risulta in calo, al 7,43% contro il 10,85% della precedente tornata elettorale.

Intanto, arrivano i primi dati sulle preferenze, insieme alle prime sorprese: è il caso di Debora Serracchiani, giovane candidata del Pd in Friuli, che ha battuto Silvio Berlusconi con 73.910 preferenze, contro le 64.286 raccolte dal presidente del Consiglio.

8 giugno 2009

 

 

 

La Russa: "Berlusconi ha vinto nonostante le calunnie"

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8 giugno 2009

"Il Pdl e premier Berlusconi sono assolutamente vincitori" Così il coordinatore del Partito

Ignazio La Russa commentando il voto delle europee nel corso di una conferenza stampa in via dell'Umiltà con Denis Verdini, Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello, Daniele Capezzone. "Esprimo a Berlusconi la mia solidarietà e il mio apprezzamento - aggiunge La Russa - perchè nessun uomo politico avrebbe potuto garantire un risultato come questo al suo governo dopo l'attacco concentrico, calunnioso, gossiparo e giudiziario, senza che si sia potuto difendere nelle sedi proprie". La Russa ha aggiunto che "quello del Pdl e del governo Berlusconi è il miglior risultato tra i governi europei in carica oltre a quello di Sarkozy".

 

Il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri affida "a un noto opinionista del Financial Times il definitivo commento a queste elezioni europee. Secondo Wolfgang Munchau, il cui commento è pubblicato sul seguitissimo blog politico eurointelligence.com, il premier Berlusconi

ha raggiunto un risultato personale ottimo, nonostante i presunti scandali che hanno segnato la vergognosa campagna elettorale condotta dal Pd". La sinistra, ha detto Gasparri, ha perso, il Pd cala ancora di altri 7 punti, "è un tracollo evidente. Berlusconi è il leader di maggior successo di tutta Europa e in termini elettorali il nostro Governo ha raggiunto la migliore performance. Questa è la veritá. Un risultato spettacolare accertato da commentatori internazionali di cui tutti devono prendere atto". Per Gasparri Franceschini adesso dovrà farsi dettare la linea da Antonio Di Pietro "anche per scegliere i biscotti della prima colazione". Naturalmente, ha detto Gasparri, "Di Pietro imporrà turpiloqui, pressioni e antiberlusconismo che buona parte del Pd ha dimostrato chiaramente di non volere".

L'astensionismo, ha commentato uno dei coordinatori del Pdl, Denis Verdini,è stato determinate: "è stato pesante e il risultato sarebbe stato certamente diverso se non ci fosse stato oltre il 50% di astensionismo nelle isole e percentuali più alte della norma in tutto il meridione".

Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, commenta sarcasticamente l'atteggiamento post elettorale del Pd. "Siamo vicini al quarto segreto di Fatima: come possa Franceschini festeggiare ed essere felice di un crollo di 7 punti, di aver perso quattro milioni di voti in un anno e allargato di più del doppio la distanza dal Pdl".

8 giugno 2009

 

 

 

 

Europee, in Friuli la giovane Serracchiani batte Berlusconi

8 giugno 2009

"Mi sveglio, un occhio ai dati e ... in Friuli Venezia Giulia Debora batte "papi" 73.910 a 64.286". Così Debora Serracchiani, candidata del Pd nel Nord Est, commenta su Facebook il suo personale successo in Friuli, dove è riuscita a ottenere più preferenze del premier Silvio Berlusconi.

Debora Serracchiani, la giovane segretaria di un circolo del Pd, è diventata l'astro nascente del Pd dopo il suo intervento a un'assemblea del partito: "Le forze fresche - osserva il deputato Pd Ettore Rosato - con cui affrontare le prossime sfide non mancano, come ci dimostra ad esempio il risultato di Debora Serracchiani che, raccogliendo uno straordinario consenso in tutto il Nordest, ottiene anche più preferenze di Berlusconi in Friuli Venezia Giulia".

Serracchiani, 39 anni, aveva avuto il suo exploit nel Pd durante un'assemblea dei circoli del partito, quando, davanti al segretario Dario Franceschini, aveva esposto senza peli sulla lingua le sue critiche ai vertici. Una franchezza premiata da Franceschini che l'ha candidata come numero tre nella circoscrizione nord-ovest e che oggi può vantare non solo di aver battuto il premier ma anche di essere la più votata del Pd nella circoscrizione con 101.151 voti contro i 31.983 raccolti dal capolista Luigi Berlinguer.

8 giugno 2009

 

 

 

 

Franceschini: "Obiettivo raggiunto: fermato Berlusconi"

8 giugno 2009

Il voto delle europee permette al Pd di raggiungere i due obiettivi prefissati: "La conferma del progetto del partito" e quello di "fermare la destra italiana". Lo ha detto Dario Franceschini durante una conferenza stampa di commento dei dati elettorali. "Il voto ha fatto svanire il mito dell'invincibilità di Berlusconi".

I dati, ha detto il segretario del Pd, pur con flessione, dicono che il Pd é "il primo partito nel campo progressista in europa in voti assoluti e probabilmente lo é anche in quanto a parlamentari eletti. La bontà del disegno politico é confermato anche in questo senso". Dunque "gli avvoltoi possono tornarsene a casa".

Franceschini ha riconosciuto il risultato dell'Italia dei valori alle europee. "Poco fa ho telefonato a Di Pietro per riconoscergli il risultato. Purtroppo sono voti che si spostano nel nostro campo ma io voglio sottolinearlo come dato positivo".

8 giugno 2009

 

 

 

Sicilia: Mpa fermo al 2,2%, Pdl in picchiata al 34%. Il braccio di ferro riparte da una doppia sconfitta

di Orazio Vecchio

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8 giugno 2009

Raffaele Lombardo (LaPresse)

CATANIA - Il Movimento per l'Autonomia fallisce il suo primo appuntamento con l'Europa e, nonostante la buona performance al Sud e il successo in Sicilia, non entra al parlamento di Strasburgo. L'alleanza fra Mpa, Destra, Pensionati e Alleanza di Centro sfiora il 13% nella circoscrizione Sicilia-Sardegna, ma si ferma al 2,2% a livello nazionale, avvicinando la soglia del 4% solo nella circoscrizione Sud (3,4%). Al governatore siciliano Raffaele Lombardo, leader dell'Mpa, non è dunque servito il "cartello" elettorale ideato per raggiungere il traguardo europeo e ora l'obiettivo mancato potrebbe ritorcersi contro il presidente della Regione Siciliana nello scontro con il Pdl, principale alleato nel governo dell'isola. Che però, a propria volta, si lecca le ferite, avendo subìto un crollo di 12 punti (da 46% al 34%) rispetto alle Politiche dello scorso anno.

Anche per questo non è affatto dimessa la prima reazione di Lombardo, che appena dieci giorni fa ha azzerato la Giunta di centrodestra, rinnovandola, pur non completamente, la scorsa settimana. Oltre a sottolineare il dato positivo del Mpa nell'isola, compreso tra il 16 e il 18%, e contestualmente il crollo dell'affluenza che avrebbe penalizzato il suo partito, il governatore evidenzia il sensibile calo del Pdl in Sicilia, "frutto – secondo Lombardo – della disattenzione nei confronti dei problemi reali della gente: la crisi non è stata affrontata subito per come è realmente percepita dalle persone, e c'è stata una forte disattenzione per il Sud", come dimostra la vicenda dei Fas, ovvero "la mancata concessione dei Fondi per le aree sottutilizzate che non sono stati ancora inspiegabilmente assegnati in un'isola in cui c'è una forte crisi economica. C'è la sensazione - conclude Lombardo - che il Pdl non sia più in grado di intercettare i veri bisogni dei cittadini e di non cogliere i cambiamenti". Di più, il presidente della Regione Siciliana sostiene che "i siciliani sono rimasti a casa perché delusi dalle scelte del governo nazionale, dal fatto che ci siano stati negati quei quattro miliardi che ci sarebbero serviti per immettere ossigneo nella nostra economia".

Fatto sta che il Pdl perde un quarto dei suoi voti, mentre l'Mpa manca la tappa di Strasburgo. E così i due principali contendenti al tavolo siciliano della politica siederanno ognuno forte della sconfitta dell'altro. L'unico partito dell'alleanza a potere fare la voce grossa è forse l'Udc, che supera il 12% di preferenze, incrementando il già ottimo risultato dello scorso anno. La stessa Udc dell'ex amico Totò Cuffaro che Lombardo ha tenuto fuori dalla nuova Giunta.

8 giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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